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Sabato, 20 Aprile 2024
Ambiente&Veleni

Brescia inquinata come Taranto? No, di più...

I livelli di diossina sono quattro volte superiori a quelli della città dove ha sede l'Ilva. Ma come è possibile che si sia arrivati a questo punto? La risposta dei comitati cittadini

Nei parchi e nelle aree verdi di Brescia le concentrazioni di PCB e diossine raggiungono gli 80,8 ngTEQ/kg. Il limite per legge è 10 e a Taranto, nel rione Tamburi, il più vicino all'Ilva, sono di 24,12. A Taranto, si sa, l'acciaieria ha fatto danni ed è in corso un processo. A Brescia invece chi ha inquinato così tanto?

In cinquant'anni si è consumato un disastro che oggi è diventato un'emergenza sanitaria, su cui per molto tempo è stato steso un sottile ma solido velo d'omertà. Sono coinvolte almeno 25 mila persone, tra uomini, donne e bambini. Tutti residenti nella zona a sud della Caffaro, la fabbrica che ha avvelenato la città. 

UN DISASTRO AMBIENTALE CHE DURA DA 50 ANNI - Aperta nel 1936 e Chiusa nel 1984, ha versato negli anni della produzione centinaia di migliaia di tonnellate di PCB, sostanza cancerogena al pari della diossina, e una reale cifra anche solo stimata, non è possibile calcolarla. In tutti qui anni di produzione, le sostanze di scarto della fabbrica sono entrate nella catena alimentare degli abitanti della città: carne, uova, verdure. Fino a ristagnare nei corpi dei bresciani e delle bresciane: sono state trovate anche nel latte materno di alcune donne che avevano partorito da poco. 

LE ISTITUZIONI - Come spiega Andrea Tornago, su Il Fatto Quotidiano, la differenza con Taranto sta anche nel modo in cui le istituzioni cittadine si sono comportate rispetto a questo problema. Per legge, quando un'area verde cittadina supera i livelli massimi (compresi tra di 0,06 mg/kg e 10 ngTEQ/kg) è necessario avviare un'analisi di rischio per “valutare gli effetti sulla salute umana derivanti dall’esposizione prolungata all’azione delle sostanze presenti”. Tale analisi a Taranto ha portato alla chiusura dei parchi del rione Tamburi. Invece a Brescia: 

L’Asl ha deciso – senza analisi di rischio “sito-specifica” – di dividere il sito inquinato in tre aree: blu, gialla e rossa. Nella “zona rossa” l’accesso è “interdetto a qualsiasi uso” (parchi di via Nullo, Passo Gavia, via Parenzo nord, via Sorbana nord, campo Calvesi), in quella gialla è consentito “con limitazioni” (parchi di via Fura, via Livorno, via Parenzo sud, via Ercoliani, via Sorbana sud, via Cacciamali). Ma nell’area gialla, dove giocano anche i bambini, ci sono concentrazioni di Pcb e diossine da due a quattro volte superiori rispetto a quelle di Taranto e oltre ai veleni chimici, a Brescia in quei terreni sono presenti anche metalli pesanti come mercurio, arsenico e rame.

La denuncia è partita proprio da alcuni comitati cittadini, insieme a Medicina Democratica e Sos Scuola: si chiede al sindaco Emilio Del Bono e alle autorità sanitarie semplicemente "il rispetto della legge".

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