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Giovedì, 18 Aprile 2024
Ambiente

"Trivelle fuorilegge": Greenpeace mappa l'inquinamento generato dalle perforazioni

L'associazione ambientalista ha pubblicato i dati del Ministero che analizzano le aree in prossimità delle piattaforme offshore: "Nei sedimenti e nelle cozze presenti sostanze chimiche pericolose spesso in concentrazioni che eccedono i parametri di legge"

Si fa sempre più acceso lo scontro tra Greenpeace e il Governo in tema di trivellazioni. L'associazione ambientalista, in vista del referendum del 17 aprile, cala l'asso nella manica presentando il rapporto “Trivelle fuorilegge” in cui, per la prima volta, vengono resi pubblici i dati ministeriali relativi all’inquinamento generato dalle oltre trenta trivelle operanti nei nostri mari. Come si può intuire dal titolo dello studio, i dati emersi dal monitoraggio non sono positivi: "sostanze chimiche inquinanti e pericolose, con un forte impatto sull’ambiente e sugli esseri viventi, si ritroverebbero abitualmente nei sedimenti e nelle cozze che vivono in prossimità di piattaforme offshore presenti in Adriatico, spesso in concentrazioni che eccedono i parametri di legge", almeno questo è ciò che afferma Greenpeace.

"Il quadro che emerge è di una contaminazione grave e diffusa", afferma Giuseppe Ungherese, responsabile campagna Inquinamento di Greenpeace. "Laddove esistono dei limiti fissati dalla legge, le trivelle assai spesso non li rispettano. Ci sono contaminazioni preoccupanti da idrocarburi policiclici aromatici e metalli pesanti, molte di queste sostanze sono in grado di risalire la catena alimentare fino a raggiungere gli esseri umani. Nei pressi delle piattaforme monitorate si trovano abitualmente sostanze associate a numerose patologie gravi, tra cui il cancro. La situazione si ripete di anno in anno ma ciò nonostante, non risulta che siano state ritirate licenze, revocate concessioni o che il Ministero abbia preso altre iniziative per tutelare i nostri mari", conclude Ungherese.

L'esito del monitoraggio fatto da Greenpeace. I parametri ambientali sarebbero oltre i limiti per almeno due sostanze nel 67% dei campioni analizzati nel 2012, nel 71% nel 2013 e nel 67% nel 2014. Anche nelle cozze la presenza di sostanze inquinanti ha mostrato evidenti criticità.

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I dati del Ministero. "Lo scorso luglio - spiega Greenpeace - abbiamo al Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, tramite istanza pubblica di accesso agli atti, di ottenere i dati di monitoraggio delle piattaforme presenti nei mari italiani. Il Ministero ha risposto fornendo soltanto i dati di monitoraggio di 34 impianti, relativi agli anni 2012-2014, dislocati davanti alle coste di Emilia Romagna, Marche e Abruzzo". Delle altre 100 e più piattaforme operanti nei nostri mari, Greenpeace non avrebbe ricevuto alcun dato. 

I monitoraggi per il Ministero sono stati eseguiti da Ispra (l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, un istituto di ricerca pubblico sottoposto alla vigilanza del Ministero dell’Ambiente) su committenza di Eni, proprietaria delle piattaforme oggetto di indagine. "In pratica, l’organo istituzionale (Ispra) chiamato a valutare i risultati del monitoraggio sul mare che circonda le piattaforme offshore – e di conseguenza verificare la non sussistenza di pericoli per l’ambiente e gli ecosistemi marini – opera su committenza della società che possiede le piattaforme oggetto d’indagine (Eni), cosicché il controllore è a libro paga del controllato", afferma Greenpeace.
 
"Con questo rapporto dimostriamo chiaramente che chi estrae idrocarburi nei nostri mari inquina, e lo fa oltre i limiti imposti dalla legge senza apparentemente incorrere in sanzioni o in divieti", dichiara Andrea Boraschi, responsabile della campagna Energia e Clima di Greenpeace. "Quel che a nessun cittadino sarebbe concesso, è concesso invece ai petrolieri, il cui operato è fuori controllo, nascosto all’opinione pubblica e gestito in maniera opaca. Sono motivi più che sufficienti per spingere gli italiani a partecipare al prossimo referendum sulle trivelle del 17 aprile, e a votare Sì per fermare chi svende e deturpa l’Italia".
 

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