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Giovedì, 28 Marzo 2024
Ambiente

Il cuore prosciugato della Toscana: la Tav si è portata via l'acqua

Una vicenda giudiziaria e ambientale che porta con sé 73,3 km di galleria ma anche 57 km di corsi d'acqua prosciugati. Condannati i vertici del consorzio d'Impregilo che ha costruito la Tav del Mugello, stesse persone che costruiscono un tunnel in Liguria

Una delle zone più belle d'Italia: quando all'estero si pensa ai verdi paesaggi della Toscana in realtà si sta pensando al Mugello, vallata dell'alto corso del fiume Sieve, nota soprattutto agli appassionati d'escursioni e di gastronomia. In questa zona, denunciano gli abitanti, "si è già consumato un disastro ambientale". Dal 1996 al 2009 è stata realizzata una delle più grandi e complesse opere pubbliche del Paese: 73,3 chilometri di binari dell'Alta Velocità sotto gli Appennini che collegano l'Emilia Romagna alla Toscana.

Qui si è realizzata la Tav del Mugello trapanando i monti. Mentre si scavava, 57 chilometri di fiumi si sono seccati, 37 sorgenti sono state prosciugate e 5 acquedotti non sono più utilizzabili. Diversi comuni della zona hanno iniziato a rifornirsi di acqua attraverso le autobotti e le pompe.

TANTI PROCESSI, POCHI COLPEVOLI - Il 3 marzo 2009 (dopo più di cento udienze) nel primo grado del primo processo sui lavori dell'opera vengono condannate 27 persone con pene che vanno dai tre mesi ai 5 anni di reclusione. Si stabilisce anche il risarcimento di oltre 150 milioni di euro ai danni dei vertici della Cavet, consorzio d'imprese legato strettamente a Impregilo, che ha in appalto i lavori. Ma i reati sono legali alla gestione dei rifiuti: omessa bonifica di discariche e traffico illecito. Per questo insieme ai vertici del consorzio ci sono anche gestori di cave e discariche e intermediatori che si sono occupati dello smaltimento. Il processo cade in prescrizione.

E i fiumi? Prosciugati 81 corsi d'acqua, 37 sorgenti, una trentina di pozzi e cinque acquedotti. Poi c'è anche l'inquinamento del territorio per i depositi di terre di scavo contaminate da idrocarburi. Ecco come si arriva alla cifra che però non è ancora stata pagata da nessuno: 741 milioni di danni. Ma per questo processo tutti sono stati assolti in via definitiva: la procura di Firenze contestava il danneggiamento aggravato, un reato volontario. Il giudice aveva invece ritenuto che il danneggiamento fosse colposo, reato non previsto dal nostro codice penale. Una sentenza della Corte di Cassazione fa riaprire il processo per un errore nel calcolo dei tempi di prescrizione.

LE CONDANNE - Così il 21 marzo 2014 arrivano le condanne: i reati contestati riguardano la destinazione delle terre di scavo che, per l’accusa, sono state smaltite in cave o in siti per i quali ci sarebbero state delle certificazioni illegittime. Ma è stato stabilito anche il risarcimento dei danni per lo Stato, il ministero, Regione, Comuni e Province del Mugello. Cavet ora è responsabile civile e la cifra da pagare verrà stabilita in quella sede.

CHI SONO I CONDANNATI - Dall'altra parte dei monti rispetto alla Toscana c'è un altro comitato che si occupa della difesa del territorio: si tratta del comitato No Terzo Valico, tunnel in costruzione tra Genova e basso Piemonte da cui dovrebbero passare le merci che dal porto ligure arrivano fino a Milano. Il comitato ricostruisce sul proprio sito la carriera amministrativa all'interno d'Impregilo di alcuni condannati di Cavet per il Mugello. Ebbene alcuni di loro hanno incarichi simili anche in Cociv, consorzio sempre d'Impregilo, che ha in appalto la costruzione del Terzo Valico: "Rubegni Alberto condannato a due anni e mezzo per omessa bonifica per il Tav del Mugello ha rivestito la carica di Presidente del Cociv fino a fine del 2012. Guagnozzi Giovanni, con condanna uguale, ha rivestito la carica di Procuratore in qualità di Direttore del Cociv fino a Marzo del 2013. Marcheselli Pietro Paolo condannato a quattro anni e mezzo per traffico illecito di rifiuti riveste attualmente la carica di Procuratore in qualità di Direttore del Cociv".  I giudici per alcuni dei condannati l’interdizione dai pubblici uffici e l’incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione.

L'ACQUA CHE NON C'E' PIU' - I danni in queste zone riguardano proprio l'acqua, che c'era e non c'è più. Mentre si scavava si intercettavano le falde che inondavano la galleria in costruzione. Poi si tappava la falla ma già il bacino era prosciugato. Per questa tipologia di danni la Tav è sotto accusa anche dalla magistratura contabile.

La Corte dei Conti della Toscana afferma che ci sono "lacune procedurali e decisionali da parte di organi statali e regionali che hanno operato sottovalutando le conseguenze idrogeologiche”. Quindi oltre al danno rilevato in sede penale di 741 milioni di euro la magistratura contabile ha quantificato un danno ulteriore di 14 milioni di euro. Scrive il procuratore capo Mondera Oranges: "La realizzazione di queste gallerie ha quasi del tutto privato il territorio interessato della risorsa idrica, scomparsa o precipitata a profondità tali che la rendono di fatto inutilizzabile". Altri danni, altri soldi.

Per questo processo il dito è puntato contro gli amministratori responsabili dei primi dieci anni di progettazione e lavori: in primis gli ex governatori Vannino Chiti e Claudio Martini, componenti delle giunte regionali delle due legislature dal 1990 al 2000, un dirigente regionale, due funzionari ministeriali per la valutazione di impatto ambientale. La regione Toscana era parte lesa nell processo penale come terra devastata e martoriata dai lavori della linea dell'Alta Velocità. La sua amministrazione però potrebbe diventare una dei responsabili del disastro. Intanto Chiti e Martini sono diventati nel 2013 senatori della Repubblica, il primo per la regione Piemonte e il secondo proprio per la Toscana.

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