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Venerdì, 29 Marzo 2024
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La storia di Carlo Urbani, il medico italiano che scoprì la SARS e morì per salvare i pazienti

Il nuovo coronavirus arrivato dalla Cina ha molte caratteristiche in comune con quello che si diffuse in Estremo Oriente tra il 2002 e il 2003. Se oggi la SARS può essere considerata una malattia rara, lo dobbiamo anche al contributo di questo infettivologo italiano

La diffusione del nuovo coronavirus sta mettendo in allarme il mondo intero. L'epidemia partita dalla Cina, dove si contano centinaia di vittime e migliaia di contagiati, ha fatto tornare nella mente di molti il ricordo del novembre 2002, quando a preoccupare la popolazione mondiale era la SARS, acronimo di ''Sindrome respiratoria acuta grave'', una forma atipica di polmonite con un tasso di mortalità vicino al 10%. Molti i collegamenti tra quella epidemia e quella a cui stiamo assistendo in questi giorni: anche la SARS era un coronavirus, ossia una famiglia di virus con una morfologia caratterizzata da protuberanze simili a quelle di una corona, entrambi sono apparsi per la prima volta in Cina e presentano caratteristiche simili anche per quanto riguarda i sintomi. 

Ma se oggi la SARS può essere considerata una malattia rara, lo dobbiamo ad un nostro connazionale, il medico infettivologo e microbiologo italiano Carlo Urbani. Il motivo? Un po' come avvenuto per il nuovo coronavirus, isolato da un team di ricercatrici italiane, 18 anni fa Carlo Urbani fu la prima persona ad identificare e classificare la SARS. La scoperta del medico italiano è stata fondamentale per controllare l'epidemia scoppiata in Estremo Oriente tra il 2002 e il 2003, oltre che per la realizzazione di un vaccino efficace. Un contributo in grado di salvare migliaia di vite umane, ma non la sua: nel 2003, proprio a causa della SARS, Carlo Urbani si è spento, contribuendo fino alla fine a debellare l'epidemia.

Carlo Urbani, il medico italiano che scoprì la SARS 

Originario di Castelplanio, in provincia di Ancona, Carlo Urbani aveva dedicato la sua vita alla lotta contro le malattie mortali e nel 2003 si trovava in Vietnam con la sua famiglia per completare una missione triennale sul controllo delle malattie parassitarie nel Pacifico occidentale, in qualità di coordinatore delle politiche sanitarie dell'Organizzazione Mondiale della Sanità.

Il primo incontro tra Urbani e la SARS avvenne il 28 febbraio del 2003, quando un uomo d'affari statunitense venne ricoverato in un ospedale di Hanoi con una forma di polmonite atipica. L'infettivologo venne subito contattato dall'ospedale, dove capisce subito di trovarsi d fronte ad una minaccia mai vista prima. Una volta lanciato l'allarme al governo e all'Oms, Urbani convince le autorità locali ad adottare la quarantena ed inizia i suoi studi. Poi, a neanche due settimane da quell'incontro, l'11 marzo 2003 si sente male durante un volo da Hanoi a Bangkok e scopre di essere  stato contagiato dal morbo. Una volta atterrato chiese subito di essere ricoverato in quarantena, poi concesse ai medici giunti da Australia e Germania di utilizzare i tessuti prelevati dai suoi polmoni per analizzare il virus. Il 29 marzo 2003 Urbani muore, lasciando una moglie, Giuliana Chiorrini, e tre figli. La donna nei giorni scorsi ha parlato sulle pagine del Corriere della Sera, facendo riemergere quanto accaduto 17 anni fa: ''Mio marito Carlo morì di SARS. Era infettivologo: quel giorno lo chiamarono e non si tirò indietro".

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''Carlo era dirigente dell’Organizzazione mondiale della Sanità ad Hanoi, l’avevo seguito con i nostri tre figli. Quando lo cercarono dall’ospedale non si risparmiò. Oggi rivivo tutti quei momenti''.

Con l'allarme per il nuovo coronavirus partito da Wuhan, alla moglie di Urbani sono tornati in mente quei terribili giorni: ''Il 18 marzo partì per Bangkok, lo salutammo che stava bene. Durante il volo cominciò ad accusare i primi sintomi, febbre e tosse, e una volta a terra si consegnò ai medici. Ci sentimmo la sera. Capimmo subito. Morì dopo una decina di giorni di isolamento''.

Il contributo di Urbani servì a salvare migliaia di vite, non soltanto per la scoperta della SARS, ma anche per il metodo anti-pandemie realizzato dal medico italiano nel 2003, che viene utilizzato ancora oggi dall'Oms come protocollo internazionale contro questa tipologia di malattie. Un eroe moderno, che ha perso la vita per salvarne moltissime altre e che, come confermato dalla moglie, se oggi fosse qui ''farebbe come 17 anni fa''. Andrebbe a salvare vite.

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