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Giovedì, 25 Aprile 2024
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Il pianeta è in fiamme, dagli scienziati l'ultimo appello: "Sulla soglia della catastrofe"

Il rapporto dell'Ipcc non lascia scelta: dimezzare le emissioni globali di Co2 entro il 2030, altrimenti sarebbe troppo tardi. Intanto si rischiano un miliardo e mezzo di migranti climatici

È stato divulgato il rapporto speciale del Comitato intergovernativo delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (IPCC) dedicato ad analizzare gli impatti del riscaldamento globale.

Il rapporto IPCC conferma come dall'inizio dell'era industriale le attività umane hanno provocato l'aumento della temperatura globale di 1°C. Per quanto per molti possa sembrare insignificante l'impatto di questo rialzo - avvenuto con una rapidità che non ha precedenti - gli effetti del cambiamento in atto comporta una maggior frequenza degli eventi meteorologici estremi, oltre all'innalzamento dei livelli del mare e della spaventosa riduzione dei ghiacci marini artici.

Cambiamenti climatici: l’importanza di 0,5 gradi

È stato calcolato che per mantenere l'obiettivo degli accordi di Parigi 2016 che proponevano contenere l'aumento entro il 1.5°C, le emissioni di gas serra andrebbero azzerate entro il 2050, riducendole già della metà entro i prossimi 12 anni.

Se invece si dovesse estendere al 2075 l'orizzonte per arrivare a emissioni-zero porterebbe ad alzare il valore di anomalia a 2°C, soglia della catastrofe, ma che oggi viene vista come obiettivo, tutto sommato non male per evitare scenari ancora più rovinosi. "Sarebbe già un successo pazzesco riuscire a rallentare il processo in atto - spiegano gli scienziati estensori del rapporto - gli anni che abbiano davanti sono i più importanti nella storia del genere umano".

Il rapporto è stato stilato da 91 esperti di 40 paesi diversi, sulla base di 6000 lavori, articoli e studi scientifici, che a loro volta hanno coinvolto migliaia di revisori.Per capirci, le impressioni personali sul "fa più caldo" "fa più freddo" meglio lasciarle ai commentatori da divano.

Riscaldamento globale, cosa è possibile fare

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Limitare il riscaldamento globale ad un aumento di 1,5 gradi Celsius è ancora possibile, ma solo con "cambiamenti rapidi, di ampia portata e senza precedenti" spiegano gli esperti del Ipcc che oggi a Incheon, nella Corea del Sud, hanno presentato il rapporto speciale "Global Warming of 1.5°C", due mesi prima della prossima conferenza ONU sul clima.

È una sorta di ultimo appello per limitare l'innalzamento del livello del mare, limitare lo scioglimento dei ghiacci artici e salvare le barriere coralline.

Il rapporto afferma che sono necessari drastici cambiamenti in tutti i settori e che le emissioni di biossido di carbonio provocate dall'uomo devono diminuire di circa il 45% entro il 2030 rispetto ai livelli del 2010. Inoltre, i livelli di CO2 dovrebbero raggiungere quello che viene chiamato "emissioni nette zero" entro il 2050, il che significa che eventuali emissioni residue dovranno essere compensate rimuovendo CO2 dal aria.

Un ultimatum della Terra che tuttavia rischia di perdersi nel vuoto: occorre ricordare che gli Stati Uniti hanno abbandonato l'accordo Parigi nel 2017 mettendo in dubbio la sua efficacia.

La maggior parte dei ricercatori concorda che se non si fa nulla per ridurre le emissioni di gas serra, la Terra continuerà lungo un percorso di riscaldamento globale che potrebbe raggiungere i 3 o 4 gradi Celsius sopra i livelli preindustriali.

Greenpace: "Il pianeta è in fiamme"

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"Se vogliamo evitare altri tragici incendi, altre gravi tempeste e ulteriori perdite di vite umane, dobbiamo tagliare le emissioni globali entro i prossimi 10 anni" spiega Jennifer Morgan, direttrice esecutiva di Greenpeace International, commenta gli ultimi dati dell'Ipcc.

"Una sfida enorme, ma che possiamo affrontare - dice Morgan - Non agire sarebbe questione di vita o di morte per milioni di persone in tutto il mondo, in particolare per le più vulnerabili".

Per riuscire a contenere l'innalzamento delle temperature entro 1,5°C, il consumo globale di carbone dovrebbe essere ridotto di almeno 2 terzi entro il 2030 e arrivare quasi a quota zero, nella produzione elettrica, entro il 2050.

Le rinnovabili dovrebbero invece salire a quota 70-85% della produzione elettrica entro il 2050, con scenari che mostrano che queste percentuali potrebbero essere addirittura più alte.

Il report mostra inoltre come la maturazione delle tecnologie solari, eoliche e di stoccaggio potrebbe essere il segnale di come un cambiamento sistemico, nel settore dell'energia, sia già in corso. Anche il ricorso a petrolio e gas dovrebbe diminuire rapidamente. Una roadmap non basata su tecnologie di rimozione della CO2 richiede un calo di circa il 37% dell'uso di petrolio entro il 2030, rispetto ai livelli del 2010.

Soluzioni naturali di contrasto ai cambiamenti climatici, come la protezione delle foreste e la riforestazione, potrebbero fornire oltre un terzo della riduzione a costi competitivi delle emissioni di CO2 fino al 2030, per mantenere l'aumento globale delle temperature entro i 2°C, con un potenziale elevato anche per un obiettivo a 1,5°C.

"Questo dell'Ipcc è il rapporto più importante che abbiamo mai avuto in fatto di scienza climatica"

Il report contribuirà direttamente alla Conferenza del clima dell'Onu il prossimo dicembre (Cop24), e sarà il riferimento per i governi nel rilanciare i propri piani di azione sul clima.

Rapporto Ipcc, allarme ma anche speranza

''Per affrontare una sfida così radicale, il mondo politico, quello imprenditoriale e finanziario dovranno avviare una profonda rivisitazione degli attuali obbiettivi e delle strategie economiche" spiega Gianni Silvestrini, direttore scientifico di Kyoto Club. "Ma servirà una mobilitazione dal basso".

'Un messaggio estremamente allarmato, ma con un filo di speranza - aggiunge Silvestrini - Se infatti, da un lato esso sottolinea come riuscire a mantenere l'aumento di temperatura sotto 1,5 °C, cioè mezzo grado più di oggi, consentirebbe di ridurre impatti catastrofici, al tempo stesso riconosce come questo risultato sia estremamente difficile da raggiungere".

La bomba a orologeria delle migrazioni climatiche

L’innalzamento delle acque sta già determinando la perdita delle produzioni delle isole, in particolare di quelle di dimensioni più piccole, il cui territorio si riduce progressivamente e presto non sarà più in grado di sostenere gli abitanti. L’innalzamento delle acque sta già determinando la perdita delle produzioni delle isole, in particolare di quelle di dimensioni più piccole, il cui territorio si riduce progressivamente e presto non sarà più in grado di sostenere gli abitanti.

Sulle montagne, il rapido scioglimento dei ghiacciai comporta pesanti ripercussioni sul ciclo delle acque, che non viene più regolato da questi serbatoi naturali di contenimento. La desertificazione colpisce la fascia sub-sahariana, dalla Nigeria al Corno d’Africa, che non a caso è quella dove si sviluppano i maggiori conflitti.

Se proseguiamo sulla rotta attuale, i mutamenti climatici faranno sentire le loro conseguenze su un numero sempre più grande di popolazioni. Si calcola che con la tendenza attuale nei prossimi decenni saranno costrette a migrare 300 milioni di persone dai deserti, 500 dalle coste, 800 da aree montane e fluviali, per un totale che supera il miliardo e mezzo di individui potenzialmente in movimento.

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