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Giovedì, 28 Marzo 2024
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Coronavirus, ora anche il Belgio ha chiuso tutto: "E noi italiani ci sentiamo meno soli"

Il racconto del nostro corrispondente da Bruxelles: "Per giorni, le autorità non hanno voluto prendere alcuna misura di contenimento. Sembrava di assistere a un film dell'orrore già visto". C'è voluta la nascita del primo 'governo anti-coronavirus' a sbloccare l'impasse. E adesso, fiamminghi e valloni prendono a esempio l'Italia

Oggi le strade sono vuote. I negozi, salvo alimentari e farmacie, sono chiusi. Le persone sono invitate a restare a casa e a limitare al massimo i contatti con amici, colleghi e parenti. Dopo settimane di polemiche e divisioni tra i principali partiti, il Belgio ha scelto alla fine il 'lockdown' all'italiana. Hanno usato proprio questo termine, 'all'italiana', i media del Paese. Segno anche di un riconoscimento tardivo alla bontà delle misure prese dal nostro governo quando Bruxelles, ma non solo, ci guardava con un misto di stupore e ironia. 

Già, perché noi italiani in Belgio abbiamo sperimentato per qualche giorno la stessa diffidenza che i cinesi, per primi, hanno vissuto qui in Occidente. Con la differenza che di italiani il Belgio è strapieno, sia di quelli come me arrivati dopo la crisi del 2008, sia delle decine di migliaia di famiglie che dal Dopoguerra hanno raggiunto miniere, imprese e infine istituzioni europee. Sono stati proprio questi italiani i primi a lanciare l'allarme in un Paese che, da un punto di vista della società e dell'amministrazione, è insieme una Babele e un quadro surrealista.   

Quando a inizio marzo le famiglie di ritorno dalle vacanze invernali sulle Alpi italiane hanno cominciato a fare i tamponi, sono emersi i primi casi di positività al nuovo coronavirus. Ma proprio il legame con il soggiorno in Italia, ha rallentato la risposta del Belgio all'epidemia. Complice anche la mancanza di un governo centrale forte, vuoi perché per mesi le principali forze politiche non hanno trovato l'intesa per un nuovo premier, vuoi perché negli equilibri di potere sanciti dalla Costituzione gli esecutivi regionali hanno un peso elevato. E cosi', soprattutto dalle ricche Fiandre si sono levati gli scudi contro qualsiasi ipotesi di limitare le attività sociali, in particolare per paura di contraccolpi a servizi e industrie. 

Per noi italiani del Belgio "è stato come assistere a un film dell'orrore già visto", ha scritto in un'editoriale per Politico, la 'bibbia' della bolla europea di Bruxelles, il corrispondente de La Stampa Marco Bresolin. E in effetti, nel parlare con i miei colleghi e amici del Belgio, ma anche di altri Paesi Ue, la sensazione che ho avuto è stata proprio quella di provenire da un altro Pianeta, di vedere cose che gli altri non vedevano: quella di Covid-19, per loro, non era altro che una normale influenza, forse solo un po' più dannosa di quella stagionale. E se in Italia il focolaio mieteva sempre più contagi, la soluzione era semplice: confinare a casa gli italiani o chi era arrivato dalle regioni più colpite nelle ultime settimane.

Questa era stata la scelta, per esempio, dei responsabili della sicurezza del Parlamento europeo. Una scelta che aveva sollevato le proteste di deputati e funzionari del Belpaese. Ma la discriminazione è durata poco: i primi focolai in Francia e Germania hanno allargato la lista delle zone 'rosse'. Gli autisti delle auto blu hanno cominciato a rifiutare il trasporto dei deputati provenienti dalle aree contagiate. Le riunioni venivano annullate una dietro l'altra per notizie di presunti positivi tra i partecipanti. E alla fine, tutte le istituzioni Ue, Commissione e Consiglio compresi, hanno deciso di anticipare il governo dello Stato che le ospita bloccando quasi tutti gli incontri e limitando al minimo le attività essenziali, come le riunioni dei ministri e dei leader, che si svolgono da giorni via teleconferenza.

Tra i primi belgi a cercare di rompere l'ignavia generale è stato Philippe Devos, presidente del potente sindacato dei medici Absym: "Senza misure di contenimento serie, il Beglio rischia di ritrovarsi con 30mila morti per il Covid-19", ha detto il 4 marzo scorso quando i contagi nel Paese erano ancora considerati 'colpa degli italiani' o di chi era stato li' per ferie o lavoro. Devos si è visto scaraventare addosso gli strali di quasi tutti la classe politica, che lo hanno accusato di voler scatenare il panico per oscure ragioni di bottega. In realtà le sue parole hanno tolto un primo velo e alcuni media si sono interrogati su quello che le autorità stavano effettivamente facendo per contrastare il virus. Poco o nulla, è stata la risposta: pochi tamponi, tra l'altro inizialmente affidati a un unico istituto a Leuven, e piani sanitari non proprio aggiornati per emergenze di questo tipo. 

E così, nonostante la ferma opposizione dei principali leader politici a misure come la chiusura delle scuole, le autorità hanno cominciato ad aumentare i test. Scoprendo che i positivi non erano solo gli 'italiani', ma anche belgi che dal Paese non si erano mossi o che comunque non erano stati di recente in zone a rischio. È a quel punto che tra la popolazione è cominciata a circolare la paura.

Coronavirus, in Belgio il primo governo anti-Covid-19 del mondo

L'associazione dei medici italiani in Belgio (e sono tanti, soprattutto da quando i tagli alla nostra sanità hanno bloccato le assunzioni) ha inviato una lettera aperta al governo centrale, spiegando che in Italia non vi era un complotto di folli in panico, ma che occorreva prendere sul serio la faccenda.

Il problema, pero', è che il Belgio un vero governo non lo aveva dall'ottobre scorso. E questo ha di fatto lasciato i ministri provvisori in balia dei veti delle regioni, in particolare, come dicevamo, di quelli dei politici delle Fiandre. Ecco perché, quando i contagi hanno cominciato a raggiungere la soglia simbolica dei 1.000 e gli ospedali hanno registrato i primi morti, le principali forze politiche di Vallonia, Fiandre e Bruxelles (le tre regioni del Belgio, a cui si aggiunge la piccola comunità autonoma tedesca) hanno deciso di dare vita al primo governo anti-Covid-19 del mondo: la neo premier Sophie Willmès ha ricevuto un incarico specifico e, si spera, di breve durata: gestire la crisi. 

Il primo atto della Wilmes è stato quello di 'copiare' l'Italia, chiudendo scuole e negozi, a eccezione di quelli di prima necessità come alimentari, edicole, farmacie e benzinai. I cittadini sono tenuti a rimanere a casa, tranne che per andare al lavoro e per viaggi essenziali. E comunque le aziende sono invitate a favorire il telelavoro e, laddove è impossibile, fare rispettare le precauzioni igieniche e di distanza tra lavoratori, pena pesanti multe e persino la chiusura dell'attività. Si consiglia l'attività all'aperto, ma solo con un familiare o un amico, a condizione che si mantenga una certa distanza. Tutti gli incontri sono severamente vietati.

Dopo settimane di generale sottovalutazione, i belgi sembrano aver capito il rischio che corrono. Nel primo giorno di lockdown a Bruxelles le strade sono vuote e i negozi di alimentari, già assaltati nei giorni scorsi, fanno per lo più consegne a domicilio. Tanto che i servizi di questo tipo delle principali catene di supermercati sono già andati in tilt.   

Gli italiani, tra i primi a fare scorte nei supermercati, tanto che la pasta è tra i beni più introvabili sugli scaffali del Belgio insieme alla carta igienica, adesso si sentono meno soli, paradossalmente. E sui social provano a portare in Belgio il 'know how' appreso in questi giorni dai connazionali in Patria. A partire dalla solidarietà: sul gruppo Facebook "Italiani a Bruxelles", per esempio, è attivo già il servizio di volontari che portano la spesa a chi, per ragioni di età o di altro tipo, non puo' lasciare casa o non è consigliabile che lo faccia. Mentre sempre sul web circolano iniziative di crowdfunding per aiutare medici e infermieri. Per il momento, esclusivamente italiani.

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