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Venerdì, 19 Aprile 2024
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Coronavirus, perché il contagio non è affatto sotto controllo

Le misure di distanziamento sociale imposte dai decreti del governo hanno per ora ridotto il sovraccarico degli ospedali, ma sul contenimento del contagio i risultati non sono affatto rassicuranti. Massima cautela per la "fase 2". L'analisi della Fondazione Gimbe sulle possibili cause, le inefficienze e le responsabilità

Quando si riparte? Quando comincia la cosiddetta fase 2, quella che prevede la convivenza col virus e la ripresa graduale delle attività? Al netto delle dichiarazioni forse troppo avventate di qualche politico nostrano, è presto per dirlo. E soprattutto è necessaria la massima cautela. Il via libera per la riapertura arriverà dalla scienza e da chi sa interpretare l'evoluzione epidemiologica del virus, non dai politici.

Per il momento atteniamoci ai dati, non alle chiacchiere. E i dati dicono che il contagio da coronavirus "non è sotto controllo" e le misure di distanziamento sociale imposte dai decreti del governo "hanno ridotto il sovraccarico degli ospedali e soprattutto delle terapie intensive, ma sul contenimento del contagio i risultati non sono affatto rassicuranti e invitano alla massima cautela". Di più: il rischio di una nuova impennata dei casi è in agguato. E' l'analisi della Fondazione Gimbe, che dal 2010 si batte per aumentare la qualità dell'assistenza sanitaria con attività indipendenti di ricerca, formazione e informazione scientifica.

gimbe casi settimana-2

Coronavirus, i dati sui contagi dell'ultima settimana non sono incoraggianti

Secondo la roadmap lanciata nei giorni scorsi dalla Commissione Europea per la ripartenza, rileva il presidente della Fondazione Gimbe Nino Cartabellotta (qui la nostra intervista), "è fondamentale ridurre e stabilizzare il numero di ricoveri e dei nuovi casi per un periodo di tempo prolungato. Di conseguenza una programmazione scientifica della fase 2 non può inseguire i numeri del giorno, ma deve osservare almeno le variazioni settimanali". E in tal senso "i dati degli ultimi 7 giorni sui contagi non sono affatto incoraggianti: se, infatti, si è ridotto il numero dei pazienti ricoverati con sintomi (-3,0%) e di quelli in terapia intensiva (-16,6%), si rileva un aumento dei casi totali del 18% (+25.733), di cui 3.976 decessi (+22,5%)".

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Considerato che la riduzione dei nuovi casi sembra inferiore a quanto atteso, la Fondazione Gimbe ha effettuato una revisione di evidenze scientifiche per identificare le possibili motivazioni, "con il duplice obiettivo di informare le istituzioni sui parametri per avviare la fase 2 e di sensibilizzare decisori della sanità, datori di lavoro e popolazione sulle proprie responsabilità". In particolare, Gimbe ha identificato due macro-categorie di motivazioni. In primis, l'identificazione di casi in sottogruppi di popolazione non adeguatamente esplorati. E' funzione diretta - spiega la Fondazione - del maggior numero di tamponi eseguiti tra gli operatori sanitari, gli ospiti di residenze per anziani e case di riposo, i detenuti negli istituti penitenziari, oltre che di una tracciatura dei contatti più efficace e del crescente numero di casi oligo/asintomatici identificati sul territorio.

Come seconda motivazione dell'aumento dei casi totali, Gimbe cita la ridotta efficacia delle misure di distanziamento sociale che consegue a differenti motivazioni in parte non prevenibili (ad esempio il ruolo dei soggetti asintomatici), in parte a carenze sanitarie (insufficiente tracciatura dei contatti, isolamento domiciliare inadeguato), oltre che a misure inadeguate sui luoghi di lavoro che non hanno implementato adeguatamente i protocolli di sicurezza e negli spazi chiusi, inclusi i mezzi di trasporto, e a comportamenti individuali impropri (contagi da persone infette che hanno violato la quarantena, ad esempio). In questa seconda "macro-categoria" di motivazioni, Gimbe aggiunge anche i contagi da operatori sanitari, soprattutto in contesti non ospedalieri: residenze per anziani, case famiglia, assistenza domiciliare.

In tutti i contesti regionali e locali dove il controllo dei nuovi casi risulta inadeguato tutte queste casistiche dovrebbero essere attentamente monitorate al fine di mettere in atto le opportune contromisure, avverte la Fondazione. Inoltre, "l'efficacia delle misure di distanziamento sociale sul contenimento dell'epidemia dipende da tre fattori: tempestività, intensità e aderenza della popolazione. Di conseguenza, per valutare gli effetti dei decreti "#IoRestoACasa" e "Chiudi Italia", bisogna anzitutto essere consapevoli che siamo partiti in ritardo, che il lockdown non è stato affatto totale e che l'aderenza della popolazione è stata buona, ma non eccellente, a giudicare dal numero delle sanzioni elevate nel corso dei controlli".

Per questi motivi, "nonostante l'entusiasmo per l'avvio della fase 2 - conclude il presidente Cartabellotta - serve la massima prudenza: se oggi, infatti, ospedali e terapie intensive iniziano a respirare, i numeri confermano che la curva dei contagi non è affatto sotto controllo ed il rischio di una nuova impennata dei casi è sempre in agguato".

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