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Venerdì, 19 Aprile 2024
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Coronavirus, la testimonianza di un’infermiera: “I pazienti dipendono da noi, il loro grazie riempie il cuore”

L'esperienza di Roberta Barlocco, infermiera nel reparto Covid dell'ospedale di Bergamo, in questi giorni drammaticamente segnati dall'emergenza sanitaria

Il continuo 'grazie' dei pazienti, di quelli che possono dirlo con un filo di voce e di quelli che lo dicono in continuazione con gli occhi, è il carburante che alimenta il duro, massacrante ma fondamentale lavoro degli infermieri e dei medici nei reparti Covid.

"Siamo stanchi, stressati, devastati dal lavoro incessante di ogni turno, è come se l'orologio girasse due volte e rimani bardato con tuta, guanti, maschere, occhiali, tutte le protezioni necessarie tanto che ti lasciano il segno” - racconta all'Adnkronos Roberta Barlocco, infermiera nel reparto Covid dell'ospedale di Bergamo, che ha risposto all'appello della Croce Rossa – “non riesci neanche a bere o ad andare in bagno finché non finisci il lavoro e quel 'Grazie' per l'assistenza data è tutto, è il piccolo gesto che ti fa andare avanti".

"I pazienti hanno bisogno di assistenza continua e anche se adesso sono pochi i malati in fase acuta, sono per lo più cronici - continua Roberta che ha lasciato marito, madre e sorella a Busto Arsizio - sono estubati, ma che respirano con altri device e quindi necessitano comunque di assistenza continua. Sono disorientati, si sentono persi e dobbiamo rassicurarli: riescono ad interagire ma molto poco, hanno bisogno di tutto il nostro aiuto".

"Dipendono totalmente da noi infermieri e quando ti dicono 'grazie' anche solo perché gli hai asciugato la fronte o la bocca o anche solo perché gli stringi la mano e con un sorriso dici loro 'forza che insieme la superiamo!', è commovente, ti riempie il cuore, ti dà la forza di andare avanti e di non mollare - racconta ancora Roberta - e non si può mollare perché sono pazienti che soffrono tanto e a lungo, 15 o 20 giorni di fila, non riescono a respirare sono stremati e qualcuno purtroppo non ce la fa".

“Ogni paziente è una storia e ti tocca nel profondo”

"Sono 40, 50 posti letto mai vuoti. Appena se ne libera uno, il tempo di rimettere a posto il letto e disinfettare e già viene occupato da un altro paziente - prosegue nel racconto della sua esperienza Roberta, con voce commossa - ci sono persone sole, mogli, mariti, chi ha lasciato qualcuno a casa in quarantena e vuole avere notizie, chi piange un parente, madre o marito o moglie, morti e non ha potuto salutarli. Chi è preoccupato, chi disperato ma continuano comunque a dirti 'Grazie'".

"Ogni paziente è una storia e ha una storia e ti tocca nel profondo - spiega Roberta - sono fragili. Si passa da un letto all'altro, non ci si ferma mai e per qualsiasi cosa che si fa, una carezza, un sorriso, la flebo o per chi può dare un goccio d'acqua da bere: quel grazie di ritorno è la carica. Ricordo un signore, molto anziano, 92 anni, ricoverato qui in reparto, stava male, ma piano piano si è ripreso, gli tenevo stretta la mano e un sorriso anche da sotto la mascherina e ora sta bene è guarito ed è in via di dimissioni e una volta lavato e pulito lui ha detto 'sono così pulito e profumato che sono pronto per il mio terzo matrimonio!'".

"Mi ha toccato poi il racconto di una giovane donna che parlando mi ha detto di avere due figli bellissimi e che stanno bene, mentre ha perso il fratello e poi mi ha detto che non poteva pensare in quel momento al lutto per il fratello, - aggiunge ancora Roberta - non poteva permetterselo perché doveva tornare dai suoi figli. Quando sarà tutto finito allora sarà il tempo del lutto, del ricordo dei cari persi, ora dobbiamo essere forti per chi ci sta vicino, per i nostri cari".

"In questo modo tocchiamo con mano che il nostro lavoro non è invano - conclude Roberta - sono contenta anche se sono lontana da casa e mia madre ha paura, non voleva che venissi qui, nell'occhio del ciclone. Ma questa sono io: un infermiera, sono stata anche in una missione a Calcutta, e sento di doverlo fare proprio per quel 'Grazie'".
 

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