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Giovedì, 18 Aprile 2024
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Coronavirus, occhio ai prossimi giorni: "È in ritirata, ma la discesa rallenta"

"Negli ultimi due giorni la discesa di questi numeri è un po' rallentata; potrebbe essere semplicemente l'effetto weekend", ma ora si guarda ai numeri dei prossimi due giorni "con grande attenzione" dice il virologo Silvestri. Che poi definisce "bassissimo" il rischio rappresentato dai bambini asintomatici

I numeri sono incoraggianti ma oggi più che mai serve cautela secondo il virologo Guido Silvestri docente negli Usa alla Emory University di Atlanta, autore della fortunata rubrica social 'Pillole di ottimismo'. Per quale motivo la cautela deve essere protagonista assoluta nei prossimi giorni?

In Italia nell'ultimo bollettino sull'emergenza coronavirus è sceso ancora il numero totale dei ricoverati in terapia intensiva per Covid-19 (da 286 a 282, e siamo ormai al 6.9% del valore di picco). In calo anche il numero dei ricoveri ospedalieri totali (da 4.864 a 4.729, quindi di altre 135 unità) mentre i casi attivi totali scendono da 35.262 a 34.730, quindi di altre 532 unità rispetto al giorno precedente. "Devo dire che negli ultimi due giorni la discesa di questi numeri è un po' rallentata; potrebbe essere semplicemente l'effetto weekend, ma guardiamo ai numeri di domani e dopodomani con grande attenzione" dice Silvestri.

Predica prudenza anche  l'immunologa Antonella Viola: "Il coronavirus non è mutato, l'attenzione va tenuta alta". A dirlo, in un'intervista su 'Il Dubbio', è Viola, direttore scientifico di ricerca pediatrica alla Fondazione Città della Speranza di Padova, che sottolinea come i dati dopo le prime aperture siano molto positivi. "Il virus è ancora presente su territorio ma il numero di contagi resta su livelli bassi. Bisogna mantenere un sistema di sorveglianza attiva per evitare che possa crearsi qualche nuovo focolaio". Per l'immunologa, però, nonostante la situazione non omogenea tra Regioni, è "corretto permettere la circolazione dei cittadini sul territorio nazionale e fuori di esso". L'esperta ricorda che le prime riaperture "sono state molto contenute e non hanno avuto conseguenze. Per quelle più ampie del 18 maggio ad oggi, possiamo dire che i dati sono ottimi e che non si registrano aumenti di contagi. Per tirare davvero un sospiro di sollievo, forse, dovremmo aspettare metà giugno".

Silvestri affronta anche un altro tema. Gli studi sulla possibilità di infettarsi e di trasmettere l'infezione da Sars-CoV-2 da parte dei bambini e ragazzi "sono ancora in evoluzione in tutto il mondo, sebbene sia ormai noto che essi rappresentino una percentuale molto bassa dei casi documentati di Covid-19. Le revisioni sistematiche condotte finora sono rassicuranti e suggeriscono che i bambini asintomatici trasmettano l'infezione con bassissima probabilità e che l'efficacia della chiusura delle scuole nel contenimento del contagio durante epidemie pregresse da Coronavirus (Sars, Mers) e in quella da Sars-CoV-2 è molto bassa".

Silvestri analizza la questione in un in un lungo e approfondito focus realizzato con Raffaella Buscemi (chimico, Rspp e formatrice per la sicurezza sul lavoro), Margherita Carletti (biomatematica, Università degli Studi di Urbino), Domenico Maria Cavallo (ordinario di Medicina del Lavoro, Università degli Studi dell'Insubria); Marilena Falcone (Ingegnere); Sara Gandini (epidemiologa biostatistica, Ieo); Maria Luisa Sacchi (Ingegnere elettronico, Mba) e Stefano Tasca (pediatra neonatologo, Casa di Cura Città di Roma). "Come evidenziato dalle associazioni dei pediatri di ogni nazione, il lockdown con conseguente chiusura di asili e scuole per lungo tempo, ha fatto emergere, oltre a un inevitabile ritardo didattico, manifestazioni di disagio psicologico preoccupanti, effetto della prolungata mancanza di occasioni educative e di tempi adeguati di socializzazione", ricorda il gruppo.

"Secondo l'American Academy of Pediatrics il ritorno a scuola è necessario per lo sviluppo cognitivo, emotivo e relazionale dei bambini e dei ragazzi, per attenuare, se non eliminare, le differenze socio-economiche dell'ambiente di provenienza ed evitare l'enorme disparità di accesso alle metodiche di didattica a distanza tra gli alunni, in modo particolare per gli alunni con disabilità".

Da poco è stato condotto uno studio, diretto da Robert Cohen, infettivologo pediatrico presso l'ospedale di Créteil e vicepresidente della Società pediatrica francese nella regione di Parigi, da 27 pediatri di città su 605 bambini, molti dei quali di età inferiore agli 11 anni e con o senza sintomi, ricorda il gruppo di Silvestri ricostruendo lo studio. Cohen ha affermato che ora "sappiamo che i bambini sono meno portatori, sono meno contagiati", sottolineando inoltre che i bambini sono meno pericolosi per i loro nonni rispetto ai loro genitori. "In una regione fortemente colpita dall'epidemia come la regione dell'Ile de France, pochissimi bambini (1,8%) sono risultati positivi" al test virologico, scrivono gli autori. "Ma il tasso di bambini che sono risultati positivi al test sierologico è risultato più alto", con il 10,7%. Dei 65 bambini che sono risultati positivi, l'87,3% aveva avuto un contatto confermato o sospetto con il Covid-19 in famiglia, di solito un adulto. Di fatto, il numero di fratelli e sorelle nella famiglia non ha aumentato significativamente la probabilità di un risultato positivo al test virologico o sierologico, notano gli autori. Lo studio certamente ha dei limiti, sottolinea lo stesso Cohen.

Il rischio comunque "non è nullo, l'evidenza scientifica sta evolvendo velocemente e bisogna tenere conto delle paure di insegnanti e personale scolastico".

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