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Venerdì, 19 Aprile 2024
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Coronavirus, nessuna certezza su quando ci sarà il picco in Italia: ma le ipotesi ci sono

In piena emergenza fare previsioni sui futuri scenari è molto complicato anche per chi studia i virus da una vita, ma le proiezioni sono importanti per pianificare gli interventi. Pregliasco: "Picco a fine marzo, fine dell'emergenza tra maggio e giugno". Burioni: "Strada giusta"

Il picco ancora non è arrivato, Conte l'ha messo in chiaro. Fare previsioni sui futuri scenari in questo esatto momento è molto complicato anche per chi studia l'argomento da una vita, ma le proiezioni e gli scenari sono importanti per pianificare al meglio gli interventi. C'è soprattutto l'incognità dell'evoluzione della pandemia al centro-sud.

"Siamo ancora nella fase acuta dell'epidemia di coronavirus, ma qualche timido segnale positivo lo possiamo osservare sul numero dei ricoveri e delle terapie intensive". Lo dice Fabrizio Pregliasco, virologo dell'Università degli Studi di Milano, in un'intervista al quotidiano 'Il Messaggero' sottolineando che dovevamo aspettarci un aumento "esponenziale" dei contagi e dei decessi.

"Troppo presto per sperare di vedere un cambiamento significativo - ha detto ancora Pregliasco - non dobbiamo affatto stupirci se gli effetti delle misure restrittive non sono ancora evidenti. Sarà così anche domani, dopodomani e per qualche altro giorno ancora. Ci vuole infatti più tempo per sperare in un segnale positivo". Secondo il virologo serve "all'incirca una settimana per scorgere un primo segnale positivo, ad esempio una lieve flessione nell'aumento dei casi. E ci vogliono all'incirca 2 settimane per sperare se non in una frenata, quantomeno in una stabilizzazione".

"Si vede qualche passo in avanti con meno impennata di contagi. Lo dico a bassa voce, speriamo sia una prima inversione del trend di crescita del virus''. Lo sottolinea il presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana, in un'intervista a 'Cento Città' su Radio1.

Coronavirus, le complicate previsioni sul picco in Italia

È "impossibile" dire quando avverrà picco della pandemia da coronavirus. Ogni Paese che guarda l'esperienza di altri Paesi alle prese con epidemie importanti e pensa che "a noi non succederà" sta commettendo un errore mortale. Può succedere a chiunque". Lo ha detto venerdì scorso il direttore dell'Oms Tedros Adhanom Ghebreyesus durante il briefing dell'agenzia Onu sull'emergenza coronavirus. “Tutto dipende da quanto velocemente i paesi metteranno in campo misure di risposta e dai risultati. E’ essenziale agire rapidamente e in modo aggressivo, l’esperienza di vari paesi, tra cui Cina e Giappone, dimostra che se si agisce in fretta si può contenere la diffusione”,

Il presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca, facendo il punto sulla diffusione in Regione del Covid19 tre giorni fa in diretta social ha mostrato uno grafico che prevede un picco di contagi al Sud a metà aprile e un crollo a inizio maggio: "Vi faccio vedere - ha detto - una proiezione fatta da qui al 15 aprile dal direttore sanitario del Cotugno. Ci sono 3 scenari: normale, di emergenza, e grave. Calcolando lo scenario più grave, avremo bisogno entro il 14 aprile di 150 posti letto in terapia intensiva. Poi si prevede una curva discendente dei contagi. Quindi dobbiamo reggere un mese e mezzo, due mesi".

La previsione ufficiale del governo, contenuta nella relazione tecnica del terzo decreto sull’emergenza, prevede il picco, ovvero il punto più alto della curva ascedente dei contagi, il 18 marzo. Una stima basata sull’andamento dei contagi fino all’8 marzo, partendo dal quale si fa una previsione per i giorni successivi, con un raddoppio e poi un calo graduale grazie alle misure di contenimento. I numeri sembrano abbastanza corretti: per il 15 marzo si prevedevano 3.500 nuovi casi, sono stati 3.590. Ma si tratta, lo ripetiamo, di previsioni soggette a troppe variabili.

Paolo D’Ancona, epidemiologo dell’Istituto Superiore di Sanità, sabato al Corriere della Sera ha spiegato alcune cose molto importanti: "Considerazioni più accurate sulla situazione nel centro-sud le potremo disegnare solo la prossima settimana (questa appena iniziata, ndr) in base al monitoraggio dei malati gravi ricoverati in terapia intensiva. Attualmente non ci sono elementi per fare previsioni certe attraverso modelli predittivi attendibili. L’Ecdc, il Centro europeo per il controllo delle malattie infettive, ha pubblicato una stima del rischio secondo la quale il picco massimo di casi in Italia è atteso a fine marzo ma in assenza di interventi di contenimento". E invece l'Italia ha adottato misure stringenti, che si spera possano avere effetto.

Pregliasco: "Picco a fine marzo, fine dell'emergenza tra maggio e giugno"

Il riferimento per previsioni di qualsiasi tipo non può che essere Wuhan. Va ricordato che fino a due mesi fa questo virus era sconosciuto, e ciò complica di molto il lavoro di chi deve prevedere l'evoluzione della pandemia. "È difficile fare previsioni, ma in base all'andamento del coronavirus in Cina e ai dati italiani, possiamo stimare uno scenario con picco a fine marzo e la fine del problema in Italia tra maggio e giugno. Sarà interessante vedere come si comporterà la Cina nei prossimi giorni, ora che sembra quasi essere uscita dall'emergenza. - dice il virologo Pregliasco - Certamente non si potrà riprendere le attività subito e tutte insieme. Sarà un errore che dovremo evitare di fare anche noi per evitare in un ritorno dell'emergenza. Inoltre, tra gli elementi che possono influire c'è l'incognita rappresentata dal resto d'Europa e dalla Gran Bretagna. Stiamo vedendo mancanza di coordinamento e azioni disomogenee, che possono rovinare quello che si sta facendo in Italia".

"È necessaria una stretta complessiva. Ma mi rendo conto che è difficile valutare il problema quando sembra ancora lontano, anche fisicamente. Un po' come è accaduto al Centro-Sud quando c'era la zona rossa: non pensi che il problema sia tuo. Purtroppo il coronavirus si sposta con le persone. - ha spiegato Pregliasco - Quindi le immagini di stadi pieni o la mancanza di interventi drastici in altri paesi europei suscitano preoccupazioni per l'effetto che potranno avere anche, di riflesso, su di noi. Le misure più restrittive risalgono a pochi giorni fa".

"Se proprio vogliamo vedere un piccolo e timido segnale positivo possiamo guardare al numero dei ricoveri. Il numero dei ricoveri cresce ma impiega più tempo nel farlo. Ma consiglio ai cittadini in questo momento di non concentrarsi molto sui numeri, ma sulla battaglia che ognuno di noi sta combattendo. Bisogna stringere i denti e continuare a seguire le misure restrittive, anche se ci sembrano pesanti", conclude Pregliasco.

Coronavirus, Galli: "Coordinare i medici di base senza mandarli allo sbaraglio"

"Credo che dove l'infezione non ha preso terribilmente piede sia utile fare un'inchiesta epidemiologica sui contatti delle persone infettate. In questo modo si limita l'infezione. La battaglia di Milano si può tentare di vincere anche in questo modo". Secondo Galli "il riuscire a coordinare i medici di base senza mandarli allo sbaraglio è una cosa fondamentale, in modo che raggiungano la casa delle persone se non fisicamente con il consiglio è un elemento fondamentale".L'ha detto Massimo Galli, responsabile di Malattie infettive all'ospedale Sacco di Milano intervenuto a 'Che Tempo che fa' su Rai 2.

"Dobbiamo stare vicino alla gente che sta a casa e che ha una serie di problemi- aggiunge - A me capita di seguire per telefono più di una decina di persone che sono nella mia diretta conoscenza ma anche assoluti sconosciuti che si sono rivolti a me che stanno a casa, che quasi sicuramente hanno l'infezione e che mi chiedono delle indicazioni su come resistere. Lo faccio tutto il tempo che riesco a dedicare ma questo tipo di cose va fatto in maniera più sistematica più allargata, dobbiamo usare la telemedicina".

Coronavirus, Burioni: "Siamo sulla strada giusta"

Roberto Burioni, ordinario di virologia e microbiologia dell'Università San Raffaele di Milano, a 'Che Tempo che fa' ha cercato di cogliere alcuni piccoli segnali positivi: "Dobbiamo avere fiducia perché in questo panorama negativo ci sono dei segni molto interessanti che devono farci capire che siamo sulla strada giusta. Nelle zone dove per primo si è cominciato a stare a casa, il focolaio di Codogno e nell'altra cittadina in Veneto, i contagi sono arrivati a zero. Questo ci fa capire che il virus non si trasmette da solo, siamo noi che lo trasmettiamo e se noi ci impegniamo per non trasmetterlo questo virus non si trasmette più".

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