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Venerdì, 19 Aprile 2024
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Coronavirus, rebus regioni: indagine indipendente mette in dubbio il "liberi tutti"

L'incidenza dei nuovi casi rispetto ai residenti è nettamente superiore in Lombardia, Liguria e Piemonte. Mentre l'Emilia Romagna rischia di sottostimare i casi perché effettua un numero di tamponi inferiore alla media. Tre i possibili scenari

Regioni aperte dal 3 giugno? Una delle decisioni più attese ma anche più complicate da prendere: domani 29 maggio il Ministro della Salute Roberto Speranza valuterà il monitoraggio dei dati del contagio da parte dell’Istituto Superiore di Sanità. Quale sarà il responso? Non tutte le regioni potrebbero avere il via libera o le stesse modalità di riapertura. 

Come dimostrano anche i dati dell'ultimo bollettino la maggior parte dei nuovi contagi è registrato da Regione Lombardia (+384) che rispetto a una settimana fa registra un aumento dei casi a fronte di una minore gravità della condizione dei pazienti. Seguono Piemonte (+73) e Liguria (+39) mentre ben 18 regioni fanno registrare un numero inferiore a 15 positivi e nessun nuovo caso di coronavirus viene segnalto in Marche, Umbria, Valle d'Aosta e Basilicata e Bolzano.

Tuttavia tra le istituzioni e governatori (in particolare del Sud) sembra prevalere un senso comune di massima cautela, nonostante il trend positivo dei dati. Se guardiamo ai dati complessivi della settimana passata sono stati diagnosticati ben 3375 casi di contagio e purtroppo 742 decessi. L'unico vero dato positivo è la costante riduzione del carico su ospedali (-1.895) e terapie intensive (-171) data la minor gravità dei casi frutto anche delle nuove terapie introdotte. 

Ma è arrivato dunque il momento di riaprire tutto e anche i confini regionali? Secondo la fondazione Gimbe e il suo presidente Nino Cartabellotta c'è un problema. Sono infatti notevoli le eterogeneità regionali nell’esecuzione dei tamponi così come è limitata l'affidabilità dell’indice Rt. 

La Fondazione GIMBE ha condotto un’analisi indipendente relativa alla fase 2 nelle varie Regioni utilizzando due indicatori parametrati alla popolazione residente: l’incidenza di nuovi casi e il numero di tamponi “diagnostici”, escludendo quelli eseguiti per confermare la guarigione virologica o per necessità di ripetere il test. Uno degli elementi più di spicco è come l’incidenza dei nuovi casi rispetto ai residenti sia nettamente superiore in Lombardia, Liguria e Piemonte. Mentre l'Emilia Romagna rischia di sottostimare i casi perché effettua un numero di tamponi inferiore alla media.

  • Percentuale di tamponi diagnostici positivi.
    Risulta superiore alla media nazionale (2,4%) in 5 Regioni: in maniera rilevante in Lombardia (6%) e Liguria (5,8%) e in misura minore in Piemonte (3,8%) Puglia (3,7%) ed Emilia-Romagna (2,7%).
  • Tamponi diagnostici per 100.000 abitanti. 
    Rispetto alla media nazionale (1.343), svettano solo Valle d’Aosta (4.076) e Provincia Autonoma di Trento (4.038). Nelle tre Regioni ad elevata incidenza dei nuovi casi, la propensione all’esecuzione di tamponi rimane poco al di sopra della media nazionale sia in Piemonte (1.675) che in Lombardia (1.608), mentre in Liguria (1.319) si attesta poco al di sotto.
  • Incidenza di nuovi casi per 100.000 abitanti.
    Rispetto alla media nazionale (32), l’incidenza è nettamente superiore in Lombardia (96), Liguria (76) e Piemonte (63). Se il dato del Molise (44) non desta preoccupazioni perché legato a un recente focolaio già identificato e circoscritto, quello dell’Emilia-Romagna (33) potrebbe essere sottostimato dal numero di tamponi diagnostici (1.202 per 100.000 abitanti) ben al di sotto della media nazionale (1.343)

Coronavirus, il contagio regione per regione

Si sottolinea che i dati analizzati riflettono quasi interamente le riaperture del 4 maggio, ma non quelle molto più ampie del 18 maggio che potranno essere valutate nel periodo 1-14 giugno, tenendo conto di una media di 5 giorni di incubazione del virus e di 9-10 giorni per ottenere i risultati del tampone.

Coronavirus, contagio non è sotto controllo in tre regioni

A 23 giorni dall’allentamento del lockdown, dunque, la Fondazione GIMBE dimostra che la curva del contagio non è adeguatamente sotto controllo in Lombardia, Liguria e Piemonte: in queste Regioni si rileva la percentuale più elevata di tamponi diagnostici positivi, il maggior incremento di nuovi casi, a fronte di una limitata attitudine all’esecuzione di tamponi diagnostici. In Emilia-Romagna, una propensione ancora minore potrebbe distorcere al ribasso il numero dei nuovi casi.

Secondo Nino Cartabellotta il governo si troverà di fronte a tre possibili scenari.

  1. Il primo, più rischioso, di riaprire la mobilità su tutto il territorio nazionale, accettando l’eventuale decisione delle Regioni del sud di attivare la quarantena per chi arriva da aree a maggior contagio.
  2. Il secondo di compromesso, è quello di mantenere le limitazioni solo nelle 3 Regioni più a rischio, con l’opzione di consentire la mobilità tra di esse;
  3. il terzo, più prudente, di prolungare il blocco totale della mobilità interregionale, fatte salve le debite eccezioni attualmente in vigore.

"In questa difficile decisione – conclude Cartabellotta – occorre accantonare ogni forma di egoismo regionalistico perché la riapertura della mobilità deve avvenire con un livello di rischio accettabile e in piena sintonia tra le Regioni".

"Una decisione sotto il segno dell’unità nazionale darebbe al Paese un segnale molto più rassicurante di una riapertura differenziata, guidata più da inevitabili compromessi politici che dalla solidarietà tra le Regioni, oggi più che mai necessaria per superare l’inaccettabile frammentazione del diritto costituzionale alla tutela della salute".

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