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Venerdì, 29 Marzo 2024
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Coronavirus, tutta la cautela dei virologi e "l'effetto paradosso"

Fabrizio Pregliasco, virologo dell'Università di Milano: "In questa fase dell'epidemia stiamo vedendo quello che si chiama 'paradosso della prevenzione'. Si è persa la percezione del rischio". Il virologo della Emory University di Atlanta Guido Silvestri: "Stiamo andando verso la fine almeno della prima ondata, farsi trovare preparati per la seconda"

Predicano cautela i virologi, lo fanno da febbraio ma in questi giorni il concetto viene ribadito con forza da più parti. C'è tanto da fare. C'è voglia di tornare alla normalità, vogliamo dimenticare la quarantena e il virus, eppure il "rischio è dietro l’angolo". Ci siamo davvero già dimenticati cosa rischiamo? Sì, ed è tutta colpa di un "paradosso" spiega il virologo dell’Università di Milano Fabrizio Pregliasco. “C’è un forte desiderio e bisogno di normalità, è comprensibile, ed è pericoloso”, dice ad askanews il virologo. Nel riaprire altre attività il 18 maggio, come sembra ormai scontato, e non più a giugno, quindi “bisogna valutare il margine di rischio che comunque c’è. Perché è ovvio che ogni contatto è un contatto in cui si rischia”.

“C’è un aspetto tecnico da considerare, con tutte le misure di sicurezza che si devono mettere in atto. Dal distanziamento dei tavoli ad esempio, se si parla di bar e ristoranti, ai dispositivi di protezione, a tutto ciò che i diversi protocolli di sicurezza prevedono. E in ogni luogo di lavoro, il responsabile della sicurezza, l’Rspp dovrà fare una giusta strutturazione, perché in gran parte delle situazioni si possono trovare le modalità tecniche di sicurezza. E’ sempre una questione probabilistica, si può in ogni momento trovare soluzioni e abbassare il rischio, che ovviamente non esclude mai l’eccezionalità di un contagio. Come in Germania quando due colleghi della Webasto si sono passati il sale nella mensa”.

“Poi però - continua Pregliasco - dipende molto dalle responsabilità dei singoli. Bar, ristoranti o parrucchieri dal punto di vista tecnico si possono riaprire. Non possiamo dire no, non possiamo fermarci ma non dobbiamo abbassare il livello di attenzione. Invece è proprio quello che rischia di succedere, ed è normale. Accade sempre in qualsiasi nostra azione, ad esempio quando impariamo a guidare l’auto, all’inizio siamo molto più attenti, poi col tempo ce ne freghiamo perché ci si abitua al rischio. Il rischio più grande è l’allentamento dell’attenzione per l’abitudine al rischio, e non ci deve essere”. Una cattiva abitudine da non prendere, e “la responsabilità è dei singoli”, a Mondello come sui Navigli. Perché “non ci può essere un poliziotto ad ogni angolo della strada, non c’è altro che la responsabilità sociale di ognuno. Insistere con controlli e informazioni sì, per non far abbassare la guardia, ma fondamentale è la responsabilità”.

Purtroppo però in questa fase dell’epidemia stiamo vedendo quello che si chiama “paradosso della prevenzione. Un po come è successo con i vaccini. Il farmaco ti dà questa idea: stavo male e ora sto bene. Invece il vaccino non si prende il merito di tutta la sua azione preventiva. Quando c’era la poliomielite, tutti avevano paura della polio, la vaccinazione l’ha tolta, ora si è persa la paura della malattia e quindi si ritiene che il vaccino non serva. Quello che è successo coi No Vax, quando andavano di moda. E questo è successo con le misure di contenimento. Si è avuto lo stesso effetto di paradosso: le misure di contenimento hanno ottenuto dei risultati, prevenendo i contagi e si è persa la percezione del rischio. E così rischiamo nuove ondate”.

In particolare “gli assembramenti non sono innocenti, aumentano in maniera esponenziale la probabilità di rischio. Chi si accalca in spiaggia o sui muretti non è furbo, fa male potenzialmente a se stesso, ai suoi familiari, non solo agli estranei, alle persone a lui più vicine; poi anche a tutti gli altri, alla comunità in senso lato. Sarà certo fondamentale il monitoraggio e il tracciamento dei casi però l’assembramento ha un effetto moltiplicatorio e il rischio focolaio è esponenziale”. Che bisogna andarci cauti ce lo insegna la Germania, che pure non ha avuto la stessa diffusione del virus: “L’indice di trasmissione era 0,65, hanno riaperto e sono ritornati a 1,1. Una situazione ancora non grave, ma riaprendo velocemente hanno rischiato un po. E’ ancora sotto controllo, ma con R0 1,1 è un rischio all’aumento. In Italia a seconda delle Regioni l’indice è tra 0,5-0,7”. Quindi anche per noi “il rischio è dietro l’angolo”.

 “Sarebbe stato meglio fermarci, dal 18 fare le prime rivalutazioni, poi andare oltre. Il piano di ulteriori aperture dal primo di giugno sarebbe stato più tranquillo. Legittima la richiesta economico-sociale, ma dobbiamo saperlo: dobbiamo stare attenti, potremmo dover richiudere, quanto meno con degli stop diversificati sul territorio”.“Ogni attività che riapre è un rubinetto di contatti. Serve gradualità. Questa non è un Fase 2. E’ una fase 1.5, in realtà è una sperimentazione sul campo di quello che succede. Non c’è una precisione scientifica su cui contare: metto la gente ai tavolini al ristorante o al bar allora aumento di tot i contagi. C’è stata un’accelerazione, comprensibile ripeto, ma dal punto di vista epidemiologico il 18 è un po presto anche perché da quella data si inizierà a capire l’impatto delle aperture iniziali, quelle dal 4 maggio. Quindi, siamo molto già all’arrembaggio. A meno che il virus non si adatti o non determini infezioni meno pesanti. Ma non lo sappiamo ancora”.

Il nuovo coronavirus "ci ha già spiazzato in tanti modi, noi dobbiamo sempre prepararci allo scenario potenzialmente peggiore, per non farci fregare come è successo all’inizio. Dobbiamo prepararci ad evitare il peggio, perché il peggio non ci ricapiti”.

Coronavirus, Silvestri: "Verso fine prima ondata, probabile che ritorni"

Tutti i dati indicano "in maniera molto chiara, sono fatti, non mie opinioni personali, che stiamo andando verso la fine almeno della prima ondata della pandemia" del nuovo coronavirus Sars-Cov-2: lo ha sottolineato il virologo della Emory University di Atlanta Guido Silvestri, in audizione informale al senato, alla Commissione igiene e sanità. La commissione ha avviato una serie di audizioni, sugli aspetti sanitari della Fase 2 dell'epidemia da coronavirus, strategie anti e post-Covid-19. Silvestri ha mostrato tre grafici: uno sull'andamento dei ricoveri ospedalieri, un altro sui ricoveri in terapia intensiva, il terzo sui decessi, spiegando che le curve di tutti e tre indicano che "si sta andando verso la fine della prima ondata".

Con la fine della prima ondata della pandemia in gergo "ci sarà una transizione da pandemia a endemia. Abbiamo uno scenario ottimistico che è quello della sparizione completa del virus, ma in realtà lo scenario più probabile è che il virus in qualche modo si endemizzi ed entri a far parte del gruppo dei numerosi virus respiratori che circolano nella popolazione umana, come i vari virus influenzali, para-influenzali, dei raffreddori, eccetera".

E' però probabile una seconda grande ondata di Sars-Cov-2, una nuova pandemia, il prossimo inverno secondo Silvestri. Il virologo, sempre nell'audizione informale al Senato, ha spiegato: "E' molto probabile che la pandemia ritorni, particolarmente se segue il ciclo stagionale dei coronavirus, quindi che ritorni verso novembre, dicembre, gennaio". E "in quel periodo chi si farà trovare preparato avrà una chance molto più alta di vincere la seconda battaglia contro il Covid19".

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