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Venerdì, 29 Marzo 2024
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Ombre sulle armi italiane all'Arabia Saudita: "Fare chiarezza subito" 

Dall'estate scorsa è in vigore la sospensione delle vendite di armi ad Arabia Saudita ed Emirati Arabi per il coinvolgimento nel conflitto in Yemen, ma lo scorso anno sono state rilasciate nuove autorizzazioni per quasi 200 milioni di euro. Dubbi sulle date esatte, Giorgio Beretta (OPAL) a Today.it: "Le autorizzazioni riguardano anche armi la cui esportazione dovrebbe essere stata sospesa, il parlamento chiarisca"

Più chiarezza sulle autorizzazioni dell'export di armi italiane. Non tutto è chiaro, in base alle informazioni disponibili in questo momento. Procediamo con ordine. Da poco meno di un anno anno è in vigore la sospensione delle vendite di bombe d’aereo e missili verso Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti per il coinvolgimento nella lunga guerra in Yemen: bloccare l'esportazione fino a quando non ci sarà una svolta concreta nel processo di pace yemenita, questo il senso della mozione approvata in parlamento lo scorso giugno. Ma lo scorso anno sono state rilasciate nuove autorizzazioni per quasi 200 milioni di euro e le consegne definitive certificate dalle Dogane hanno raggiunto i 190 milioni di euro verso i due Paesi. Circa 95 milioni di euro consegnati agli altri membri della coalizione a guida saudita. Quasi 25 milioni di euro di controvalore per centinaia di bombe sono stati esportati verso l’Arabia Saudita.

"L’Italia è ancora protagonista negativa dei flussi di armi verso i Paesi coinvolti nel sanguinoso conflitto in Yemen, con altissimo tributo di vittime civili, distruzione di infrastrutture vitali e di un impatto umanitario devastante anche a causa di numerose ed accertate violazioni di diritti umani con possibili crimini di guerra. Una situazione inaccettabile e per la quale chiediamo immediati chiarimenti ed interventi a Governo e Parlamento” fanno sapere da Rete Italiana per il Disarmo e Rete della Pace sui dati emergenti dai documenti ufficiali ormai pubblici.

Dopo aver diffuso nei giorni scorsi in anteprima i dati aggregati, sottolineando la situazione di grave responsabilità nel vedere Egitto e Turkmenistan ai vertici della classifica per nuove autorizzazioni, Rete Italiana per il Disarmo e Rete della Pace sono oggi in grado di analizzare e commentare tutti i documenti della Relazione governativa annuale sull’export di armamenti ex legge 185/90 appena trasmessa al Parlamento (con un grave ritardo rispetto ai termini di legge).

Ci sarà tempo e modo per le valutazioni e analisi dettagliate su tutti gli aspetti che si possono evincere dalle oltre 1.800 pagine di dati diffusi dal Governo, ma già alcune prime valutazioni di una certa gravità sono possibili proprio a riguardo dei Paesi coinvolti nella drammatica situazione dello Yemen. "Non possiamo che valutare molto negativamente i dati che leggiamo nero su bianco nelle pagine della Relazione governativa - commenta Francesco Vignarca coordinatore di Rete Disarmo - perché stiamo parlando di volumi di autorizzazioni e trasferimenti davvero molto alti, nonostante da luglio 2019 sia attiva la sospensione di tutte le licenze relative a bombe e missili d’aereo verso Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti”. Una decisione assunta dal Governo a seguito di una mozione votata alla Camera dei Deputati che sembra però non aver per nulla rallentato gli affari armati verso i componenti della Coalizione saudita.

“Se ci concentriamo sulle nuove autorizzazioni (cioè su quello che dal 2019 in poi è possibile produrre e poi esportare) troviamo l’Arabia Saudita all’undicesimo posto con ben 105,4 milioni di euro e gli Emirati Arabi Uniti al dodicesimo posto con 89,9 milioni” commenta Giorgio Beretta di OPAL Brescia “Se nel secondo caso si tratta di un dimezzamento rispetto al record del 2018, per l’Arabia Saudita c’è invece una rilevante risalita dopo due anni di bassi volumi di licenze”. In tutto quasi 200 milioni di nuove autorizzazioni che almeno dal luglio 2019 non dovrebbero poter riguardare le due categorie già citate di armi. “Visti però i grandi volumi in gioco, in un certo senso inaspettati, chiediamo ora al Governo di chiarire quando tali licenze sono state rilasciate e e per che tipologia di sistemi d’arma. E chiediamo lo stesso anche a riguardo delle forniture reali effettuate nel 2019”, conclude Francesco Vignarca.

I numeri sono molto consistenti, tali dati riguardano le consegne completate nel corso dell’anno e derivanti da autorizzazioni rilasciate negli anni precedenti e destano allarme per il loro impatto. Nel 2019 sono infatti partiti armamenti e munizionamento militare per oltre 96 milioni di euro verso l’Arabia Saudita per oltre 91 milioni di euro verso gli Emirati Arabi Uniti. Alla volta di questi ultimi sono anche stati spediti 25 milioni di euro per “riesportazioni” e 34 milioni di euro per “temporanea esportazione”. Altri due Paesi componenti la coalizione a guida saudita attiva militarmente in Yemen hanno invece ricevuto armamenti per circa 95 milioni di euro (il Kuwait per circa 82 milioni e il Bahrein per 12,5).

"Una sicura protagonista di questi invii di armi è stata la RWM Italia già posta dalle nostre mobilitazioni sotto l’attenzione dell’opinione pubblica e anche della magistratura" dicono Rete Italiana per il Disarmo e Rete della Pace. "Nel 2019 infatti (ci auguriamo prima della sospensione decisa dal Governo) l’azienda ha sicuramente inviato verso l’Arabia Saudita centinaia di bombe della serie MK (parte della mega-commessa di oltre 400 milioni di euro autorizzata nel 2016) per un controvalore di quasi 25 milioni. E’ probabile inoltre la spedizione di molte altre bombe inserite in alcune delle altre licenze rilasciate in anni recenti. Complessivamente le due controllate italiane del colosso tedesco Rheinmetall hanno esportato nel corso del 2019 oltre 210 milioni di euro di armamenti".

A chi vendiamo armi: i grafici dell'export

"Due terzi dei sistemi militari esportati sono destinati a Paesi che non fanno parte delle alleanze politiche, economiche e militari dell’Italia, come l'Ue e la Nato – dice a Today.it Giorgio Beretta, analista dell’Osservatorio sulle armi, OPAL di Brescia. In gran parte sono diretti in Africa settentrionale e Medio Oriente, la zona di maggior tensione nel mondo. Questo dimostra, ancora una volta, che i prodotti della cosiddetta 'industria della difesa' servono molto poco alla difesa comune. Anzi spesso sono forniture militari che sostengono regimi autoritari e repressivi e alimentano conflitti contribuendo all'instabilità di intere regioni. Negli ultimi anni il parlamento ha dedicato scarsissima attenzione all'esame della Relazione governativa: è ormai improrogabile un esame approfondito delle esportazioni di sistemi militari, noi siamo disponibili per audizioni".

C'è anche un altro aspetto di tutta la vicenda su cui è doveroso tornare e che va analizzato con un po' di attenzione supplementare. Lo scorso anno l’Autorità nazionale UAMA (Unità per le autorizzazioni dei materiali di armamento) incardinata presso il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale (MAECI) ha rilasciato 57 nuove autorizzazioni all'esportazione di materiali bellici a due Paesi della coalizione militare coinvolti nei bombardamenti in Yemen: l'Arabia Saudita (10 autorizzazioni del valore complessivo di oltre 105 milioni di euro) e gli Emirati Arabi Uniti (47 autorizzazioni per quasi 90 milioni di euro).

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"Si tratta di autorizzazioni – dice a Today.it Giorgio Beretta – che comprendono anche bombe, siluri, razzi e missili (le tabelle che pubblichiamo poco più sotto lo dimostrano, ndr) la cui esportazione sarebbe sospesa a seguito della mozione approvata in parlamento. Singolarmente, invece, non solo UAMA e MAECI non riportano la data del rilascio di queste autorizzazioni, ma nemmeno fanno menzione della mozione approvata dal parlamento che, a partire dallo scorso luglio, ha sospeso “le esportazioni di bombe d’aereo e missili che possono essere utilizzati per colpire la popolazione civile” verso l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti “sino a quando non vi saranno sviluppi concreti nel processo di pace con lo Yemen". 

"E' urgente un chiarimento in parlamento e invitiamo i partiti a presentare specifiche interrogazioni" ci dice l'analista di OPAL. Serve maggiore trasparenza sulle date esatte delle autorizzazioni del 2019, è evidente. Il diavolo è nei dettagli.

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