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Venerdì, 19 Aprile 2024
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Migranti, il grido d'aiuto di Sea Eye: "Aiuto, cibo e acqua stanno finendo"

L'ong chiede di poter far sbarcare i 64 migranti a bordo della nave Alan Kurdi: "La situazione medica potrebbe deteriorarsi rapidamente"

Sea Eye lancia un appello per consentire lo sbarco dei 64 migranti che si trovano tuttora a bordo della nave Alan Kurdi: "Le scorte di cibo e acqua si esauriranno a breve e la situazione medica potrebbe deteriorarsi rapidamente una volta che la tempesta prevista arriverà. Esortiamo pertanto gli Stati membri europei ad agire in nome dell'umanità e nel rispetto dei diritti umani. Gli accordi ad hoc non sono un approccio sostenibile e non possono essere stipulati sulla pelle di 64 persone che sono appena scampate alla morte e all'annegamento. Il salvataggio delle persone in difficoltà dovrebbe essere effettuato indipendentemente dalle agende politiche dei singoli Stati. Tuttavia -viene rilevato- sembra che la soluzione alla nostra situazione possa essere solo politica".

"Siamo diventati dipendenti -prosegue Sea Eye- dai negoziati tra gli Stati membri dell'Unione europea e ciò rappresenta una inaccettabile distorsione e violazione del diritto applicabile alle operazioni SAR. Questa posizione, dove si rischia di essere arrestati se si segue la legge e si fa ciò che è giusto, mentre si è costretti a prolungare la sofferenza delle persone facendo ciò che gli Stati richiedono, ci fa soffrire".

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A causa del ritardo nello sbarco, "le persone salvate devono sopportare condizioni insostenibili. Parte di loro deve dormire all'aperto sul ponte della nave ed è esposta al vento, alle onde e al freddo. Si avvicina una tempesta che metterà in grave pericolo le persone a bordo. La maggior parte delle persone soccorse è in condizioni fisiche fragili dopo la fuga e le condizioni estreme nei campi di detenzione libici", denuncia Sea Eye.

"Molti soffrono il mal di mare, il che li debilita ancora di più. Oltre alle condizioni fisiche -fanno notare da Sea Eye- preoccupa anche lo stato psicologico di molte persone. Abbiamo a bordo una donna che è stata venduta, ha dovuto lavorare in un bordello ed è stata torturata quando si è rifiutata. Questa donna ha bisogno di un immediato sostegno psicologico e non dovrebbe essere sottoposta a ulteriore stress dovuto dal ritardo nello sbarco".

"La Libia non è un porto sicuro"

"Torture, schiavitù e violenze sessuali: i migranti in Libia sono esposti a danni irreparabili. Il Paese non può essere considerato un posto sicuro in nessun caso, in particolare alla luce dei recenti sviluppi politici che fanno propendere a una situazione di guerra civile. E' chiaro che un porto sicuro sulla costa nord della Libia non può che essere una menzogna". E' quanto ha detto Carlotta Weibl, portavoce internazionale di Sea Eye, ospite di un evento organizzato da Mediterranea Saving Humans a Roma, riferendo della dinamica dei fatti quando il 3 aprile scorso 64 persone sono state salvate a largo della Libia.

"Sappiamo bene - ha spiegato Weibl -che in Libia migranti e rifugiati non hanno accesso a procedure di asilo e non hanno nessun tipo di protezione dei loro diritti umani". Per questo motivo l'Organizzazione ha puntato verso Lampedusa. Ma le procedure sono state rispettate: la guardia costiera libica "sembrava essere fuori servizio" e il Centro di coordinamento di Tripoli "non rispondeva", così "è stato chiesto un porto sicuro ai centri di coordinamento per i soccorsi di Roma e La Valletta".

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