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Giovedì, 28 Marzo 2024
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Coronavirus, qual è la vera sfida per gli ospedali italiani in vista dell'autunno

"Prepararsi al peggio anche se non dovesse materializzarsi". Luca Guatteri, primario di terapia intensiva a Erba (ospedale modello nell'emergenza), illustra la preoccupazione di non farsi cogliere impreparati da un eventuale replay dell'epidemia, in autunno

Sono stati mesi durissimi, ma le sfide non sono ancora finite. Tutt'altro. Il coronavirus circola ancora, e lo sanno benissimo i medici. Fiducia quindi, ma cautela. E sul rischio di una seconda ondata in autunno non è possibile avere certezze. Rassicurare i parenti che nessun paziente sarebbe stato abbandonato a se stesso, non portare il virus a casa, riuscire a limitare al massimo il contagio del personale sanitario e poi la difficoltà di reperire medici e infermieri, la capacità di fare network: la preoccupazione di non farsi cogliere impreparati da un eventuale replay dell'emergenza, in autunno. Luca Guatteri, primario della Terapia intensiva e Rianimazione dell'Ospedale Sacra Famiglia - Fatebenefratelli di Erba (Como) parla con Askanews di questi mesi drammatici. "La nostra Terapia Intensiva è ormai da qualche anno una Terapia Intensiva "aperta" e quindi tutta l'equipe medico-infermieristica ha l'abitudine al confronto costante con i parenti: in questi mesi ci siamo dovuti abituare a comunicazioni telefoniche spesso drammatiche in merito alle condizioni cliniche dei degenti. Abbiamo dedicato svariate ore al giorno per informare telefonicamente i parenti cercando di rassicurarli che nessun paziente veniva abbandonato a se stesso".

"Se mi chiede - continua - quale sia stato l'aspetto peggiore di questa pandemia, non ho dubbi a risponderle che è stato sicuramente questo: l'impossibilità di far entrare in reparto i parenti, parlare con loro di persona e fargli visitare i propri cari. A tutta la fatica fatta giorno per giorno in ospedale, di cui peraltro ci accorgiamo solo ora, va aggiunta la paura di non portare il virus con noi fuori dall'ospedale e quindi a casa con i nostri cari".

Il reparto dell'Ospedale Sacra Famiglia - Fatebenefratelli di Erba (Como) è stato tra quelli con il tasso più basso di contagi tra i sanitari. Come è stato raggiunto questo straordinario risultato? "E' stato possibile grazie a due fattori determinanti: la disponibilità di DPI e l'attenzione manicale al loro utilizzo. Il rifornimento costante di maschere, camici, visiere è stato frutto del lavoro di tutta le persone che il nostro Ente ha dedicato al costante, seppur estremamente difficoltoso, approvvigionamento, sia nella sede centrale che qui a Erba e alla generosità di tante persone che hanno donato sia economicamente che direttamente i presidi. La comunità di Erba e dintorni si è attivata per il "suo" Ospedale e noi non possiamo che essere grati a tutte queste persone" sottolinea.

L'Ospedale di Erba si è adoperato per entrare a far parte di studi multicentrici che sperimentavano l'utilizzo di farmaci dedicati, in epoca pre-pandemica, alla cura di altre patologie compresa tra le altre l'ozono-terapia. La carenza di medici ed in particolar modo, la carenza di specialisti in Anestesia e Rianimazione, è stata ed è ancora un problema reale. La pandemia ha dato vita ad un vero e proprio network di Terapie Intensive lombarde. Per l'immediato futuro, osserva Guatteri, "il nostro compito è di non farci trovare impreparati: stare all'erta e preparaci al peggio anche se questo non dovesse materializzarsi. Dobbiamo mantenere alta l'attenzione sullo screening dei pazienti che giornalmente accedono in Ospedale per prestazioni ambulatoriali, prelievi o ricoveri per interventi chirurgici. La pazienza che chiediamo all'utenza è finalizzata a garantire la protezione di tutti. L'Ospedale di Erba ha completamente atteso le indicazioni di Regione Lombardia nel garantire percorsi separati e screening dei Pazienti. Posso dire orgogliosamente che grazie al lavoro di tutti, ad oggi, non abbiamo documentato neanche un caso di pazienti che hanno contratto l'infezione all'interno dell'Ospedale".

Seconda ondata coronavirus, Sileri: "Abbiamo imparato a difenderci"

"Nessuno di noi può dire con certezza se ci sarà una seconda ondata di Covid19" ma se sarà così "abbiamo imparato a difenderci", lo ha ricordato il viceministro alla Salute Pierpaolo Sileri. "Se per seconda ondata pensiamo che ci saranno 1000 morti al giorno sbagliamo. Significherebbe tornare indietro di molti mesi dimenticandoci di tutto quello che oggi sappiamo. In autunno virus può prendere vigore ma se siamo riusciti a contenerne la diffusione perché oggi dovrei pensare che nel mese di ottobre improvvisamente ci possa essere il rischio di 1000 morti al giorno?" ha sottolineato infatti il viceministro a Radio 24.

"Abbiamo imparato a difenderci, a stare più lontani, il virus esiste ma lo sappiamo contenere, fa parte delle malattie, nei libri di medicina c'è una malattia in più. Quando finirà? Quando ci sarà il vaccino" ha aggiunto Sileri che ha ricordato anche l'importanza di contenere i nuovi focolai e i contagi provenienti dall'estero. "Per me andrebbe fatto il tampone a chi arriva da extra-Schengen con quarantena breve di 5 giorni, poi tampone di controllo e via. Altrimenti il turismo ne risente troppo" ha dichiarato, aggiungendo invece che "Abituiamoci a test e tamponi su larga fetta della popolazione, unica via fino a quando il virus circolerà".

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