Dal 3 dicembre all’interno dell’Ue è stato rimosso il geoblocking ed è quindi possibile fare acquisti online in tutti i Paesi dell’Unione europea senza essere più bloccati perché non si risiede nello stato del venditore o perché si effettua il pagamento con una carta bancaria straniera.

Si potrà accedere ai siti di marchi e aziende senza essere reindirizzati al sito di quello stesso marchio o azienda relativo al Paese di appartenenza del potenziale acquirente online. Marchi e aziende non potranno quindi più rifiutarsi di vendere le offerte promozionali presenti su una delle loro pagine nazionali a persone che si collegano da altri Paesi.

Il geoblocking era applicato dal 63% dei siti, secondo quanto ha affermato, sulla base di dati del 2015, il vicepresidente della Commissione Ue per il mercato unico digitale Andrus Ansip. Di conseguenza, ha spiegato «due terzi dei consumatori che volevano fare acquisti online all'estero non hanno potuto farlo». Il geoblocking coinvolgeva il 79% dei portali specializzati in rivendita di dispositivi hardware, il 73% di siti di rivendita di software e videogame ed il 65% delle pagine di e-commerce per abbigliamento e calzature.

Il geoblocking è abolito per 3 specifiche ipotesi, in base al regolamento 302/2018 della Commissione europea: quando si prevede la vendita di un prodotto senza consegna fisica (non si può impedire a un utente di fare acquisti su un sito straniero se è disposto a organizzare da solo la consegna), quando si compra un servizio online e quando si acquista un servizio offerto in una location specifica.

Ad oggi, solo il 19% degli acquirenti online compra in un altro Paese della Ue tramite web e solo il 9% delle aziende europee vende oltre i confini dello Stato europeo di appartenenza.

Nel 2018 l’e-commerce nella Ue dovrebbe toccare i 602 miliardi di euro, in crescita del 13% rispetto all’anno scorso.