Il lavoro nero nel 2015 ha registrato una diminuzione, secondo quanto emerso da ispezioni a campione disposte dal Ministero del Lavoro su migliaia di imprese, ma nonostante il Jobs Act l’abbia parzialmente disincentivato (consentendo di non pagare i contributi previdenziali per i primi 3 anni di lavoro), resta tuttora ampiamente diffuso.

Sono 1,86 milioni i lavoratori in nero in Italia nel 2015, circa  200mila in meno del 2014. Su 206.080 aziende controllate nel 2015, sono state scoperte irregolarità in 136.028, cioè circa 2 su 3. "Ogni 3 aziende controllate - spiegano i consulenti del lavoro - è stato scoperto un lavoratore sconosciuto alle Autorità".

Le aziende iscritte alla Camera si commercio sono più di 6 milioni e dunque comparando quanto emerso dalle ispezioni coi dati forniti da Ministero del Lavoro, Inps e Inail nonché da Unioncamere, si stima che a livello nazionale nel 2015 il lavoro completamente sommerso abbia coinvolto 1,86 milioni di persone.

I lavoratori totalmente in nero scovati sono 64.775 mentre altri 182.523 sono risultati non completamente in regola. "Ogni 3 aziende controllate dagli ispettori del Ministero del Lavoro, Inps e Inail - riferiscono ancora i consulenti - è stato riscontrato un lavoratore completamente in nero (ogni 3,18 aziende), un dato in lieve miglioramento sul 2014 (2,8)".

L’economia sommersa ha causato 25,12 miliardi di mancato gettito in termini di contributi Inps e Inail e imposta sul reddito. A fronte di un valore di 40,6 miliardi dell’economia sommersa, infatti, il mancato gettito previdenziale ammonterebbe a 14,2 miliardi, il mancato introito nelle casse dello Stato per Irpef sarebbe di circa 9 miliardi, il mancato gettito delle addizionali sarebbe di 0,77 miliardi e il mancato gettito Inail sarebbe di 1,09 miliardi. Le ispezioni hanno consentito di recuperare solo 1,28 miliardi.