Malattia sociale al pari del fumo, come lo considerano vari enti pubblici, tassa sui poveri, come lo giudicano i più disincantati, o soluzione ad un Paese che non cresce e non offre possibilità, come sembrano pensare molti cittadini, il gioco d’azzardo è sempre più diffuso tra gli italiani.

Dal 2007 al 2017 le puntate sono più che raddoppiate (+142,4%), passando da 42 miliardi a 101,8 miliardi, secondo i dati forniti dall'Aams ed elaborati dall’Adnkronos. Anche negli anni della crisi, che hanno costretto le famiglie a rinunciare a molte cose, il settore sembra non aver risentito in modo particolare della minore disponibilità economica, registrando incrementi a 2 cifre fino al 2012. Nei 2 anni successivi c'è stato una frenata ma, già a partire dal 2015, la corsa della raccolta è ripresa, anche se con un ritmo più moderato.

Le vincite sono aumentate anche più delle puntate (+193,3%), passando da 28,2 miliardi a 82,7 miliardi. L'incremento è frutto anche di una rideterminazione della quota che torna in mano ai giocatori, attraverso le vincite, che è passata dal 67,2% del 2007 all'81,2% dello scorso anno. Mentre la spesa, cioè la differenza tra le somme giocate e quelle vinte, è scesa dal 32,8% al 18,9%.

Dal 2007 giocatori hanno speso 13,8 miliardi, l’erario ne ha incassati 7,4 mentre i restanti 6,4 miliardi rappresenta il fatturato degli operatori del settore. Dei 42 miliardi di euro giocati nel 2007 la quota andata allo Stato è risultata pari al 17,6%, mentre 10 anni dopo è scesa al 10,1%; la quota andata agli operatori invece è passata dal 15,2% della raccolta del 2007 all'8,8% di quella del 2017. Di conseguenza l'incremento delle somme riscosse attraverso la tassazione è stato meno consistente, rispetto alla raccolta e alle vincite, arrivando lo scorso anno a 10,3 miliardi (+39,2%). E anche la quota per gli operatori, che nel 2017 si è fermata a 8,9 miliardi, ha segnato una crescita più contenuta (+41,3%).