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Sabato, 20 Aprile 2024
Asso di denari

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A cura di Carlo Sala

Il terremoto di Amatrice sconquassa anche i conti pubblici

Flessibilità è la formula che il governo italiano recita come un mantra per fare fronte ai costi della ricostruzione delle cittadine colpite dal terremoto nelle prime ore del 24 agosto. Ma i margini per recuperare risorse con il consenso dell’Unione europea e senza gravare ulteriormente i cittadini italiani sono alquanto ristrette. E le difficoltà per la ricostruzione non si limitano al reperimento delle risorse.

In Italia restano in vigore 6 accise sulla benzina dovute a disastri: una quindicina i sovrapprezzi praticati sui carburanti, a partire dal terremoto sul Vajont ne sono stati introdotti appunto 6 per sostenere interventi di ricostruzione. Per la cronaca il Vajont è datato 1963, la relativa accisa sarà in vigore fino al 2028 (65 anni dopo la sciagura).

Il Fiscal Compact ammette deroghe condizionate in caso di disastro naturale alle ordinarie regole di buona gestione dei conti pubblici. La gestione contabile può essere più flessibile (cioé lasca) nel caso in cui eventi catastrofici abbiano ripercussioni sull’intera economia del Paese colpito, nel caso cioè in cui la sciagura abbia interessato un territorio ampiamente industrializzato (o comunque produttivo) in misura tale da compromettere il Pil dell’intero Paese. Nelle aree disastrate le attività economiche prevalenti sono turismo ed agricoltura/allevamento, le possibilità di ottenere deroghe al Fiscal Compact dipendono tutte dalla capacità del governo di persuadere Bruxelles che i danni subiti da quelle attività sono tali da minacciare le prospettive economiche di tutta Italia.

Terremoto, sfollati nelle tendopoli (Ansa)

Il nuovo codice degli appalti attende ancora 40 regolamenti attuativi che diano seguito alle norme entrate in vigore pochi mesi fa. Mentre diverse autorità hanno subito enfatizzato la necessità di fare bene (cioè legalmente, secondo i propositi perseguiti proprio dal nuovo codice) nel procedere alla ricostruzione, il problema resta quello di fare, perché mancano ancora le misure per implementare e rispettare la legge.

Per la ricostruzione ci sono ad oggi 234 milioni più altri 50: i primi sono la somma disponibile presso il Fondo Emergenze del Ministero dell’Economia e delle Finanze, i secondi sono quelli preannunciati dal premier Matteo Renzi senza meglio precisare da dove arriveranno.

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