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Martedì, 16 Aprile 2024
Casa Nostra

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A cura di Walter De Cesaris

Sfratti: un bollettino di guerra

Sono stati pubblicati i dati sull’andamento degli sfratti in Italia nel corso del 2013 e sono sconvolgenti: sono state emesse più di 73mila nuove sentenze di sfratto, di cui oltre 65mila per morosità. Le richieste di esecuzione forzata attraverso gli ufficiali giudiziari (riferite a sentenze emesse negli anni precedenti) sono state quasi 130mila, più di 31mila, infine, gli sfratti eseguiti con la forza pubblica.

Tradotto in termini concreti: ogni giorno lavorativo ci sono 333 sentenze di sfratto, 558 interventi di ufficiali giudiziari per eseguire uno sfratto, 143 famiglie vengono messe sul marciapiede dagli agenti di polizia, senza che, nella stragrande maggioranza dei casi, vi sia un intervento pubblico per consentire una soluzione alloggiativa alternativa.

Negli ultimi 3 anni, le sentenze di sfratto sono state 205.021, nei tre anno precedenti (dal 2008 al 2010) furono circa 157mila: gli sfratti nel triennio sono cresciuti in totale di circa 50mila sentenze. Prendendo come base gli sfratti emessi nel 2003 (10 anni prima) abbiamo il doppio del totale degli sfratti emessi e il triplo per morosità.

E’ cambiata radicalmente, rispetto a 10 anni fa, la geografia degli sfratti: non si tratta più di un fenomeno legato alle grandi aree urbane ma interessa allo stesso modo, in relazione agli abitanti, grandi, medi e piccoli centri, con una concentrazione degli sfratti per morosità, fortemente collegata ai processi di dismissione industriale e di crisi occupazionale. C’è, quindi, una connessione diretta tra crisi economica, disoccupazione e sfratti per morosità.

Si dirà che il governo Renzi ha appena fatto approvare dal Parlamento un decreto sul disagio abitativo e che le cose miglioreranno. E’ una bugia grande e grossa. Quel provvedimento non affronta minimamente il problema sfratti né quello del disagio abitativo perché non dà risposta alle due domande fondamentali della sofferenza abitativa in Italia: 700 mila famiglie che avrebbero diritto a una casa popolare che non hanno risposta e un livello degli affitti privati incompatibile con i redditi falcidiati dalla crisi.

Dal dramma degli sfratti non si esce senza un nuovo intervento pubblico come fu, subito dopo la guerra, con il cosiddetto “Piano Fanfani”. Solo che si deve fare senza nuova cementificazione e, quindi, attraverso il recupero e il riuso a fini della residenza sociale del patrimonio immobiliare esistente, a partire da quello pubblico non utilizzato, che è enorme.

In questa situazione di drammatico avvitamento, risulta, infine, politicamente criminale che il governo, dopo 8 mesi dal suo varo, ancora non renda operativo il fondo per la morosità incolpevole istituito da una legge approvata alla fine dell’estate dello scorso anno. Non era questo il governo della lotta ad oltranza contro la burocrazia? O questa lotta non vale quando è in gioco il destino dei poveri?

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