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Venerdì, 19 Aprile 2024
Cronache marziane

Cronache marziane

A cura di Rossella Lamina

Memorie inconfessabili. 5 – Caccia grossa ai politici

La tregua è finita. Romani e turisti, tornate in allerta se camminate attorno ai “palazzi del potere”:  è di nuovo alto il rischio di rimanere ‘asfaltati’ dalle torme dei giornalisti in corsa, che braccano ministri, parlamentari e varia fauna politica in una caccia senza sosta – e spesso senza senso.

Per qualche giorno si è potuto passeggiare in santa pace fra piazza di Monte Citorio e piazza Colonna. Il composito parterre che tallona  la politica – fatto da operatori dell’informazione,  intrattenitori, emuli di Paolini e imitatori-cloni (cloni di altri cloni?)  - bivaccava fra largo del Nazareno e il Quirinale.

Ma adesso che  “è iniziata l’era Renzi”, che il nuovo premier ha prestato giuramento, con “sorrisi che contagiano anche il capo dello Stato” (non è un cinegiornale del ventennio, ma un tg RAI citato alla lettera), la caccia grossa sta per ricominciare.

Per praticarla, ci vuole un fisico bestiale. Non è come la caccia agli “sfigati” , che si esercita telefonando comodamente seduti in redazione: servono forze fresche, fiato e allenamento - superati gli “anta”, si arranca a fatica dietro alla selvaggina in fuga.

Quando chiamo quei giovani cronisti da corsa, magari per dirgli che intorno al “Palazzo” manifestano esodati o senza casa,  voci affannate mi rispondono: “Sì….(puff, pant)…Ti ringrazio… (gasp) ma devo star dietro a Tizio e Caio che sono usciti adesso dal conclave.…(aargh!) ”.  Sob -  penso io - combattuta fra il disappunto per i lavoratori e i senza casa, indegni di venire raccontati a meno che non compiano azioni clamorose;  il cruccio per la salute di quei poveri colleghi  (nonché dei cameramen e fonici che galoppano con loro)  ed una  -  molto fugace - compassione persino verso i politici, che manco un caffè si possono gustare fuori dalle segrete stanze senza che si materializzi qualcuno a farglielo andare di traverso.

Così, più che “cani da guardia del potere”, i giornalisti sembrano levrieri da cinodromo, dove –  lo si sa già – la lepre è una sagoma meccanica. Infatti raramente vanno a segno le domande poste nel corso di quegli inseguimenti, fatte con i microfoni sbattuti sotto ai nasi o infilati dentro a portiere d’auto blu. I politici più compassati sgusciano via, augurando un distaccato “buon lavoro”; quelli più sanguigni mandano al diavolo, mostrandosi pronti ad acciaccare piedi e dare gomitate sulla faccia.

Dunque, sul piano dell’informazione, si ottengono insuccessi ricorrenti e prevedibili, che fanno interrogare sul senso di questo giornalismo, apparentemente “d’assalto”, ma che sembra non volere veramente le risposte. Anzi, più che altro, sembra teso a evidenziare la fuga in sé degli interlocutori, il loro sottrarsi ad un confronto, mettendoli a una berlina che però non impressiona più nessuno.

I riferimenti di questo stile, ormai dominante nei programmi tv,  non sono il Michael Moore di Roger and me, strepitoso documentario del 1989  in cui la questione fra l’autore e Roger B. Smith, amministratore delegato della General Motors che nella sola città di Flint mise sul lastrico circa 50.000 lavoratori, è profondamente politica e personale insieme (Moore è figlio di operai della GM e cittadino di Flint), tale da rendere  narrativamente necessario il continuo tallonamento del Roger in questione, col suo sottrarsi ad un confronto sui misfatti compiuti.

Il modello a cui si ispirano i giornalisti-corridori sembra invece quello dei programmi nostrani di intrattenimento o infotainment (come Striscia la notizia o le Iene), che se all’inizio sono andati ad occupare uno spazio lasciato vuoto da un giornalismo sempre troppo riverente nei confronti dei potenti, nel tempo hanno rafforzato il taglio scandalistico, prendendo anche delle belle cantonate (caso Stamina docet).

È un dato di fatto che, in ogni luogo, la classe politica e quella imprenditoriale non amano dare conto del proprio operato rispondendo alle domande scomode. Come pure è vero che in Italia la chiusura verso chi fa per davvero giornalismo negli ultimi anni si è incrudita, toccando vertici di arroganza inimmaginabili in altri paesi democratici - dove  il ruolo di “cani da guardia” del potere rientra quantomeno in un consolidato gioco delle parti.

 “Chi non ha testa, ha gambe!”, ci ripeteva da piccoli qualche immancabile zia pedante. Ma se le gambe non sono sufficienti a inseguire chi sfugge a bordo di una smart, il problema non si risolve cavalcando una moto da pista per raggiungerlo.

È un mondo molto, molto strano…

Memorie inconfessabili. 5 – Caccia grossa ai politici

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