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Venerdì, 29 Marzo 2024
Cronache marziane

Cronache marziane

A cura di Rossella Lamina

L’utopia ninfomane dei critici danesi

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Immaginate i membri di un importante premio cinematografico che si fanno fotografare in posa da estasi orgasmica. Immaginate poi che tutti quegli scatti vadano a comporre un mosaico collettivo sul sito ufficiale dello stesso premio. Accade ora in Danimarca e ha molto a che vedere con la prima natalizia di Nymphomaniac, il nuovo film di Lars Von Trier atteso il 25 dicembre a Copenaghen.

I signori e le signore che vedete ritratti in questo post sono i responsabili del Premio Bodil, il prestigioso riconoscimento che la Danske Filmkritikere, associazione della critica cinematografica danese, assegna ogni anno a filmmakers, attori, professionisti del cinema sia nazionale che internazionale, nella fiction e nel documentario. Fra i più antichi premi cinematografici europei (risale al 1948) ed intitolato a due icone del cinema scandinavo - le attrici Bodil Ipsen e Bodil Kjer - Il premio è improntato alla valorizzazione del prodotto d’autore.

Volendo cercare un equivalente italiano, il Bodil  potrebbe essere un po’ una sintesi fra i Nastri d’argento, assegnati dal Sindacato Nazionale Giornalisti Cinematografici Italiani, la Settimana della Critica a Venezia, curata dal Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani, ed il David di Donatello, dell’Accademia del Cinema Italiano. Sulla home page del premio Bodil campeggia l’immagine in questione. In cima ad ogni ritratto c’è il nome del critico e della testata per cui scrive: quotidiani a tiratura nazionale fra i più letti in Danimarca o riviste specializzate sui temi del cinema e dei media.

L’ iniziativa dei critici danesi non si mette a fuoco se non confrontandola con la locandina scandalo del nuovo film di Lars Von Trier, in cui tutti gli attori di Nymphomaniac sono ritratti in analoghe pose orgasmiche. Ed è un cast di quelli “stellari”: si va dalla protagonista Charlotte Gainsburg ad Uma Thurman, da Willem Dafoe a Christian Slater, configurando questo film come il primo porno della storia interpretato da attori del cinema mainstream - anche se le scene hard sono state affidate ad un “cast parallelo” di professionisti del genere X Rated. Il film, che narra in 8 capitoli la vita sessuale di una donna dalla nascita ai cinquant’anni, esiste in 2 versioni tutte di durata consistente: una per le sale di 4 ore (divisa in due parti) ed una “director’s cut” di 5 ore e mezza, che sarà proiettata fuori concorso al prossimo festival di Berlino.

Già prima di uscire Nymphomaniac è diventato un caso. La data  stessa scelta per la prima assoluta è coerente con il gusto della provocazione che caratterizza la carriera di Von Trier. Nel nostro paese - dove per natale ci scodelleranno ancora “cinepanettoni” - Nymphomaniac ha richiamato l’attenzione soprattutto perché privo di una distribuzione, tanto da suscitare una petizione in rete per chiederne l’importazione anche per le sale italiane. Pare proprio che i nostri spettatori, arcistufi di vedersi trattati come minus habens, comincino a rivendicare i diritti acquisiti con la maggiore età. Pare anche che, alla fine, una società in grado di sobbarcarsi il rischio di distribuire da noi l’anomala pellicola sia spuntata fuori  (si parla della Good Films di Ginevra e Lapo Elkan: noblesse oblige…)

Ora, chi ha presente i lavori precedenti di Von Trier nutre il fondato sospetto che Nymphomaniac sarà in realtà molto distante dalle aspettative suscitate. Basta guardare alcuni degli estratti dal film messi in rete dalla produzione Zentropa per rendersi conto che questo autore  (per me un erede vivente del cinema rigoroso e del tutto protestante del suo conterraneo Dreyer), userà la rappresentazione del sesso per parlarci di altro. “Rigorously unsexy”, è stato l’attendibile commento di Xan Brooks, critico del Guardian, dopo la proiezione stampa. Insomma, è molto probabile che sul fronte eros poco ci sarà da divertirsi…

Chi invece senza ombra di dubbio si diverte sono i critici del premio Bodil, che con la loro sorprendente iniziativa della “locandina parallela” dimostrano non solo un delizioso senso dello humour ma compongono un’autorappresentazione della propria categoria da cui c’è soltanto da imparare.

Intanto sdrammatizzano le attese attorno all’imminente uscita di Von Trier, relazionandosi in modo giocoso con quello che  - volente o nolente, amato od odiato che sia - rappresenta l’autore di punta del cinema danese. Gli mostrano affetto e complicità prendendolo al tempo stesso un po’ per i “fondelli”. E contemporaneamente prendono in giro anche se stessi, esponendo le proprie facce e le parziali nudità ai premiati passati e futuri,  ai loro lettori sui giornali come a tutto il mondo del cinema, compreso quello della critica e delle serissime istituzioni cinematografiche danesi (di proprietà statale). Come a volerci dire: “Siamo seri, non prendiamoci troppo sul serio!”. Una presa di posizione netta riguardo alla propria stessa funzione  di “premiatori”, priva di qualunque aura sacrale e paludata, come testimonia questa loro dichiarazione:

Si potrebbe pensare che ce ne stiamo chiusi nelle nostre torri d’avorio, osservando dall’alto il panorama dei film con occhi critici e senza divertirci. Ma, esattamente come chiunque altro, anche noi ci eccitiamo per delle esperienze cinematografiche forti – e non abbiamo paura di condividere con tutti quanti voi la nostra eccitazione!

Vi immaginate - tanto per citare dei possibili corrispettivi nostrani - Gianluigi Rondi  (Accademia David di Donatello, eterno presidente), Laura Delli Colli (presidente SNGCI) o Franco Montini (presidente SNCCI) in una foto simile? Io, per quanto mi ci sforzi, proprio non ci riesco…

L’utopia ninfomane dei critici danesi

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