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Venerdì, 19 Aprile 2024
Cronache marziane

Cronache marziane

A cura di Rossella Lamina

Torino Film Festival: Loach e Mazzacurati, a ciascuno il suo…premio

Non smette di stupire il cinema italiano: Carlo Mazzacurati, da poco insignito del premio alla carriera dal Torino Film Festival 2013, si dichiara pronto a ritirare anche il “Gran Premio Torino” rifiutato l’anno scorso da Ken Loach. Scherza Mazzacurati, però aggiunge: “Sono certo che se Loach avesse saputo che tipo di umanissima rassegna è questa, non avrebbe mai fatto quella sgarberia”. Parole che fanno sembrare equivalenti la “cattiva educazione” e l’atto di solidarietà verso dei lavoratori licenziati compiuto da Loach.

Un breve riepilogo della vicenda: designato a ricevere il “Gran Premio Torino” edizione 2012,  per gli alti valori morali della sua opera, Ken Loach viene contattato da un gruppo di lavoratori licenziati da una cooperativa appaltatrice (la Rear) del Museo Nazionale del Cinema, ente che gestisce anche il Torino Film Festival. Dopo aver approfondito  la vertenza, Loach chiede alla Direzione del Festival ed al management del Museo di avviare almeno un dialogo con i lavoratori ed il loro sindacato. In assenza di risposta da coloro  che – a ragione -  considera i primi datori di lavoro dei licenziati, Loach decide infine di rifiutare il premio, suscitando il livore e l’esecrazione compatta di quasi tutto il cinema italiano. Ettore Scola, altro insignito alla carriera nell’edizione 2012, durante la cerimonia lascia il suo premio nelle mani del sindaco Fassino, con l’auspicio di venirlo a ritirare a vertenza risolta.

Ad oggi non si è affatto conclusa la vertenza degli ex lavoratori della Rear, che hanno continuato la battaglia andando anche a manifestare sia durante la conferenza stampa di lancio del TFF 2013, sia alla serata di inaugurazione dello stesso festival. Il direttore artistico di quest’anno, Paolo Virzì, avrebbe assunto l’impegno ad un incontro che ancora non si è concretizzato.  L’ombra del “gran rifiuto” di Loach pesa ancora sul Torino Film Festival.

Se dunque l’intento delle dichiarazioni di Mazzacurati sia stato quello di alleggerire il peso di quell’ombra (a dir il vero con ironia poco riuscita) chiosare poi: “La mia impressione è che gli siano stati raccontati male gli avvenimenti e che lui non abbia avuto la possibilità di ascoltare le due campane” appare, quantomeno, una sottostima dell’intelligenza e della sensibilità di un regista come Loach. Il quale – è il caso di ricordarlo –conosce bene questo “festival improntato a rigore e sobrietà”, da cui nel 1998 ricevette il Cipputi, premio che il TFF attribuisce ai miglior film sul tema del lavoro.

Questa la risposta di Loach:

“Voglio solo fare una domanda a Mazzacurati: i lavoratori che sono stati illegittimamente licenziati dal Museo hanno riavuto i loro posti di lavoro? In caso contrario, lui, Mazzacurati, sta fornendo una copertura alla dirigenza della cooperativa. Persone importanti come il regista Ettore Scola e il sindaco di Torino hanno promesso di intervenire affinché i lavoratori fossero reintegrati. Che cosa è avvenuto, miei cari signori? Mazzacurati sostiene che il festival sarebbe ‘umano’. Io credo che la vera forza e la solidarietà la dimostrino quelle persone coraggiose che si sono battute contro il comportamento duro e rigido della cooperativa e che ne hanno subito le conseguenze. Più potere a loro e all'USB!”

A un anno di distanza, la coerenza di Loach, la sua "eresia" di essersi schierato nei fatti dalla parte dei lavoratori, mantiene intatta tutta la sua carica, che né la riprovazione né la celia sono riuscite a cancellare.

A un anno di distanza, dopo averlo proiettato in giro per l’Italia e fuori, abbiamo deciso di mettere in rete “Dear Mr. Ken Loach”, il documentario che ho realizzato insieme a Nicola Di Lecce: per continuare a raccontare quella scomoda “eresia”, per lasciarne testimonianza. Ed anche per dire a Loach quanto ci è caro, perché abbiamo ancora un gran bisogno di cineasti – e di esseri umani - come lui.

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