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Giovedì, 28 Marzo 2024
Curarsi mangiando

Curarsi mangiando

A cura di Francesco Garritano

Allergico o “food” sensibile? I segnali per scoprirlo 

Spesso si fa confusione fra due concetti, dicendo di essere un soggetto allergico quando, in realtà, si soffre solo di una normale sensibilità all’alimento. Ma qual è la differenza fra allergia e food sensitivity? Buona lettura!

Quando un soggetto può definirsi allergico

Cosa sono le allergie alimentari? Spesso chi soffre di allergie presenta sintomi veramente insopportabili e ciò significa che il nostro sistema immunitario sta facendo i capricci. Infatti, a scatenare una risposta abnorme del sistema immunitario è sempre un allergene, quasi sempre una proteina presente nell’alimento che mangiamo.

Per presentarsi i sintomi, però, il soggetto allergico deve avere un primo contatto con l’allergene, durante il quale si formeranno gli anticorpi IgE in grado di attaccare l’antigene durante il secondo contatto, che scatenerà il sistema immunitario e la liberazione di istamina da parte di alcune cellule definite mastociti.

Ma quali sono gli alimenti ai quali siamo maggiormente allergici? Sono soprattutto il latte vaccino, i cereali, la soia, le uova, la frutta secca, il pesce ed i crostacei, che purtroppo possono ritrovarsi anche in prodotti che apparentemente non ne contengono ma che, invece, sono riportati in etichetta fra gli ingredienti, evidenziati con un carattere diverso rispetto agli altri.

Solitamente le allergie si scatenano nei primi anni di vita, soprattutto quando assumiamo antibiotici da piccoli (leggi qui l’articolo per approfondire), per cause genetiche o durante l’allattamento, a causa delle proteine del latte materno; rare, invece, sono quelle che insorgono durante l’età adulta.

Come si manifestano le allergie? I sintomi possono essere diversi, possono svilupparsi da pochi minuti a due ore dopo l’ingestione dell’alimento a cui siamo allergici ed i sintomi possono essere più o meno gravi. Solitamente possono manifestarsi con sensazioni di formicolio o di prurito in bocca, orticaria, prurito o eczema sul corpo, gonfiore delle labbra, del viso, della lingua e della gola o di altre parti del corpo, respiro sibilante, congestione nasale o problemi respiratori, dolore addominale, diarrea, nausea o vomito, vertigini, stordimento o svenimento. Infine, come sintomo più grave può presentarsi lo shock anafilattico, molto pericoloso che si verifica con costrizione delle vie aeree, gola gonfia e sensazione di soffocamento, gravo cale della pressione arteriosa, polso rapido; si tratta di una condizione da riconoscere subito e sulla quale agire in modo tempestivo.

Infine, per valutare se siamo allergici o non, ci si può sottoporre al Prick test cutaneo oppure ai dosaggi delle IgE, specifiche o totali.

Quando si parla di food sensitivity

Le foodsensitivity sono anch’esse risposte mediate dal nostro sistema immunitario? Si, ma non sono mediate dalle IgE, ovvero dalle immunoglobuline responsabili delle risposte allergiche, ma dalle IgG che possono essere il segno di una precedente attivazione immunologica nei confronti di quel cibo o di una continua assunzione di un alimento.

Infatti, c’è da dire che l’allergia non è una reazione dose dipendente, per cui anche minime dosi di un antigene riescono a scatenare una risposta abnorme del sistema immunitario, mentre le foodsensitivity sono dose-dipendenti, per cui la reazione si manifesterà una volta superata la soglia di tolleranza.

Vi spiego meglio, essendo un concetto meno immediato rispetto a quello dell’allergia. Cosa succede al nostro organismo quando mangiamo sempre le stesse cose? Non tutti sanno che il nostro corpo è in grado di infiammarsi o di diventare reattivo nei confronti di un particolare cibo; dobbiamo immaginare di avere una soglia di tolleranza degli stimoli (in questo caso il cibo), che quando diventano troppi e costanti superano la tolleranza individuale e si manifesta la reazione infiammatoria.

Come ogni tipo di infiammazione, anche in quella da cibo definita anche food sensitivity, si ha la liberazione di citochine, quali il BAFF (B Cell ActivatingFactor) e/o il PAF (PlateletActivatingFactor); il primo è prodotto sia da alcune cellule del sistema immunitario, sia dalla mucosa intestinale quando alcuni cibi reagiscono con i recettori dell’immunità innata determinando fenomeni di infiammazione, mentre il PAF deriva dai fosfolipidi di membrana di alcune cellule immunitarie, come gli eosinofili, i mastociti, i neutrofili ecc, è un indicatore d’infiammazione dovuta a cause diverse, tra cui sono comprese anche le reazioni agli alimenti e le reazioni da ipersensibilità in genere. Quando i livelli di queste citochine sono alti, significa che siamo infiammati a causa del nostro modo di mangiare, per cui bisognerà scegliere un corretto approccio nutrizionale in grado di ridurne i livelli.

Come ogni incendio, anche l’infiammazione da cibo deve essere spenta mettendo in pratica alcuni accorgimenti a tavola. Si parla di dieta di rotazione, ovvero di un piano alimentare in cui bisogna far ruotare i cibi ai quali siamo “sensibili”; all’inizio questi verranno consumati a piccole dosi pochi giorni a settimana, man mano che i sintomi scemano e l’infiammazione cala, verranno introdotti più volte, fino ad abituare il nostro corpo a tollerarli di nuovo. Questa rotazione si può paragonare allo svezzamento, in cui bisognava abituare il corpo all’introduzione di nuovi alimenti, dandoli in concentrazioni basse e non quotidianamente.

Per scoprire se soffriamo di una foodsensitivity ci si può sottoporre a due tipi di test: si potrebbe iniziare dalla compilazione di un questionario ideato dal Dott. Speciani e dalla Dott.ssa Bottino, definito QuASA (Questionario Anamnesi di Sovraccarico Alimentare), tramite il quale si può individuare il tipo di reattività in base alle risposte date dal paziente. Le domande sono diverse e mirate, si inizia a valutare la predisposizione indagando se il paziente ha preso antibiotici, se è nato da parto cesareo; si passa poi alle domande sulle patologie di cui soffre, sulla frequenza di consumo degli alimenti, sui sintomi procurati da alcuni alimenti, infine, si passa al conteggio delle risposte date dal paziente, ottenendo la categoria a cui si è reattivi.Qualora si volesse, invece, ricorrere ad un’analisi su sangue per avere delle risposte, bisognerà pungere il polpastrello, prelevare il sangue in un campione ed analizzarlo in laboratorio, verificando i livelli delle citochine BAFF e PAF, sottoponendosi al Test Recaller.

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