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Giovedì, 28 Marzo 2024
Curarsi mangiando

Curarsi mangiando

A cura di Francesco Garritano

"Familiarità": modo di dire o realtà?

Quando andiamo dal medico e ci viene fatta l’anamnesi, cioè viene raccolta la nostra storia clinica, si indaga anche sullo stato di salute di ascendenti (genitori e nonni) e collaterali (fratelli e sorelle) per conoscere fattori di rischio genetici, ambientali o l’eventuale predisposizione familiare, cioè la suscettibilità al manifestarsi di una determinata malattia in determinate condizioni.

Siamo veramente consci del rischio che corriamo? Siamo disposti a cambiare il nostro stile di vita per agire sulla componente variabile della predisposizione familiare? Certo non possiamo agire su sesso, razza, età … ma su fumo, attività fisica, modo di alimentarsi etc ... SÌ, siamo noi a decidere! Un gruppo di ricercatori ha, di recente, indagato su parenti di primo grado sani di pazienti affetti da diabete di tipo 2 per vedere se presentavano differenze nelle funzioni vascolari, valutate sia a livelli basali di glicemia che dopo carico di glucosio, rispetto a pazienti con resistenza insulinica ed a soggetti normoglicemici.

I parenti di primo grado con valori normali di glicemia dopo la somministrazione di 75 g di glucosio ed esecuzione del test da carico orale di glucosio, i soggetti con valori alterati di glucosio (>140 mg / dL dopo esecuzione di test da carico orale di glucosio) ed i soggetti normoglicemici (con valori di glicemia < 110 mg / dL a digiuno ed <140mg / dL dopo esecuzione del test da carico) avevano caratteristiche simili per età, sesso, fattore di rischio cardiovascolare (valutato mediante rapporto vita/fianchi), indice di massa corporea. Tutti i partecipanti non avevano pregresse storie di malattie coronariche e valvolari, patologie vascolari, patologie renali e ed epatiche, storie di abuso di alcol, di uso di droghe e trattamenti in atto che avrebbero potuto modificare il metabolismo glucidico.

Lo studio dimostra che i parenti di primo grado di soggetti diabetici avevano alterate proprietà della parete vascolare (intese come riduzione della biodisponibilità di NO ed aumento della rigidità vascolare) ed alterata riserva di flusso coronarico se comparati ai risultati del gruppo normoglicemico; che presentavano disfunzioni della microcircolazione vascolare e coronarica simili a quelli osservati nei soggetti con resistenza insulinica , che vi era una stretta correlazione tra rigidità vascolare, riserva di flusso coronarico e resistenza insulinica anche nei parenti di primo grado.

È stato quindi evidenziato che nei parenti di primo grado l’iperinsulinemia determina le alterazioni della parete vasale e della funzione del microcircolo coronarico prima che si sviluppi una resistenza insulinica (ed a questa è legata la predisposizione a sviluppare il diabete in questi soggetti) e dal momento che le disfunzioni vascolari sono strettamente legate ad un’alterata funzione del ventricolo sinistro ed a un aumento del rischio cardiovascolare lo studio conclude suggerendo che i parenti di primo grado di soggetti affetti da diabete di tipo 2 dovrebbero essere sottoposti a screening per valutare precocemente l’insorgenza di queste anomalie vascolari.

Questo per sottolineare l’importanza che deve avere per ognuno di noi, maggiormente per chi ha familiarità nei confronti di patologie, cambiare il proprio stile di vita non per seguir l’ennesima moda del momento, ma per consentire una migliore difesa del nostro corpo. Perché, quindi, non evitare i continui sbalzi della glicemia ed i conseguenti sbalzi di insulina (prezioso UNICO ormone secreto dalle cellule β del pancreas che ha il compito di alleggerire il sangue dal suo contenuto di glucosio ed agevolare il trasporto dei nutrienti in esso contenuti verso le cellule che li utilizzeranno) prediligendo il consumo di cibi freschi ricchi di fibra e di nutrienti e non raffinati a quelli industriali e fortemente zuccherini? perché non equilibrare correttamente l’apporto di carboidrati e di proteine ad ogni pasto della nostra giornata? Perché non aumentare la sensibilità del recettore dell’insulina mediante un’attività fisica costante? Perché non svuotare periodicamente le scorte di zuccheri (glicogeno) dai muscoli con l’attività fisica o ponendo una sufficiente distanza tra un pasto e l’altro in modo tale che l’azione dell’insulina sia volta in primis al ripristino delle scorte di glicogeno consumate e solo dopo il di più possa essere indirizzato alle cellule adipose?

In altre parole, perché non incominciare ad avere rispetto del nostro corpo dal momento che l’indice insulinico degli alimenti insieme all’indice glicemico sono importanti per un controllo della produzione di insulina ed una incapacità fisiologica di rispondere all’insulina (e quindi una incapacità di utilizzo degli zuccheri circolanti) porta ad uno stato di iperglicemia e quindi, a lungo andare, a Diabete Mellito di tipo 2?

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