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Venerdì, 29 Marzo 2024
Curarsi mangiando

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A cura di Francesco Garritano

Sembrava un nodulo innocente, ma era un carcinoma alla tiroide: sintomi e diagnosi

Sembrava un nodulo innocente, ma dopo alcuni accertamenti si è rivelato un tumore. Quanti di voi ne hanno sentito parlare? Nell’articolo vi spiego quanti tipi ne esistono, come diagnosticarlo e come prevenire tramite l’alimentazione.

Un nodulo, ma poi…

Quando si parla di tumore alla tiroide bisogna pensare ad un nodulo, magari inizialmente trascurato perché di piccole dimensioni, che poi è aumentato di dimensioni nel tempo. Quante persone dopo aver fatto un’eco-tiroide si tranquillizzano perché il nodulo è invisibile e non si riesce neanche a palpare, ma bisognerebbe sempre approfondire il tipo di nodulo di cui stiamo parlando.

Infatti, esistono noduli benigni che creano iperplasia tiroidea, ma sono innocui e non creano metastasi, mentre i noduli maligni possono trasformarsi in adenocarcinoma tiroideo, che può essere di diversi sottotipi: papillare e follicolare, nella maggioranza dei casi, midollare in una piccola percentuale, ancor più piccola la percentuale di persone colpita dal carcinoma anaplastico, il cancro più aggressivo e pericoloso perché in grado di produrre metastasi velocemente.

I sintomi del cancro alla tiroide

Il cancro, qualsiasi sia il tipo, non comporta sintomi, per cui se non progredisce è difficile capire che siamo minacciati da questa massa di tessuto anomalo. Quando le dimensioni aumentano, invece, nel caso del cancro alla tiroide è possibile che compaiano alcuni sintomi come il gonfiore nella parte anteriore del collo, voce rauca poiché questo tocca le corde vocali, gonfiore dei linfonodi, difficoltà a respirare ed a deglutire, mal di gola.

Una volta arrivati a questo stadio è importante prendere i provvedimenti giusti, a partire dalla diagnosi.

Diagnosi del cancro alla tiroide

Solo la palpazione o l’ecografia non sono in grado di dirci se il nodulo che sentiamo o vediamo è un cancro o meno, ma bisogna ricorrere ad altri strumenti di diagnostica.

Per valutare la funzionalità tiroidea, che può essere compromessa da questo corpo in continua proliferazione, bisognerà fare il dosaggio ematico del TSH, fT3, fT4, T4, T3, in modo da verificare se i valori sono troppo bassi o troppo alti, rispetto al range normale. Ma non solo, l’eco-tiroide non è completamente utile perché ci dà informazioni solo sulla struttura della ghiandola e non riesce a differenziare il tipo di nodulo; per fare ciò, infatti, si utilizza la scintigrafia tiroidea, un metodo che utilizza iodio radioattivo per riconoscere un nodulo caldo, che solitamente non è di natura tumorale e che assorbe maggiore quantità di iodio, da un nodulo freddo, spesso di origine tumorale e che assorbe meno radioiodio perché non è costituito dallo stesso tessuto tiroideo.

Per comprendere da che tipo di cellule è costituito il nodulo, lo strumento diagnostico da utilizzare è la biopsia o ago aspirato, che accerta la diagnosi di carcinoma. Tramite questi esami strumentali saremo in grado di capire la dimensione del cancro, il tipo di cellule che lo costituiscono, la presenza o l’assenza di metastasi che possono intaccare organi circostanti, come quelli dell’apparato respiratorio.

Soggetti a rischio

I soggetti che hanno maggiore probabilità di ritrovarsi con un nodulo sospetto, sono quelli che soffrono già di una patologia della tiroide e che assumono poco iodio dalla dieta. Infatti, la presenza del gozzo, che si forma in seguito alla continua stimolazione del TSH sulla ghiandola tiroidea poiché gli ormoni prodotti sono insufficienti, può comportare lo sviluppo di noduli che potranno poi diventare formazioni cancerose nel tempo. Non solo il deficit di iodio, ma anche i soggetti affetti da Tiroidite di Hashimoto sono maggiormente predisposti in quanto esiste una correlazione fra questa patologia autoimmune ed il linfoma tiroideo. Non è da trascurare, però, la familiarità e quindi il coinvolgimento della genetica nell’insorgenza di questa patologia, neanche la sovraesposizione a radiazioni che causano mutazioni del DNA e che predispongono ai tumori più aggressivi.

Alimentazione e cancro alla tiroide

Se il cancro non si può curare con l’alimentazione, non è detto che non si possa prevenire né che non si possa evitare che questo proliferi maggiormente.

Infatti, diversi studi dimostrano come il tumore della tiroide sia influenzato dal tipo di alimentazione e, soprattutto, dalla presenza di zuccheri e di carboidrati ad alto indice glicemico (raffinati, quindi). Gli zuccheri semplici alimentano il tumore e ne favoriscono la sua proliferazione, perciò per prevenire questo tipo di patologia dovremmo eliminare qualsiasi tipo di zucchero, edulcorante o farina raffinata dalla nostra alimentazione, prediligendo i carboidrati integrali e favorendo la calma insulinica.

Inoltre, bisognerà apportare adeguate quantità di macro e micro nutrienti all’organismo; le proteine, i grassi e le fibre dovranno essere di buona qualità, prediligendo cibi biologici ed eliminando dalla propria alimentazione conservanti ed additivi presenti negli alimenti prodotti dall’industria. Spesso si trascurano le quantità di minerali, importanti cofattori delle funzionalità tiroidee: selenio, zinco, ferro, magnesio, iodio, ecc. sono tutti indispensabili affinchè la ghiandola possa funzionare correttamente. Per lo iodio si consiglia di incrementare i cibi che ne contengono maggiormente, soprattutto i prodotti ittici, ma anche di consumate sale marino integrale o iodato, per raggiungere la dose adeguata giornaliera di 150 microgrammi al giorno.

Il primo strumento di prevenzione è alla portata di tutti e si chiama alimentazione.

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