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Sabato, 20 Aprile 2024
Delirio di vita

Delirio di vita

A cura di Lucilla Vianello

Quando la speranza di un suo messaggio o di una sua telefonata diventa un’ossessione

Nel mio libro “Diario di un delirio”, la protagonista, Lavinia, ha una vera e propria ossessione per il suo radioterapista scambiandolo come salvatore dal suo tumore. Come l’unica via d’uscita perdendo sé stessa e anche la sua dignità. Ecco. Oggi voglio parlarvi proprio dell’ossessione amorosa. Quella che non ti molla tutto il giorno, quella che ti porta a controllare ogni suo accesso su whatsapp, su facebook, instagram, messenger, telegram. Ogni foto postata. Ogni frase scritta. Quella che prosegue incessantemente anche a relazione finita. Quella che non ti fa accettare la realtà. Che ti tiene sempre appiccicata alla speranza che chissà, magari un giorno. Che mentre baci altre vite o hai altre storie, sempre lì ti fa tornare. Lavinia nel diario scrive: “Cos’è un delirio se non l’ossessione continua di aspettarti? Di sperare in un tuo ritorno costantemente? No. Non potrò mai più dimenticarmi di te. Mai più. In molti penseranno che io sono matta. Ma non mi interessa. Non me ne frega più niente. Io, nonostante siano passati mesi di silenzio, di totale silenzio, continuo a pensarti ogni giorno. Ogni secondo. Ogni minuto. Ogni ora. Ad aspettarti ogni secondo. Ogni minuto Ogni ora. Sei dentro di me. In ogni cellula. Ricoveratemi per favore. Ma non per il tumore. Per quello ormai è tardi. Rinchiudetemi in una clinica per questa ossessione che mi devasta il cervello. Che non mi fa vivere. Che non mi permette di amarmi. Di amare. Che mi fa bere. Che mi fa vomitare. Che si prende con forza ogni speranza. Ogni illusione. Ogni nuovo tentativo di combattere. Continuo a scrivere di te. Di noi. Del tuo sesso. Del mio amore malato. Della mia ossessione. Del mio delirio. Del tuo egoismo. Del tuo narcisismo. Abbandonando ogni filtro. Ogni bigottismo. Evitando psicologi e analisti. Superando i limiti della decenza. Degli insegnamenti forzati da questa società di merda. Con una valanga di alcool che aiuta. Che inebria il dolore. Distruggendo cuori che mi amano. Cuori che non sono il tuo. Perché TU SEI e nessuno MAI prenderà il tuo posto. Nessuno mai. Mai più. Insieme alla mia malattia. Che mi devasta. Che mi consuma. Che mi tortura come mi tortura il pensiero di te.” So che in molti capite di cosa sto parlando: idealizzazione.

Portare l’amato sull’Olimpo e non lasciarlo nella sua dimensione reale. E quando poi questo dio non ci accetta, bhé, qui entriamo in tematiche molto più profonde: complesso abbandonico, dipendenza affettiva, ossessione compulsiva, elaborazione del lutto e chi più ne ha più ne metta. E sapete tutto questo secondo la psicoanalisi da dove deriva? Dall’esatto momento in cui il mondo ha smesso di girare intorno a noi. Quella è la ferita da cui non siamo guariti se continuiamo a soffrire così. Ah sì, perché poi interviene l’auto-svalutazione che ti fa dire: è tutta colpa mia, sono sbagliato e in un attimo ribaltare il tutto dicendo lui non mi merita, non mi ha mai amato, mi ha solo preso in giro. E giù alcool e alcool. E il tempo passa e il tempo scorre. E niente cambia. Anzi aumenta. Ora. Chiudete gli occhi un attimo. Respirate. Lentamente focalizzate il tutto dal di fuori. Come se usciste dal vostro corpo. Vi vedete? Non vi fate pena? Tenerezza? Ora un passo ancora più indietro. A quando eravate piccoli. Vi vedete? Nell’esatto momento in cui nessuno vi accudiva come più prima. Soli eh? Bene. Abbracciatevi. Confortatevi. Ditevi: non sei più solo/a, ci sono io con te, tu vali, tu puoi e tu devi amarti perché sei importante per l’universo a prescindere da chi ti circonda. Ora ritornate al primo passo. Come vedete il vostro ruolo in questa ossessione d’amore? Non pensate che l’altro/a sia scappato proprio perché non vi amavate abbastanza e che lui/lei, nella sua debolezza non sia stato in grado e capace di reggervi? Bene. Poggiate quel cellulare. Non vi dico di bloccarlo o di cancellare il suo numero. Ma solo di poggiare quel cellulare e di occupare del tempo per voi. Prima 5 minuti vi sembreranno un’eternità. Poi passeranno velocemente. Dovete imparare a conoscervi. A capire cosa vi piace fare. Anche la cosa più assurda fatela. Provateci. E piano piano capirete che se quella persona vi ha lasciato era perché non era in grado di amarvi come vi meritate voi, perché lui/lei per primo non sapeva amarsi.

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