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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Delirio di vita

Delirio di vita

A cura di Lucilla Vianello

Transfert, quando un paziente si innamora del proprio medico: chi è colpevole e chi vittima?

Nel mio libro “Diario di un delirio” ho voluto inserire nel personaggio di Lavinia questa problematica poiché tante, tantissime volte ho sentito di donne e uomini che hanno vissuto, soffrendo le pene dell’inferno, una situazione del genere. Pazienti che si “infatuano” del proprio medico curante al punto di farne il “salvatore” dalla loro malattia sia essa fisica che psicologica. In questo caso Lavinia, malata di tumore, si innamora follemente e ossessivamente del suo radioterapista, concedendosi sessualmente ad ogni suo desiderio, portando la loro relazione al superamento dei limiti di un amore sano, non avendo altro pensiero che lui. Non più la malattia, il marito, i figli, ma lui. Rifiutando persino le cure nella folle convinzione che solo lui l’avrebbe salvata con il suo amore.

Di contro il controtransfert di Marco, il suo radioterapista, che è continuamente combattuto tra la forte attrazione verso Lavinia e la sua deontologia professionale. Nonostante avesse chiuso il ciclo delle sedute di radio con lei, continua sempre a sentirsi in colpa senza però riuscire a non cedere ad averne rapporti sessuali. Provando continuamente un sentimento di amore e odio. Di onnipotenza e narcisismo che sfocia in un insano desiderio di volerla punire per quella situazione che non riusciva a controllare tradendo anche la moglie e godendo dell’appassimento fisico che continuava a lacerare il corpo di lei. Estremismi certo. Ma chiunque abbia vissuto o stia vivendo un transfert sa bene di cosa parlo. La testa impazzisce perdendo completamente ogni sua dignità. Fantasticando sessualmente continuamente sul suo salvatore o salvatrice a livelli allucinanti. Quel camice che attrae diventa ossessione di guarigione. Medicina di lunga vita. E il cedere fisicamente alle sue volontà un must. Senza controllo. Come una droga.

Ma quello che mi chiedo è: la colpa è del paziente o del medico? In fondo il medico è un essere umano con tutte le sue debolezze, nonostante il suo giuramento di Ippocrate, che dovrebbe portarlo ad astenersi “da ogni azione corruttrice sul corpo di uomini e donne”. Ma per “corruttrice” si intende niente sesso? Portare piacere è un’azione “corruttrice”? No. Assolutamente. Ma credo che il ragionamento sia un altro. I medici sanno che la loro professione è vista da noi “umani” come il rivolgersi a un dio che guarisce tutti i nostri mali e di conseguenza sanno bene che il rapporto va tenuto a distanza il più possibile. Tutto qui. Che per noi non è solo sesso. Purtroppo però non tutti mantengono queste distanze e se ne approfittano, nel loro estremo narcisismo onnipotente, della debolezza del paziente coinvolgendolo in un rapporto non sano dall’inizio. Sapendo benissimo che sta sbagliando cedendo alla sua mera attrazione sessuale e che l’amore verso la sua persona è di una persona debole e indifesa davanti alla sua figura e a quello che lui rappresenta. Ma lui così si sente ancora di più un dio! Per cui, cari amici medici, quelli di voi che si ritrovano in questo articolo e siete tanti, forse è il caso di farvi analizzare da un serio terapista che vi aiuti ad avere più sicurezza in voi stessi e non attraverso chi si inginocchia al vostro cospetto senza dignità e accendendovi pure un lumicino. Perché questo è approfittarsene. E lo sapete.

Che dire, per me un colpevole c’è, nonostante il suo essere “umano”. C’è eccome! E questo è solo l’inizio... L’inizio di tante storie che non vengono purtroppo denunciate.

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