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Giovedì, 25 Aprile 2024
FotoGrammi

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A cura di Maria Carola Catalano

A lezione da Ferdinando Scianna: "La fotografia racconta la realtà"

Uno dei segreti del successo del grandissimo fotografo Ferdinando Scianna? Succhiare da quelli che sanno o che ha incontrato. A dirlo, con grande umiltà, è lui stesso nel corso di una lectio magistralis che ha tenuto ieri al Maxxi, a Roma. "Ho pubblicato il mio primo libro a 22 anni perché ho avuto la fortuna di conoscere Sciascia. Ai tempi io non sapevo niente. Devo tutto a lui, a Bresson e a molti altri incontri fortunati".

Anche l'ultimo libro pubblicato "Quelli di Bagheria", una raccolta di 350 ritratti a cui Scianna ha lavorato per 5-6 anni, nasce dalla grande curiosità del fotografo e della sua capacità di entrare in contatto con le persone e di 'succhiare' quello che hanno da dare. Sarebbe la sete di conoscenza a farli aprire permettendo così al fotografo di immortalare per sempre il loro vero io. E probabilmente per questo che, secondo Scianna il ritratto non si può, o non si dovrebbe, riprodurre: cambia a seconda del soggetto che hai di fronte perché ogni soggetto ha un mondo dentro che deve emergere  nel ritratto.

La verità è un altro cardine attorno a cui Scianna, che non vuole essere chiamato nè maestro nè artista, ha costruito la professione: "La mia fotografia racconta ed ha bisogno di racconti", ha spiegato. "La fotografia nasce per documentare il mondo", ha continuato. "Rappresenta la realtà, a differenza dell'arte che inventa e rappresenta concetti, non cose o persone come fa invece un'immagine".

Il fotografo di Bagheria, in provincia di Palermo ha le idee chiare anche sulla Sicilia di cui si sofferma a parlare per spiegare come le sue origini abbiano 'condizionato' la sua carriera imprimendo un segno indelebile sui suoi scatti: "Dalla Sicilia non si va via ma si fugge, poi però devi sempre farci i conti. Ho cercato di divorziare da essa per 50 anni senza riuscirci perché ti lascia dentro delle cicatrici ma anche il sole, il mare e la dolcezza degli amici". In particolare è il sole accecante della Sicilia a dare un taglio chiaro e costante alle foto di Scianna: "Le mie immagini partono dall'ombra e non dalla luce. E questo non è solo un dato tecnico ma anche espressivo". "In Sicilia il sole produce ombre e determina una visione: ti fa vedere il mondo in bianco o nero. La visione dialettica tra luce e ombra implica drammaticità. Il sentimento della morte è un'altra cosa che i siciliani hanno dentro e che non si possono scrollare di dosso", conclude Scianna.

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Breve biografia. Scianna ha iniziato fotografando le feste religiose in Sicilia che hanno dato il titolo al primo libro. Si trasferisce a Milano nel 1967 dove inizia a collaborare come fotoreporter e inviato speciale con l'Europeo, diventandone in seguito il corrispondente da Parigi, città dove conoscerà Bresson, poi diventato un grande amico. Nel 1982, introdotto proprio dal maestro Henri Cartier-Bresson, entra nella prestigiosa agenzia Magnum. La sua carriera, a questo punto della sua vita, viene segnata dalla moda e diventerà uno dei fotografi più richiesti per le pubblicità.

Nel 1995 ritorna ad affrontare i temi religiosi, pubblicando Viaggio a Lourdes, e nel 1999 vengono pubblicati i ritratti del famoso scrittore argentino Jorge Luis Borges. Con Giuseppe Tornatore, in occasione del suo nuovo film Baarìa, pubblica nel 2009 il libro fotografico Baaria Bagheria. Ma sono molti altri gli scatti siciliani che hanno poi dato vita a delle pubblicazioni fino ad arrivare all'ultimo capolavoro "Quelli di Bagheria" che potrebbe presto diventare il penultimo libro pubblicato.

Della fotografia di oggi dice: "Il mondo cambia perché mai non dovrebbe cambiare?  Il problema non è il mezzo e quindi nemmeno gli smartphone lo sono. Il mio non è un giudizio morale. Quello che non va bene della fotografia di oggi, al tempo dei selfie, è che non si riflette più su quello che viene prima dell'immagine, non si guarda più. L'immagine è diventata più importante della realtà come Mc Luhan aveva già capito sarebbe accaduto".

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