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Venerdì, 29 Marzo 2024
LibeRIscatti

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A cura di Action Aid

#Bringbackourgirls: a cento giorni dal rapimento, in Nigeria è fuga dai banchi di scuola

“Il giorno in cui ho saputo del rapimento era di pomeriggio e ho subito pensato che si trattasse della scuola di mia sorella. Non sono riuscita a mangiare, il mio cuore batteva troppo forte. Da quel momento, il mio stato di salute è peggiorato, non c’è giorno in cui io non stia male.”

Sono queste le parole di Rhoda, una ragazza nigeriana di vent’anni, intervistata dallo staff di ActionAid, che da cento giorni non ha più notizie di sua sorella rapita, insieme ad altre duecento ragazze, il 14 aprile, dal gruppo di militanti islamisti Boko haram, mentre era a scuola.

Era un giorno come un altro nella scuola secondaria di Chibock, nel nord della Nigeria quando, improvvisamente, un gruppo di miliziani armati ha fatto irruzione nell’istituto, sequestrando le studentesse presenti. Boko haram sta seminando terrore nel nord est del paese, molti abitanti di quella zona sono scappati e chi rimane, invece, vive con il constante timore di un attacco da parte del gruppo di miliziani.  Nell’area di Chibok, i leader della comunità locale temono un’imminente carestia dovuta al fatto che le campagne sono lasciate incolte dalle popolazioni in fuga e i raccolti sono stati dati alle fiamme dai gruppi armati. I recenti attacchi nelle città di Abuja e Kaduna hanno diffuso la paura del terrorismo in tutta la Nigeria.

Shaku, un ragazzo di sedici anni, è il fratello di una delle studentesse rapite: “Viviamo nel terrore, ogni notte c’è qualcuno che urla ‘sta arrivando Boko Haram’ e allora tutti abbandoniamo di corsa la nostra casa e corriamo nei campi. Amo mia sorella, ricordo di quando leggevamo insieme. Se ripenso a quei momenti, non riesco a dormire e mi viene solo da piangere”. Come Shaku, molti altri bambini e ragazzi di queste comunità hanno problemi a dormire o disturbi di alimentazione, causati dalla paura di essere rapiti da Boko haram.

Le ripercussioni di queste azioni violente sono molteplici. Il settore che risulta essere più colpito è quello dell’educazione in quanto i rapimenti avvengono proprio durante le lezioni anche se, ormai, non si è sicuri neanche nelle proprie case. Simon Abigal, leader di un “Girls’ club”, cioè un gruppo di aiuto formato da giovani donne che incoraggia il diritto all’istruzione femminile, spiega: “Quando incontro ragazze che hanno paura di venire a scuola dico loro che non c’è motivo e che potrebbero correre lo stesso rischio anche standosene tranquillamente a casa perché, ormai, le milizie di Boko haram che vengono per ucciderle o rapirle, le  seguirebbero fino alla propria stanza” . Le vittime principali dei miliziani sono le bambine e le ragazze, ritenute indegne di andare a scuola, ma anche i bambini e i ragazzi che, una volta rapiti, vengono trasformati in bambini-soldato.

Il sistema scolastico, risulta ad oggi, drammaticamente compromesso. Secondo alcuni dati diffusi da ActionAid, la Nigeria è tra i paesi africani con il più alto numero di bambini che non vanno a scuola. Degli oltre 57 milioni di bambini nel mondo che non hanno accesso all’istruzione, più di 10 milioni si trovano in Nigeria. E oltre il 50% è costituito da bambine.

La situazione è resa più grave dal fatto che il governo nigeriano investe solo l’1,5% del Pil e il  6% delle risorse nazionali in progetti a tutela dell’istruzione. Dal 2013 ad oggi, più di 800 classi e oltre 200 scuole sono state distrutte nelle regioni di Borno e Yobe dal gruppo Boko Haram, nel nord est del paese, una vera e propria fuga dai banchi di scuola; soltanto nella zona di Borno, dallo scorso febbraio, oltre 15.000 studenti non vanno più a scuola.

“Per contrastare la violenza e gli obiettivi di Boko haram, l’unica vera arma è garantire il diritto all’istruzione per tutti. La risposta del governo a tutta questa violenza è stata quella di chiudere le scuole, il che significa fare il gioco degli estremisti. Apprezziamo l’iniziativa lanciata dalle autorità nigeriane lo scorso maggio, per rendere più sicuri gli edifici scolastici, ma siamo convinti che per fermare Boko haram, bisogna tenere aperte le scuole.”Questa la posizione di ActionAid che continua a lavorare nelle regioni a nord est del paese per il diritto all’istruzione di tutti i bambini, e in particolare delle bambine soprattutto nelle regioni rurali, dove maggiore è la povertà.

Al terrore e la paura è necessario rispondere con l’istruzione, perché la cultura e l’informazione sono il miglior modo per formare cittadini liberi, consapevoli dei propri diritti, e in grado di dare una giusta direzione alla propria vita. Proprio come avrebbe voluto fare la sorella di Rhoda che, ci auguriamo, possa tornare presto a inseguire il suo sogno di diventare avvocato.

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