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Giovedì, 28 Marzo 2024
Città conquistatrice

Città conquistatrice

A cura di Fabrizio Bottini

A cosa serve l'agricoltura urbana?

Pare fuori da ogni ragionevole dubbio che il principale motivo per cui gli orti di Detroit suscitano tanta simpatia in tutto il mondo non sia l'eccelsa qualità di rape zucchine e pomodori. Quegli orti tra capannoni dismessi e case abbandonate piacciono perché suggeriscono un uso diverso dello spazio, alternativo alle infinite linee di montaggio delle automobili, alternativo agli sterminati piazzali di smistamento, alternativo anche alle file di case o casermoni tutti uguali, così simili a un deposito di esseri umani in attesa di essere prelevati da chi di dovere. 

C'è però un aspetto molto meno simpatico, almeno in parte della simpatia suscitata dagli orti urbani, ed è la loro natura interpretata come anti urbana, anti moderna. In quei filari di piselli sono in parecchi a leggere, soprattutto, una specie di vendetta della campagna nei confronti della metropoli onnivora, le verdure con le loro foglie starebbero portando una specie di assalto finale alle mura della macchina che sinora le ha schiacciate. Non è una bella cosa, da nessun punto di vista.

Celine nel suo Viaggio al termine della notte ci raccontava le catene di montaggio di Detroit come una specie di intestino puzzolente intento a divorarsi milioni di esseri umani. Ma non dimentichiamoci come negli altri capitoli di questo suo ideale viaggio nello spazio e nelle pieghe dell'animo umano, lo stesso autore ci raccontasse le campagne europee trasformate in surreale inferno dalla guerra, o le foreste africane trasfigurate dal colonialismo. La notte, si capisce, non sta nelle cose in sé, ma nella loro distorsione e manipolazione da parte di un potere perverso e parecchio ignorante. 

Lo stesso è avvenuto con la città industriale e i cittadini, tutti piegati dal potere economico a riorganizzarsi brutalmente nel segno della macchina, dagli spazi veri e propri della produzione, alle “macchine per abitare” a cui sono stati ridotti quartieri, servizi, ambiti per il tempo libero. Le foglie di zucchine e peperoni fra i resti delle ciminiere, nella nostra epoca cosiddetta postindustriale, non stanno così a indicare un improbabile ritorno a stati naturali primitivi, ma segnano la rotta di un possibile diverso equilibrio fra una società che non vuole certo rinunciare a nessuno dei vantaggi della modernità, e l'ambiente che ne costituisce la fonte di vita.

Quindi il ruolo dell'agricoltura urbana non è quello di sgretolare bastioni industriali e trascinarci nell'oscura spirale di un ritorno alla vita rustica, ma prospettare una nuova forma della metropoli. A questo servono i sistemi cosiddetti delle infrastrutture verdi, spazi aperti, coltivati o alberati, che filtrano l'acqua, purificano l'aria, contengono i percorsi della mobilità dolce, evitano la conurbazione dei vari quartieri e settori metropolitani in una unica mastodontica struttura compatta. A questo devono mirare i moderni piani urbanistici, e anche i grandi progetti delle infrastrutture di trasporto, energetiche, delle reti tecniche.

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