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Giovedì, 25 Aprile 2024
Città conquistatrice

Città conquistatrice

A cura di Fabrizio Bottini

Un cambio a 24 velocità collegato alla carta di credito

C'è qualcosa che non va negli «scenari di futuro della mobilità urbana» così come li delineano sulla stampa di informazione. O meglio così come li delinea schizofrenicamente la stampa di informazione, tra le sezioni economiche finanziarie e quelle di cronaca. Faccio un esempio pratico riassumendo una nota Reuters di pochi giorni fa, dove si racconta la chiusura dei battenti di un altro gigante del «dockless bike sharing» (solo da noi, per motivi ignoti, viene chiamato «free floating», l'ha deciso uno stilista?). Parla, la nota, dell'esplodere dell'ennesima bolla finanziaria, con queste compagnie di varie dimensioni che emergono, spariscono, sono assorbite da qualcun altro che però dura pochissimo, aprono, chiudono, spessissimo «abbandonando i consumatori che non riescono a recuperare i loro depositi», in un meccanismo che da un lato replica quello di tanti altri crolli finanziari, ma dall'altro appare ormai così ciclico e puntuale da non far più praticamente notizia. E certamente la notizia non raggiunge i redattori delle pagine di cronaca dei giornali, che quando un'altra di queste compagnie chiude i battenti come a Firenze, paiono bersi un comunicato stampa e fotocopiarlo in forma di articolo.

Il caso è notissimo in questi ultimi giorni: une delle concessionarie dei trasporti «condivisi», se ne va dal capoluogo toscano, e addirittura abbandona il campo in tutta Europa, per via (dicono loro) dell'intollerabile livello di vandalismo, biciclette abbandonate nei posti più impensati, rubate, manomesse, incidentate. Ah questi italiani cafoni incivili, viene subito da pensare leggendo quella nota che, più o meno identica, occupa il suo dovuto spazio in cronaca. Eppure dando un'occhiata oltre al titolo e all'occhiello, si capisce subito come in realtà ci sia qualcosa che non torna. Di questi intollerabili vandalismi praticamente si parla dal primo minuto in cui sono scesi in campo i nuovi operatori asiatici del «dockless bike sharing», con dovizia di foto a mostrarci montagne di rottami su piazze, cacciati dentro a canali e laghetti, arrampicati sugli alberi e sui monumenti dei padri della patria.

Ma poi leggendo ancora con qualche attenzione, si capiva trattarsi di un puro assestamento: nei meccanismi di controllo, accredito, autoregolazione sociale dei comportamenti. Insomma dovevamo tutti abituarci alla novità, come quando alcune generazioni or sono vennero introdotti quei «free floating shopping carts» del servitevi da soli nei negozi, e invece di pagare al banco ci portavamo tutto alla cassa, con parecchie sorprese nel conto. Però l'azienda dice che no, lei non regge proprio questa nostra selvaggeria, e se ne va disgustata dal vecchio continente: la stampa fotocopia questa balla come se fosse verità conclamata. Ma il problema non finisce con questo appunto di simil-fake news, perché sorge la questione più generale: possiamo fidarci di questi operatori così volatili? Possiamo, noi e i nostri forse incauti amministratori pubblici, predisporre programmi di medio termine e investimenti sulla mobilità collettiva, dando per scontato che il cosiddetto ultimo miglio possa essere in tutto o in parte coperto dai «colossi dei bike sharing», che improvvisamente si trasformano in un comunicato stampa farlocco, lasciandoci a piedi sul più bello?

Si dice che la tecnologia, la smart city, la libera concorrenza di mercato, ci salveranno da ogni male, e magari è anche vero, visto che qualcuno assicura orde di concorrenti pronti a subentrare nel vuoto lasciato dalla bolla finanziaria a pedali. Ne sono convinti anche a Firenze, dove l'amministrazione comunale ha già annunciato un bando, a cui parteciperanno nomi noti nel settore, con la loro bella app scaricabile e le biciclette colorate collegate. A garantirci da future rapidissime evaporazioni anche di questi nuovi soggetti, propongo a titolo di startup virtuale un nuovo cambio (il numero di velocità dipende dai costi e dalle pendenze, ovviamente) meccanico-elettronico installato sulle bici: nel caso a metà corsa dovesse esplodere la bolla finanziaria dell'operatore, mentre già i parenti ci aspettano per il pranzo di Pasqua, un sistema wireless che collega la nostra carta di credito al cambio, «cambia» anche automaticamente l'affiliazione, abbandonando gli esplosi al loro destino e lasciandoci proseguire fino alla meta. Se Mano Invisibile del libero mercato deve essere, che almeno faccia qualcosa di utile, no?

Su La Città Conquistatrice moltissimi articoli dedicati ai vari aspetti (meno sarcastici) del bike sharing 
 

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