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Giovedì, 25 Aprile 2024
Città conquistatrice

Città conquistatrice

A cura di Fabrizio Bottini

È giunta l'ora delle decisioni revocabili

Il panico serpeggia tra le file: i giovani non vogliono più essere proprietari! In pratica, si ripete per alcuni versi la situazione degli anni '60 con gli hippies che rifiutavano il modello consumista e urbano industriale. Ma con una fondamentale differenza: se quella dei figli dei fiori era soprattutto una ribellione piuttosto ideologica, che molto prima di tradursi in comportamenti quotidiani (del resto abbastanza popolari, ma non certamente generalizzati, e rapidamente riassorbiti) era soprattutto affermata, oggi le cose vanno in tutt'altro verso. Oggi, le tendenze non le dichiara nessuno, non si scrivono su cartelli di dimostrazioni di piazza o sui muri delle aule occupate, ma compaiono nei bilanci delle aziende che vendono prodotti o servizi. I nuovi comportamenti alternativi sono difficili a quanto pare da riassorbire in termini di mercato, perché il mercato lo dettano loro, lo condizionano, lo creano.

Si dice tanto di telefonini e tablet, di quanto ci stanno cambiando la vita, ma si parla molto meno di quanto queste forme di comunicazione pervasiva abbiano cambiato già radicalmente gli spazi e i tempi della metropoli, la divisione fra momento del lavoro e del tempo libero, della solitudine e delle relazioni, dell'economia e della condivisione. Il mondo delle startup, il mondo del coworking, che tanto ruota attorno a queste nuove forme di comunicazione e relazione, è quello che più vede una presenza massiccia della generazione in cui si toccano in forma matura le mutazioni di comportamenti e propensioni

Oggi questa generazione arriva a uno stadio di crescita e affermazione per cui il mercato tradizionale aveva già pronto il suo piatto forte dell'esistenza: la casa in proprietà, o meglio ancora la sinergia famiglia figli trasloco nel suburbio in villetta con doppia auto e beni di consumo durevole a bizzeffe (dai grossi impianti elettrodomestici in giù). E invece: orrore! Pare che stia crollando negli Usa la quota di chi anche potendoselo permettere la casa non la compra, e continua a cercare spazi in affitto in città.

I motivi sono tantissimi e intrecciati, ma si possono riassumere con l'accettazione della precarietà come valore, visto che comunque pare difficile liberarsene del tutto. Abitare in affitto vuol dire continuare a frequentare gli spazi condivisi e pubblici urbani, anche in quella forma privatizzata offerta dal mercato più attento, che realizza da un po' una specie di ibrido fra residence e cohousing, che magari ricorda un pochino coi suoi spazi comuni l'ambiente del college, più che quello del condominio. Ma il vero motivo alla base della scelta per l'affitto, è il non doversi per forza impegnare su un progetto personale di lunga durata, che può anche non coincidere con altri fattori esterni, primo fra tutti la disponibilità a spostarsi per migliorare la posizione.

Il rappresentante medio della versione di massa della classe creativa di Richard Florida, quello che si mantiene ma certo non si arricchisce, non può certo permettersi di rinunciare a una buona offerta di lavoro a duecento chilometri da dove sta ora, e senza la casa in proprietà (senza tutto quello che quel modello di vita si tira appresso) si viaggia molto più leggeri. Da qualche tempo certe amministrazioni di grandi città hanno iniziato, piuttosto meccanicamente è il caso di dire, politiche abitative rivolte a questo genere di utenza, ma c'è ancora tantissimo da fare, anche per capire esattamente se la tendenza sia davvero a una mutazione epocale, che si trascinerà dietro l'intera idea di città, di mobilità (car-sharing e biciclette in testa), di consumi e uso del tempo, oppure se si sia in presenza di un pur importante ma meno radicale allungamento di modelli post-adolescenziali verso l'età adulta. Sta di fatto che, parafrasando per ridere una tragica dichiarazione di guerra del secolo scorso, pare giunta l'ora delle decisioni revocabili: ci avete voluto precari? Beh, provate un po' anche voi adesso, a godere delle medesima e decantata elasticità, paiono dire i nuovi giovani metropolitani.

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