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Venerdì, 19 Aprile 2024
Città conquistatrice

Città conquistatrice

A cura di Fabrizio Bottini

Il territorio nelle mani del tuttologo

Perché il termine «tuttologo» suona sempre e comunque denigratorio? In fondo sembrerebbe esserci invece una gran domanda di sintesi, di una «tuttologia» in grado di ricomporre le cose oltre le prospettive particolar,i che lasciano sempre fuori dalla propria visuale fette anche importanti di realtà. E invece si chiama qualcuno tuttologo per dire che parla a vanvera di cose che non conosce, annaspa, si arrampica sugli specchi, parla per guadagnare tempo in attesa di essere salvato da un intervento esterno, magari l'interruzione pubblicitaria. La cosa non vale soltanto per gli improvvisatori, gente che appunto si è limitata a trovarsi un pulpito qualsivoglia, da cui discettare in candida ignoranza su ogni ramo dello scibile.

Vale anche per certe persone assai preparate e colte, che però evidentemente si sono spinte troppo in là rispetto a ciò che effettivamente sanno, e la cui «ignoranza relativa» pur non così spudorata, è comunque intuibile. In particolare, diventa automaticamente tuttologo il politico che parla di scienza, il tecnocrate che si lancia in giudizi morali, l'imprenditore che delinea le proprie visioni sul futuro dell'umanità, scordandosi di indossare pur sempre i paraocchi del profitto privato.

L'accusa di tuttologia che si attirano questo tipo di soggetti, è ben diversa, e forse sottilmente più grave di quella levata contro i puri improvvisatori: li si ritiene degli irresponsabili per eccesso di sicumera, per allargare ad ambiti estranei alle loro competenze, metodi e idee maturati là dentro, che potrebbero anche far danni. Inoltre, usare l'indiscutibile autorevolezza del «competente» in ambiti dove di competenze se ne hanno poche o proprio nessuna, può influenzare decisioni sbagliate, se così facendo si abusa della mal riposta fiducia di qualche politico o amministratore locale.

Oggi si nota spesso una forma ancor più subdola di «tuttologia a propria insaputa» nell'uso sul territorio di esperti, anche di ottima levatura scientifica, che col territorio non hanno né vogliono aver nulla a che spartire. Tutto nasce in realtà dalla crisi di un altro tuttologo rivelatosi tale, ovvero l'architetto-urbanista pigliatutto, che con la parziale (parziale) esclusione del campo trasportistico, di fatto imperversava da decenni, e ancora imperversa, nel campo di qualunque politica urbana variamente applicata allo spazio. Verificato che non basta autodefinirsi planner per diventare tale, come certe lobbies professionali e accademiche invece sostengono da sempre, le amministrazioni per ruoli di coordinamento e consulenza puntuale ricorrono sempre più a sociologi, economisti, e altri esperti diversi dall'urbanista spazialista classico.

Ma si ripresenta di fatto sotto mentite spoglie il medesimo problema di prima: se l'architetto si improvvisava, prendendosi maledettamente sul serio, ingegnere trasportista o agronomo o sociologo, oggi abbiamo studiosi di discipline sociali del tutto ignari delle specificità dello spazio fisico, chiamati a prendere decisioni esattamente su quello spazio. Parlano di «territorio» pensando a una categoria dello spirito, o a una catena di decisioni, o rete di relazioni, e non a qualcosa che è fatto di distanze fisiche, qualità tangibili e misurabili. 

Cadono in equivoci analoghi a quelli degli architetti quando, convinti che la qualità spaziale avesse effetti miracolosi sulla società, convincevano la politica a investimenti «sociali» del tutto surreali, come combattere il disagio ignorandone del tutto le vere cause per puntare su pochi sintomi ed effetti. Mentre la risposta più ragionevole, a questa «crisi della tuttologia applicata», starebbe probabilmente nel tornare all'antica idea di urbanista, soggetto collettivo e composito anziché uomo solo al comando. Sono in grado, le nostre amministrazioni locali, magari con la collaborazione di associazioni professionali e università, almeno di iniziare un percorso del genere?

Su La Città Conquistatrice, moltissimi articoli ruotano attorno alla cangiante figura dell'Urbanista, ben diversa da un solo progettista di spazio fisico

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