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Sabato, 20 Aprile 2024
Città conquistatrice

Città conquistatrice

A cura di Fabrizio Bottini

L'utopista masochista fai da te

Esiste una tipologia di persone, o meglio un atteggiamento delle persone, rimasto sinora latente ma letteralmente esploso con la continua disponibilità delle bacheche di social network, ed è l'utopista solubile all'istante anche in acqua fredda. In realtà se ne erano intraviste tracce, ancora più estreme ma forse per questo meno pervasive, nella tipologia del «secondo me», quando sulla base di conoscenze nulle riguardo a qualunque argomento, e senza neppure sognarsi di dare un'occhiatina minima (a volte anche la prima riga della prima pagina Google o Wiki davanti al naso sarebbe un enorme balzo in avanti), si esprimono giudizi su qualunque cosa, ivi compresa l'età anagrafica di qualcuno, quando magari sta scritta sotto la foto che si commenta. 

Il «secondo me» in queste forme, però si autoesclude per eccesso di follia da un dibattito diciamo così mainstream, lasciando il campo alla versione apparentemente più meditata dell'utopia fatta in casa, o peggio ancora del cosiddetto progetto partecipato, in certo regime mediatico-politico di democrazia diretta apparentemente in gran voga. In principio era un problema, un solido, onesto, innegabile e tangibile da tutti, problema. Di norma si dice «mettersi di fronte al problema», ovvero considerarlo da vicino, capirlo, magari allontanare la prospettiva per un esame meno contingente, pur senza perdere di vista le categorie generali. Ma proviamo a fare un esempio pratico veloce.

C'è l'aria inquinata in quartiere, e le mamme dei bambini si uniscono in gruppo tematico aperto al resto della cittadinanza, per iniziare a costruire una sorta di pressione politica e trovare una soluzione al problema. Il caso peggiore di utopia solubile all'istante, senza capo né coda per assenza totale di contestualizzazione, è quando la soluzione facilona sta già nel titolo e regole del gruppo, cioè quando già campeggia su decisione autoctona di una intraprendente mamma qualunque «Chiudiamo alle Auto il Quartiere», magari con segnale di divieto di accesso, o autoritaria mano che intima Alt! 

Magari a qualcuno non pare così sbagliato, partire in tromba con quell'obiettivo, salvo che pensandoci solo una frazione di secondo si tratta di cosa non praticabile, né ora né mai, dato che quel quartiere (solo per fare un esempio) sta nel bel mezzo di un sistema di flussi da una zona A a un'altra zona B e viceversa, e anche solo per iniziare a pensare una cosa così si arriverebbe ben oltre la conclusione della scuola dell'obbligo per i nipoti degli attuali alunni di prima elementare. Ma anche se, ragionando con più chiarezza, le nostre mamme riunite in chat decidono di intitolare «Aria Fresca per Tutti», con foto di cieli azzurri e sbuffi di nuvole, ci sarà sempre una potenzialmente infinita massa di esperti autonominati, pur regolarmente iscritti al gruppo e quindi consiglieri accettati, che divagano su pedonalizzazioni autoritarie, sostituzione di tutte le auto del mondo con modelli elettrici o a pedali, realizzazione di una bolla trasparente come in quel film di fantascienza …

Tutto questo, in sé e per sé, sarebbe anche divertente, o addirittura democratico e partecipativo in un certo senso, se la totale latitanza di veri strumenti (elettronici e non elettronici) per sbrogliare le matasse in modo efficiente e adeguato, non finisse per indurre a certe scorciatoie. Nella situazione attuale infatti, all'esplodere di soggettività progettual-anarcoide necessariamente dilettantesca, per quanto espressione di assai concreti bisogni reali, non corrisponde alcun metodo, spesso alcuna volontà, di ricomporre la pluralità a unità. 

E così nel guazzabuglio di piccole idee e massimi sistemi che si ammucchia dentro a qualunque gruppo di interesse locale del genere, entra come nel burro il classico sbrigativo taglio del fastidioso nodo. Vuoi sotto forma di decisione autoritaria, vuoi secondo una ideologia della partecipazione «guidata», vuoi (ed è forse il caso più frequente) in una versione intermedia che incorpora aspetti dell'una e dell'altra. La decisione autoritaria, classicamente da esperti e istituzioni centralizzate, è quella ispirata dallo slogan «facciamo così nel vostro bene, e vedrete che è la scelta migliore». 

Sostenuta da un progetto strutturato e comunque inserito nel contesto, risponde davvero al problema, anche se lo fa a modo proprio, ignorando le spinte dal basso e l'espressione spontanea dei bisogni. La partecipazione guidata, che cerca il consenso della maggioranza, o di una minoranza fortemente qualificata, è quella classica delle assemblee, degli stage locali con tabelloni e tavoli di lavoro tematici, il cui progetto definitivo però finisce spesso per assomigliare in modo sospetto a quello autoritario degli esperti. Esiste uno sbocco meno ideologico? Forse si, se si chiariscono preventivamente i ruoli: la mamma infastidita per l'aria inquinata, ha una professionalità forte e qualificata solo come espressione del tutto legittima di bisogno: faccia quel mestiere, e pretenda che gli altri la ascoltino come suo diritto. Il resto, è un guazzabuglio di «secondo me» da dilettanti masochisti allo sbaraglio, come si può ampiamente verificare in una miriade di vicende locali pressoché identiche negli esiti tragicomici.

Su La Città Conquistatrice, l'ideologia della Partecipazione, dai suoi esordi verso la metà del XX secolo a oggi

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