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Giovedì, 28 Marzo 2024
Città conquistatrice

Città conquistatrice

A cura di Fabrizio Bottini

La Metropoli degli Immortali (o quasi)

C'è qualcosa che non torna, in certe campagne per la «città sostenibile», specie in quelle molto futuribili e progressiste dove tutti sfrecciano in bicicletta verso uffici scintillanti o spolliciano su un tablet seduti a gambe incrociate da qualche parte, magari su una delle tante imitazioni della High Line newyorchese. E non si tratta affatto della pura considerazione sul presente, ovvero che la città vera è ancora intasata di auto, che gli uffici sono luoghi brutti e frustranti, che i rilevati ferroviari abbandonati non sono affatto trasformati in parchi lineari per giovani post-moderni. Quello che non torna, in quelle campagne benintenzionate, ambientaliste, progressiste, sono i banali numeri della demografia, e le relative ragionevoli proiezioni sul futuro. Di fatto, proprio i miglioramenti (molto parziali, certo) dell'ambiente urbano e dei servizi dall'inizio del '900 a oggi, hanno fatto sì che cambiasse la composizione familiare e soprattutto si allungasse moltissimo l'aspettativa di vita. Se e quando arriveremo dalle parti di una «città sostenibile» insomma, non sarà certo per metterci dentro i giovani pimpanti in bicicletta che spolliciano sul tablet.

Niente contro, questa rispettabilissima categoria sociale, sempre che esista davvero, ma sta di fatto che col prolungarsi dell'età media e l'articolarsi della composizione familiare (nuove famiglie vuol dire sia coppie dello stesso sesso, che single, che molte altre forme) la città sarà popolata da una miriade di fasce sociali, di reddito, di età, di professione e ruolo, di cui quel tipo di giovane da opuscolo potrà al massimo rappresentare una piccola frazione, poco significativa dopo tutto. Detto in altre parole, lo spazio urbano, i servizi, l'assistenza, l'ambiente, la casa, la mobilità, il lavoro, la formazione permanente, tutto dovrà ruotare attorno all'idea di soggetti molteplici, diversi. E quindi, così come oggi per esempio accade con l'ergonomia delle barriere architettoniche o degli oggetti d'uso, adeguarsi alle necessità dei più deboli: anziani, bambini, disabili, ed eventualmente chi se ne prende cura.

Non si creda che questo debba significare la riduzione della metropoli a una specie di cronicario deprimente, però: l'idea di dinamismo, di sostenibilità, di progresso può e deve anzi sovrapporsi alla molteplicità dei soggetti e all'adeguamento ai bisogni dei più deboli. Se pensiamo a come può essere fatta una scuola, dove convergono sia i più piccoli, che i loro genitori, che i nonni, che altri abitanti del quartiere per altre attività (cultura o sport fuori dagli orari delle lezioni, lezioni di aggiornamento per chi ha da tempo passato l'età scolastica ecc.) possiamo farci un'idea di tutto il resto del modello urbano sostenibile.

La mobilità innanzitutto, che non solo sarà non inquinante, ma non potrà ridursi a quelle «autostrade ciclabili» tanto care agli ambientalisti sbadati di oggi: veicoli urbani anche motorizzati, reti varie di trasporto pubblico, percorsi pedonali e per le biciclette, tutto molto integrato con gli spazi da raggiungere anziché «segregato» come accade oggi con le pericolose strade. E lo stesso edificio scolastico, la sua collocazione nei quartieri e nella città, può e deve subire radicali mutazioni, soprattutto di funzionamento: aperto a tutte le ore, facilmente raggiungibile senza spostarsi più di tanto, dotato di strutture che accolgono ogni fascia di età e bisogni culturali, e cioè ispirato al meglio degli studi sociologici e urbanistici novecenteschi sulla cosiddetta «unità di vicinato». Ecco, se proviamo a pensare anche gli altri ambienti, dalla casa all'ufficio alla fabbrica al verde agricolo o per il tempo libero e lo sport, in questa prospettiva di inclusione, forse ci avviciniamo meglio a una risposta ragionevole alle esigenze del futuro.

Su La Città Conquistatrice un articolo e un link dedicati alla Metropoli nel mutamento demografico mondiale 
 

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