rotate-mobile
Giovedì, 28 Marzo 2024
Città conquistatrice

Città conquistatrice

A cura di Fabrizio Bottini

La piaga dell'assessore geometra

Qualche tempo fa, accadde che un assessore alla sicurezza, di fronte a un problema locale noto sui media come «Bosco della Droga», dichiarasse spavaldo che per risolverlo alla radice (letteralmente) avrebbe … tagliato il bosco. A parte il senso di ridicolo evocato da una frase del genere, e a parte anche le automatiche battute evocate, sul fatto che eliminando un pezzo ma lasciando l'altro ci saremmo magari poi trovati con la Radura della Droga, resta una sensazione di inadeguatezza nel metodo. Perché nella sua estrema schematicità, riassume davvero una miriade di casi analoghi (in realtà una quota rilevante di dichiarazioni, forse la maggioranza, delle dichiarazioni), in cui l'interpretazione della delega politica pare davvero aver preso troppo la mano dei nostri rappresentanti eletti, che invece di sostenere le proprie legittime affermazioni generali e strategiche coi dati forniti dai tecnici in quanto tali, si atteggiano chissà perché ad esperti, con risultati che se non paradossali come quello citato, risultano altrettanto sconcertanti. In particolare, sembra che quella curiosa e impropria tendenza ad «agire per progetti personali» già rilevata su queste pagine a proposito dei comuni cittadini, nel caso della politica locale e meno locale si manifesti in forme se possibile più acute, e sicuramente di maggiore impatto.

Responsabili politico-amministrativi per la sicurezza che scimmiottano linguaggio e dettagli operativi dei tecnici che non sono mai stati, descrivendo operazioni di ordine pubblico in quelli che secondo loro sono termini adeguati a «spiegare ai cittadini» come e perché i problemi si risolveranno. Ma che lasciano invece parecchie perplessità, visto che di solito si tratta di sintesi raccogliticce, che in fondo nascondono più di quel che raccontano. Chi ha deleghe complesse e molto tecnicamente articolate, come l'ambiente, i trasporti, l'urbanistica, poi, sembra aver assunto un atteggiamento che ricorda parecchio quello degli archistar o della nuova generazione di esperti globali molto mediatici, che volano da un convegno a un evento all'altro, diventati di fatto a loro volta portavoce del complesso lavoro di strutture progettuali raffinate, che operano dietro le quinte. Ma se queste nuove figure «star» possiedono comunque un'ottima competenza di base nel proprio settore, pur non avendo magari partecipato direttamente e in forma approfondita all'elaborazione dettagliata delle cose che stanno esponendo, col rappresentante politico eletto abbiamo invece sempre la certezza che tutto ciò che sa gli viene dai briefing dei suoi dirigenti, ed è anche molto probabile una sua totale ignoranza dell'argomento, visto che magari l'assessore all'ambiente prima era responsabile di partito per i diritti, e senza alcuna formazione scolastica specifica neppure per quello, oppure ci sta parlando di linee metropolitane avendo una degnissima laurea, ma in biologia, e via di questo passo.

Certo non c'è nulla di male a occuparsi politicamente di urbanistica se si è studiato teatro o acustica, e fino a una settimana prima si aveva la delega ai diritti dei minori: l'importante è saper fare politica e amministrazione, saper gestire e rapportarsi con le strutture tecniche (purtroppo ancora organizzate in modo piramidale sotto una singola delega politica tematica), fare da interfaccia tra alcuni interessi specifici e quelli generali. E invece ascoltiamo i nostri rappresentanti che descrivono densità edilizie, velocità massime, colori delle panchine e impianti di smaltimento dell'umido. Sentendoci un po' presi in giro anche quando il discorso fila alla perfezione, perché a ben vedere manca sempre la parte più importante, quella che dovrebbe stare al centro della cosiddetta «accountability», rispondere delle proprie azioni in modo trasparente e puntuale, e di cui quei pur interessanti progettini e progettoni sono soltanto dettagli, variabili dipendenti. Naturalmente nessuno pretende che il politico per così dire smetta di fare il proprio lavoro di esercizio del potere, e di esercizio adeguatamente discrezionale del potere, che l'ha condotto in quella posizione: solo vorremmo (e sarebbe anche tanto utile per riguadagnare fiducia) che le «comunicazioni tecniche» riguardassero ciò che meglio capisce e maneggia, ovvero gli equilibri con altri poteri, gli obiettivi generali davvero interessanti ai cittadini. A cui in fondo, salvo qualche sghiribizzo da tweet subito dimenticato, non frega gran che dell'organizzazione degli sgomberi di soggetti sgradevoli, ma di migliorare la vivibilità, oppure dell'altezza degli edifici, ma di accessibilità, qualità, giustizia. Quella è politica, e il lavoro da geometra lasciatelo fare a chi ha vinto un concorso per quelle competenze.

Su La Città Conquistatrice molti articoli provano a guardare da varie prospettive cosa significa essere Urbanista (anche politico)

Si parla di

La piaga dell'assessore geometra

Today è in caricamento