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Sabato, 20 Aprile 2024
Città conquistatrice

Città conquistatrice

A cura di Fabrizio Bottini

La sicurezza in bici è un dettaglio?

Chiedo preventivamente scusa a chi scorrendo negli ultimi tempi questa pagina di «note sulla città» si ritrova troppo spesso tra i piedi in un modo o nell'altro il tema del ciclismo, girato e rigirato come una frittata da tutte le parti. D'altro canto, non solo muoversi è parte integrante della vita urbana, ma proprio dall'ambito specifico della bicicletta e dintorni sembrano arrivare negli ultimi tempi moltissimi spunti di riflessione che poi, va da sé, si allargano a comprendere fette assai più ampie della nostra vita e benessere. E partiamo di nuovo in groppa a un sellino anche stavolta, per notare come la recente entrata in campo massiccia di nuovi operatori bike sharing, in un modo o nell'altro, confermi la chiarissima tendenza a mezzi che (lo osservano praticamente tutti i collaudatori/commentatori) penalizzano certe praticità ed esteticità, sbilanciandosi parecchio verso la sicurezza. Proviamo a fare un elenco molto sommario di queste caratteristiche, che accomunano in un modo o nell'altro tutti i veicoli destinati all'uso condiviso: un peso relativamente elevato, poca condiscendenza verso accessori anche considerati minimi se non indispensabili come i cestini di carico, abitabilità abbastanza ridotta tra impianto rigido, gomme piene, cambio inesistente o ridotto ai minimi termini.

Naturalmente si tratta di caratteristiche più o meno accentuate, nelle varie diverse proposte di veicolo e marchio, ma puntualmente rilevabili, e che puntano però in una direzione sola: affidabilità massima del mezzo di trasporto in quanto tale, eventualmente a scapito di altre qualità considerate secondarie. Mentre invece questi aspetti paiono per converso i più relativamente trascurati dal mercato dei veicoli privati a due ruote, sempre prontissimo a adottare ogni innovazione meccanica anche radicale, ma molto molto debole (salvo forse sul versante della frenatura) quando si tratta di garantire davvero al massimo spostamenti in sicurezza. Il primo esempio, abbastanza lampante se si scusa il giochetto di parole, è la generale inaffidabilità degli impianti di illuminazione, impensabile nei veicoli a motore, e causa indiretta di tanti incidenti anche mortali specie in zone extraurbane. Se si dovesse trovare al volo qualcosa che viene trascurato nelle biciclette, basta appunto dare un'occhiata ai fanali: esposti a qualunque minimo urto che li fa andare a pezzi, ancorati in modo puntualmente precario nelle più svariate posizioni, con una alimentazione altrettanto primitiva e contatti altrettanto instabili. Ci sono poi le forature, così rare nei veicoli a motore, e così frequenti invece nelle biciclette, e per motivi che credo nulla abbiano a che fare con la tecnica, e molto con certa cultura da cultori «pionieri» che in fondo la foratura la amano, come banco di prova per la sopravvivenza.

E si può andare avanti così, dai cestini anche capienti ma abbastanza ingestibili in sicurezza se davvero carichi, alla media dei freni inadeguati a velocità anche minime in casi di emergenza quotidiana. La domanda, concludendo la necessariamente breve sintomatica rassegna, è se il mondo della mobilità individuale alternativo a quello dell'auto in proprietà – tra biciclette e altri trabiccoli più o meno elettrificati dalle effimere mode e utilità – sia davvero in qualche modo «alternativo», ovvero se si sovrapponga sul serio e seriamente alle funzioni sinora coperte dal veicolo a motore, oltre certe superficiali e militanti asserzioni. Spostarsi con un carico, al buio, in condizioni variabili di visibilità e rapporto con altri veicoli, pur su distanze abbastanza ridotte, è davvero un ambito di concorrenza tra bicicletta e automobile? Certe tendenze rilevate all'inizio, del bike sharing, parrebbero dire di sì, ma si dovrebbe fare molto di più perché il sistema privato dei prodotti, servizi, reti e culture che ruota attorno alla bicicletta si adegui, «scongelandosi» dall'attuale condizione ancora amatoriale-sportiva a cui l'ha ridotto sin dagli albori del '900 la prevalenza automobilistica.

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