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Giovedì, 18 Aprile 2024
Città conquistatrice

Città conquistatrice

A cura di Fabrizio Bottini

Le ideologie inventate della sicurezza urbana

Si riparla di sicurezza (come sempre) nei toni militaristi ferro e fuoco, salvo poi tirar fuori dal cappello (anche) una serie di misure sostanzialmente e dichiaratamente orientate alla cosiddetta sicurezza percepita. Ma c'è qualcosa in più, che va oltre la pura e vistosa contraddizione, sempre al centro di infuocati dibattiti «politici», fra statistiche dei reati che calano e apprensione dei cittadini «preoccupati dalla criminalità». Questo qualcosa sono le cosiddette basi teoriche della altrettanto cosiddetta tolleranza zero, che a volte qualche raffinato intellettuale della destra (a volte della destra a sua insaputa) fa risalire ai tempi in cui Rudy Giuliani, attuale avvocato di Donald Trump, si costruiva una sua fama di riqualificatore di città a colpi di manette, che farebbero salire vertiginosamente i valori immobiliari entusiasmando finanza e settori collegati. Ci raccontano, gli intellettuali di cui sopra, che esiste una scientifica Teoria della Finestra Rotta, così funzionante: quando vedi un vetro spaccato ma lo lasci stare lì a far ragnatele invece di ripararlo alla svelta, chi ha tirato quel sasso sentendosi impunito ne romperà altre, di finestre, imitato a ripetizione da altri teppisti, criminali, ladri, imbrattatori, perché da cosa nasce cosa. Nelle cupe città americane degli anni '70 non si era capito che quello, fosse il problema, ma poi arrivò Giuliani a inseguire i teppisti uno a uno appena ci provavano, fino a far diventare New York il paradiso dei turisti che è oggi.

Perché non imitarlo? Perché non lasciare perdere quel solidarismo straccione che vuole essere comprensivo nei confronti dei devianti, ma finisce per subire la criminalità che si tirano appresso? Il fatto è, che le cose non stanno affatto così, e proprio a partire dalle basi teoriche. Anzi, quella notoria politica della Tolleranza Zero, di basi teoriche (e di risultati conclamati verificati) non ne ha affatto: tutto si basa su un equivoco di partenza. Il saggio indicato dalle leggende metropolitane come origine di tutto viene pubblicato nel 1982 su The Atlantic da due consulenti della Polizia, e pur facendo riferimento ad alcuni studi scientifici non è esso stesso (né nella forma, né per la natura della rivista) di contenuto scientifico. Si limita ad accostare alcune idee e fare una proposta operativa. La prima idea è appunto quella della finestra rotta, concetto elaborato dagli psicologi urbani negli anni '60 e che dice alla lettera: abbiamo rilevato che trascuratezza tira altra trascuratezza a valanga. Lasci un mucchio di rifiuti e se ne formeranno decine di altri, non riprendi i ragazzotti schiamazzanti, e inizierà a far casino qualcun altro, eccetera. Stop. Cioè, la teoria finisce qui, lascia (come succede sempre nel campo degli studi) aperta la strada a ulteriori ricerche sul campo sia sugli effetti a medio termine, sia eventualmente per contestare quelle conclusioni. Ma i nostri autori su The Atlantic non sono scienziati, e provano ad aggiungere altra carne al fuoco per motivi loro.

Questi motivi sono presto spiegati nel famosissimo «Città: a cuccia!» con cui il presidente repubblicano Gerald Ford, ben consapevole di avere un elettorato conservatore villettaro e suburbano, rispondeva con furiosi tagli di risorse finanziarie alle domande delle grandi metropoli, vittime della fuga dei ceti medi bianchi verso i quartieri degli steccati bianchi, dove non c'erano fastidiosi afroamericani a reclamare diritti civili. I tagli di Ford alle città che dovevano stare buone a cuccia e non rompere le scatole, riguardavano anche e soprattutto le risorse per l'ordine pubblico e la lotta alla criminalità, e questo poneva i comandi di Polizia di fronte a un problema serio: come continuare a fare il proprio lavoro efficacemente, anche e soprattutto sul versante dell'immagine della categoria? Ed è qui che arrivano i nostri due Autori su The Atlantic marzo 1982, separando concettualmente i due aspetti della sicurezza reale (i reati veri e propri, specie quelli violenti), e della sicurezza percepita, ovvero il disagio e vago timore degli abitanti per ogni situazione «irregolare» (le finestre rotte appunto, ed ogni altro spunto di comportamento contrario a convenute regole di convivenza).

La domanda a cui si risponde, non è come garantire più sicurezza, ma come cercare un nuovo equilibrio tra la limitatezza di risorse umane e finanziarie dopo i tagli alle amministrazioni di Ford, e una relativa efficienza delle forze di polizia nelle città. Da qui la divaricazione concettuale: da un lato una filiera che comprende indagini, acquisizione di prove, arresti, conferimento ai tribunali e condanne; dall'altro quello che si sviluppa sostanzialmente come attività di pubbliche relazioni con la cittadinanza, diventata essa stessa da un lato gli «occhi sulla strada» delle forze dell'ordine, dall'altro depositaria di «regole extralegali» da rispettare perché l'azione di polizia risulti vistosamente efficace. Due universi separati, con due obiettivi certamente convergenti (nel profilo pubblico dei comandi di polizia) ma distinti nell'operatività e nei metodi. Che in una interpretazione progressista avrebbero sicuramente visto una sorta di assorbimento civico della figura del poliziotto in qualcosa di molto simile al «vigile di quartiere», che collabora gomito a gomito coi cittadini consapevoli nel costruire abitabilità e soddisfazione. Ma che invece nella pratica reazionaria, destrorsa, e con l'occhiolino già strizzato ai futuri palazzinari «gentrificatori» non a caso poi dilagati in quei quartieri messi a ferro e fuoco, diventa Tolleranza Zero: applicare anche ai piccoli comportamenti antisociali le medesime sanzioni-repressioni militaresche dei veri e propri reati violenti da arresto e processo.

Insomma la debolezza di questa originaria e riciclata «Teoria della Finestra Rotta applicata all'Ordine Pubblico nei Quartieri con Scarsità di Risorse Umane» sta nel non essere una teoria, nel non essere scientifica, e nel prestarsi parecchio a interpretazioni diversissime. Schematicamente una di destra repressiva (e speculativa, scopriremo poi) e una mai davvero sperimentata progressista, che forse avrebbe anche funzionato di più sul versante delle economie interne alle forze dell'ordine, usate per fare il proprio lavoro invece che per costruire superficiale immagine pubblica di efficienza, senza risolvere davvero problemi, né di finestre aggiustate né altro. Ricordiamocene, quando qualcuno ricomincerà a voler mettere divise mimetiche dappertutto, ronde armate che reprimono le grigliate di salsicce nei parchi con musica troppo alta e roba del genere. Più che Destra contro Sinistra, qui si stanno scontrando ideologia dell'ignoranza e confuse buone intenzioni. Facciamo se non altro chiarezza.

Su La Città Conquistatrice, disponibile per la prima volta in italiano, George L. Kelling, James Q. Wilson, Teoria della Finestra Rotta e sicurezza urbana percepita (1982) 

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