rotate-mobile
Giovedì, 25 Aprile 2024
Città conquistatrice

Città conquistatrice

A cura di Fabrizio Bottini

Ma alla gente interessa l'urbanistica?

Come hanno capito alcuni politici (altri pare non ci sia proprio verso) spesso il social network rappresenta un'ottima finestra interattiva sul mondo, splendida rappresentazione di ciò che si muove ai vari livelli. E mi è accaduto dentro il minuscolo orticello delle trasformazioni urbane di leggere recentemente uno dei numerosi contatti nel mondo professionale degli architetti sbottare: «Ma alla gente interessa l'urbanistica?». Si riferiva esplicitamente alla scarsa considerazione che di solito, dentro la formazione dell'opinione pubblica sul presente e il futuro delle città, hanno quegli aspetti essenziali della prospettiva tecnico-scientifica basata sulle analisi sociali, spaziali, e sulle conseguenti regole e norme relative alle forme edilizie, densità, funzioni, composizioni.

Eppure, tutta quell'ansia di partecipazione che si esprime tra urla nelle assemblee più o meno nimby, nei processi pilotati da amministrazioni comunali o decentrate, nelle discussioni formali o informali su vari supporti, indicherebbe invece un grande, crescente interesse, proprio per le regole che plasmano lo spazio della vita quotidiana, del lavoro, della contemplazione e del relax, dell'abitare e del relazionarsi. Ma non se ne coglie però lo stretto intreccio, salvo quando arrivati al punto cruciale di quelle regole in un modo o nell'altro tocca occuparsi per forza, e allora si delega con svariati canali, vuoi al «militante savant», vuoi al consulente di parte, vuoi al referente politico e tramite esso ai medesimi uffici tecnici schifati di primo acchito.

Forse ancora una volta è tutta colpa del '68. Battuta strumentale ad effetto, questa, per dire che almeno qui in Italia la nascita dei corsi universitari per formare ad alto livello un urbanista moderno, in grado di rispondere alle domande della società, nasce in modo abbastanza schizofrenico. Cioè, mentre da un lato a cavallo tra la fine degli anni '60 e la prima metà dei '70 si impongono una diversa idea di partecipazione, di politica, di rimescolamento gerarchico, quella specifica figura culturale-professionale nasce in realtà secondo criteri abbastanza tecnocratici e riferiti ad epoche precedenti, delegando proprio alla politica quegli aspetti di innovazione di cui forse avrebbe dovuto farsi carico in modo diretto. Intendiamoci, formare a tutto tondo, pur con tutti i difetti e lacune del caso, un tecnico che sappia inserire (come si intende verso la metà del '900 in tutta Europa) il territorio, la casa, i servizi, i trasporti, dentro il sistema del welfare con competenza e consapevolezza, è comunque un grande passo avanti rispetto alle pure benintenzionate intuizioni degli architetti, o al macchinismo industriale degli ingegneri puri di stampo ottocentesco.

Ma rimane quella divaricazione storica, tra la nascita di un tecnocrate da inserire negli apparati pubblici, e la dichiarata crisi di quegli stessi apparati pubblici e culture sottese, sancita da ciò che ancora oggi un po' imprecisamente chiamiamo «1968». C'è già tutta quell'ansia di partecipazionismo che ancora mezzo secolo dopo fa insorgere comitati di ogni genere contro l'autorità qualsivoglia, che riguardi acquisiti diritti privati di trasformazione urbana definiti «cementificazione contro i cittadini», o veri e propri diritti collettivi della città scambiati come insostenibile oppressione da una piccola organizzata lobby che si autonomina «democratica», ma che di fatto senza rendersene conto si schiera a difesa di un odioso privilegio. Di tutto questo l'urbanista tecnico è ben consapevole, sa che in un modo o nell'altro dentro la sua scatola degli attrezzi stanno alcuni strumenti (per esempio il cosiddetto trasferimento dei diritti edificatori) in grado di sciogliere nodi, ma gli manca del tutto la sintonia politica col suo referente, troppo a lungo delegata a entità nel frattempo sparite o ormai rivolte ad altri fronti. Estinguersi, come in parte sta già avvenendo anche nell'università, e tornare alle vecchie figure del professionista pigliatutto arricchito con gli strumenti mediatici da archistar (o archistarlet locale)? Sperare nell'avvento della plannerless city gestita da robot artificialmente intelligenti e senza le fisime degli urbanisti in carne ed ossa? Ah: saperlo!

Su La Città Conquistatrice il tag Urbanista comprende articoli storici e contemporanei sull'argomento

Si parla di

Ma alla gente interessa l'urbanistica?

Today è in caricamento