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Sabato, 20 Aprile 2024
Città conquistatrice

Città conquistatrice

A cura di Fabrizio Bottini

Pistola Due: un giustiziere immerso nel verde

Alle prossime elezioni comunali di Milano, un partito di destra presenterà tra i candidati di punta per il consiglio il pensionato sessantacinquenne diventato improvvisamente famoso per aver ucciso un intruso nella sua casa, in un piccolo centro suburbano ai margini dell'area metropolitana. Certo, non c'è nulla di nuovo nell'uso strumentale della notorietà a scopi politici, come succede ad esempio con personaggi dello spettacolo, ma la questione oggi assume un particolare valore simbolico per il modello di convivenza civile e urbano che sottende. E non mancano precise coerenze di tipo urbanistico, anche se la cosa può apparire a prima vista strana e addirittura forzata. Proviamo a guardare, da questo punto di vista, anche solo a due degli ultimissimi casi di sparatorie casalinghe con morti in villetta, a pochi giorni e pochi chilometri l'uno dall'altro.

In un caso, ancora in corso di accertamento da parte della magistratura, c'è stata una difesa diciamo così preventiva, ovvero il padrone di casa avrebbe sparato al ladro senza troppe storie, rivendicando in sostanza l'autodifesa fai da te, e conquistandosi così quella proposta di rappresentanza politica. In un secondo caso, c'è la storia di una rapina con sequestro, dai presupposti senz'altro più drammatici, le minacce col coltello, l'affrontarsi diretto, e poi le dichiarazioni per nulla compiaciute del traumatizzato sparatore. Insomma due casi molto diversi, unificati però dal tipo di ambiente urbano-sociale che gli fa da sfondo: il suburbio metropolitano di casette con giardino, da sempre teatro di queste vicende perché luogo in fondo paradigmatico di uno stile di vita. Quando mai la cronaca ci racconta di cose del genere in città? Certo anche nelle strade urbane non mancano di sicuro fatti di sangue e violenza, rapine, morti ammazzati, ma pare chiaro a tutti che l'irruzione di banditi giù per lo scivolo della tavernetta o appena oltre il cancello del giardino con la madonnina di Lourdes, richiama quei luoghi fatti di stradine, percorse quasi sempre solo dalle auto, deserte salvo il rientro dei ragazzini da scuola o l'uscita per il giretto del cane.

Sono anche, come ci raccontano infiniti studi internazionali, i luoghi simbolo e sostanza dei partiti di destra e del loro consenso: il culto del privato e della famiglia, della proprietà, il lieve disprezzo verso tutto ciò che è pubblico e collettivo, l'identità relativamente chiusa sul locale, sulla fascia economica, sulla conoscenza diretta. Ed è, anche, questo sprezzo di tutto ciò che è pubblico e collettivo, la base fondante della città terzo millennio della destra, la sua urbanistica fatta di enormi progetti di trasformazione privati, concepiti in fondo col medesimo schema del quartiere di villette, salvo metterci delle torri residenziali di lusso progettate da qualche archistar, e un'opera d'arte postmoderna invece della madonnina nella sua grotta di cemento. Nelle finte piazze privatizzate di questi quartieri, invece del giustiziere suburbano fai-da-te, ci saranno magari (come già ci raccontano attente osservatrici come Anna Minton o Saskia Sassen) le guardie armate pagate dal condominio, o dall'associazione commercianti. Che magari saranno un po' più professionali nello sparare a vista, o magari nel non sparare affatto perché prevenire è meglio che curare. Ma il trasloco dell'ambiente suburbano in città, a costruirsi uno zoccolo duro di consenso di destra ed espellere il resto, usa queste strategie.

Su La città Conquistatrice una serie di articoli dedicati al tema dello Spazio Pubblico e dei suoi rischi di estinzione

Su Eddyburg una mia traduzione dell'ultimo contributo di Saskia Sassen dedicato ai grandi progetti di privatizzazione urbana nel mondo
 

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