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Giovedì, 25 Aprile 2024
Città conquistatrice

Città conquistatrice

A cura di Fabrizio Bottini

Politiche urbane: le cinghie di trasmissione del progresso

Qualche giorno fa, molto probabilmente per caso, un ex leader politico irriducibile al dimenticatoio ha pubblicato su un quotidiano una sua lunga riflessione (almeno così la intendeva lui) dedicata a progressismo e tutela dell'ambiente. Il caso ha voluto che la pubblicazione di quell'articolo – certamente a lungo meditato e passato attraverso vari stadi – coincidesse con l'ennesima emergenza meteorologica da acquazzoni stagionali, frane, dissesto urbano e purtroppo anche vittime.

Contemporaneamente, e di sicuro nella scia dei medesimi acquazzoni e disastri, le statistiche di lettura del mio sito www.cittaconquistatrice.it vedevano rispuntare alla grande e balzare in testa al gradimento dei frequentatori un vecchio post, estratto critico dal sito dell'amministrazione di Portland, Oregon, e dedicato agli «arredi urbani ecologici». Inutile specificare che tra gli scenari globali tratteggiati dall'ex leader politico irriducibile, e qualche progetto da geometra o giardiniere, esiste un vuoto anche mediatico e culturale apparentemente incolmabile. Ma questo è davvero un problema, anzi forse il problema principale: cosa prova, in realtà, a colmare la voragine fra i grandi, indefinibili per essenza, temi ambientali, e le piccole proposte tangibili di risposta parziale? Di solito, una montagna di congetture e cretinate, che contagia con la propria cretineria sia l'universo mondo che il piccolo progetto.

Perché naturalmente guardato dal punto di vista di un decisore qualsivoglia di alto profilo, il «problema ambientale» è, deve essere, questione di grandi orizzonti generali, dove tutto appare osservato dall'alto, le singole decisioni sono solo un brulichio lontano, su cui spiccano poche grandi categorie. Concrete, certo, e anche facilmente esemplificabili in piccoli gesti quotidiani, come accendere il motore dell'auto, emettere gas, riscaldare il pianeta, far sciogliere le calotte polari. Che però restano inevitabilmente sospese nel vuoto, appaiono insomma parecchio sospette di autoreferenzialità, le cosiddette «chiacchiere dei politici», belle parole per nascondere incapacità ad agire. Poi ci sono le aiuole spartitraffico allestite a verde per migliorare il ciclo delle acque e combattere alcuni effetti delle precipitazioni più intense indotte dal medesimo cambiamento climatico (di quello si parlava nell'articolo che continua ad avere tanto successo). Queste, agli occhi dell'uomo della strada, e comunque del cittadino distante dalle gradi strategie decisionali, paiono davvero la risposta concreta ai problemi: ma si tratta di una risposta efficace, o di un analogo «agire a vanvera» schivando il problema? Perché non saranno certo quegli arredi e fronzuti cespugli a salvare il pianeta, su questo concordiamo tutti. La questione sta appunto e ancora nella vertiginosa distanza fra i due piani, impossibile da colmare sia con la sola retorica che con la sola azione tangibile.

Esiste però un ambito del tutto sottovalutato, forse perché nessuno ci si riconosce davvero, nessuno si sente «davvero rappresentato» là dentro, ed è quello delle politiche ambientali e urbane: sono al tempo stesso politiche, cioè decisioni generali, e agiscono sull'ambiente a tangibilissima scala urbana. Scendendo di un gradino rispetto agli scenari planetari e delle strategie multinazionali, la politica già entra in quel campo, dove deve confrontarsi direttamente con obiettivi, scadenze, vincoli tecnici ed economici. Salendo un gradino rispetto al cordolo che cinge le graziose aiuole spartitraffico, si entra subito in contatto con altri programmi complementari, che toccano la riduzione del traffico (per rendere possibili quelle scoperchiature di asfalto che contengono le aiuole, ma anche indirettamente contenendo gli scarichi di gas), le trasformazioni urbane per il risparmio energetico o gli orti di quartiere. Sempre più spesso, questi insieme di politiche, accorpando anche piani generali tradizionali come quelli urbanistici, dei trasporti, dello sviluppo socioeconomico, nascono sulla base di obiettivi climatici condivisi con quelli di scala superiore. La sola consapevolezza attiva, ovvero partecipazione dei cittadini in qualche forma a questi due livelli di politica intermedia (delega, referendum, formazione dei programmi locali) inizia a colmare quel vuoto di cui si diceva all'inizio. E il rapporto fra le catastrofi planetarie annunciate e le aiuole spartitraffico impropriamente apprezzate per motivi estetico-simbolici, ad assomigliare un po' di più ai cosiddetti consumi consapevoli. Molto meglio di niente.

Su La Città Conquistatrice gli estratti da City of Portland, Green Streets: una politica anti-alluvioni

Politiche urbane: le cinghie di trasmissione del progresso

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