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Venerdì, 29 Marzo 2024
Città conquistatrice

Città conquistatrice

A cura di Fabrizio Bottini

Quanto è naturale la natura

Qualche giorno fa, durante una passeggiata, sono stato apostrofato da un tizio col classico: "Cosa ci fa qui, lei, ma lo sa che è proibito?". Memore di antichi incontri analoghi, con linguaggio ed epiloghi assai meno civili, ho immediatamente riconosciuto l'errore anche senza coglierlo davvero, salvo poi leggere, all'uscita da quel recinto sacro di cui non avevo davvero capito l'esistenza, il cartello 'Vietato l'ingresso alla riserva naturale'. Perché di quello si trattava, di uno di quegli spazi che le associazioni ambientaliste si autogestiscono per tutelare un contesto o una specie particolare meritevole di protezione, a scopi magari anche didattici o scientifici.

Iniziative meritevoli, nel nostro mondo dove pare si estinguano a ritmi inquietanti specie viventi che magari fra alcuni anni scopriremo essere indispensabili per qualche funzione essenziale degli ecosistemi, e che oggi lasciamo andare in malora per pura trascuratezza, sbadataggine, stili di vita sbagliati. Tutto questo, però, non mi levava dalla testa il fatto, in sé curioso da solo, che proprio alle porte della metropoli, o addirittura dentro, si moltiplichino attività del genere, il "santuario della natura" inaccessibile, ritagliato dentro a un parco già tutelato come tale, ma dove i comuni mortali non hanno accesso, considerati alla stregua di una orribile malattia. Non potevo fare a meno di sentirmi un po' come quello spermatozoo nero sperduto in mezzo a colleghi bianchi in quell'esilarante scenetta di Woody Allen.

Né posso fare a meno, di accostare questo curioso concetto del patckwork di santuari naturali inaccessibili all'umanità, alle aspre discussioni in corso sull'abbattimento sbrigativo a fucilate di varie specie, dalle nutrie, ai cinghiali, ai lupi, a ungulati assortiti, colpevoli di fare il proprio mestiere di natura, ma di farlo (esattamente come è capitato a me) oltrepassando il sacro recinto, ma nell'altra direzione. Toponi acquatici che scavano negli argini dei fiumi indebolendo le difese del territorio, i maialoni pelosi che grufolano nei campi coltivati e spaventano i contadini, branchi ululanti all'assalto delle greggi in transumanza, cerbiatti che spazzano via l'orto biologico della signora Pina appena dietro casa. Quando è troppo è troppo, ma non li vedono i cartelli, questi analfabeti a quattro zampe? Qui dentro è riserva naturale per bipedi umani, garantita dalle doppiette: per dirla in inglese, di gran moda, Trespassers Will Be Prosecuted. E senza regolare processo.

Per restare alla citata lingua inglese, ricordo che l'ambientalismo ha coniato il concetto di "urban encroachment", a descrivere il processo che sta attorno a questa balcanizzazione degli spazi di vita delle specie in conflitto. Urban encroachment è quando l'espansione degli insediamenti umani si va a sovrapporre agli ecosistemi naturali, modificandone irreversibilmente gli equilibri, e creando appunto quei luoghi curiosi e inediti dove i passeri imparano a star svegli di notte per via dei lampioni, o le volpi ad abitare nei cassonetti della spazzatura come fossero complessi di case popolari prefabbricate. Si tratta di ambienti che esistono, si sono consolidati, negarli è pura follia, come è folle trattarli alla stregua dell'antica, sparita per sempre, distinzione fra città e campagna, evaporata con l'avvento delle automobili, dei telefonini e di tutte le innovazioni tecnologiche e sociali recenti. In questo ambiente urbano allargato (quando l'Onu parla di urbanizzazione planetaria, si riferisce proprio al cambio di paradigma, non certo all'asfaltatura della superficie terrestre), ha ancora senso ragionare per "oasi naturali" santuario e impenetrabili, anche là dove appare evidente l'avvenuto miscuglio? Sicuramente no, e dovranno imparare prima o poi a tenerne conto sia quelli che girano come idioti con la pallottola in canna, e il rischio di spararsi sui piedi, sia gli integralisti della riserva di riproduzione urbana della faraona pennuta. Sediamoci a un tavolo, magari disarmati.

Su La Città Conquistatrice la sezione Natura affronta con numerosi contributi proprio l'intricato tema della sovrapposizione fra urbano ed ecosistemi

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