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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Città conquistatrice

Città conquistatrice

A cura di Fabrizio Bottini

Sicurezza scolastica

Non passa giorno senza che qualche responsabile politico non proclami qualcosa a proposito di edilizia scolastica e sicurezza: soffitti che rischiano di crollare (o sono già crollati rovinosamente) in testa agli studenti, aule didattiche e di servizio così conciate che non ce la fanno proprio più a svolgere il proprio compito di contenitori di pedagogia qualsivoglia, cantieri lasciati a metà che assomigliano troppo da vicino ad una definitiva dismissione, con tanto di occupazioni abusive di soggetti indesiderabili. Sarà per questo motivo, si potrebbe vagamente intuire, che non si conferisce mai un adeguato peso all'altra questione della sicurezza scolastica, ovvero quella della effettiva fruibilità dall'esterno, l'accedere tranquillamente insomma. Forse, ragionano sotto sotto i nostri responsabili, lasciando accumulare ostacoli a quell'accesso, si finirà da un lato per assottigliare le quantità di chi riesce ad arrivare sano e salvo là dentro, iniziando la fase due del rischio, dall'altro per distrarre l'opinione pubblica dandole in pasto argomenti nuovi di dibattito.

Accade, questo, ogni qual volta si verifica un incidente stradale «nei pressi» di una scuola, con dinamiche che paiono scritte da uno sceneggiatore seriale tanto sono ripetitive. C'è il bambino più piccolo sfuggito per un istante al controllo dell'accompagnatore adulto e che taglia la strada al veicolo di passaggio o in manovra nel parcheggio, o un attraversamento sulle strisce interrotto bruscamente dal botto delle lamiere sul corpo del malcapitato. Sempre uguale: due flussi contrastanti, mescolati molto malamente dentro il medesimo bacino, senza alcuna chiara indicazione di convivenza o separazione reciproca, che prima o poi finiscono per incrociarsi come non si deve. È appena accaduto a un bambino sulle zebre in una via di Milano, ricoverato in gravissime condizioni dopo l'investimento di una grossa moto che stava accelerando sul rettifilo, e subito ribolle il «dibattito», anche questo scritto dal medesimo sceneggiatore seriale senza alcuna fantasia, o rivolto a un pubblico che ama pazzamente le ripetizioni.

Il motociclista era ubriaco? Rispettava i limiti di velocità? Ah signora mia, questi vigili lazzaroni che non ci sono mai quando serve, quando ci vorrebbero sanzioni esemplari e severissime per chi non rispetta il codice della strada, anzi sa cosa le dico: in certi casi ci vorrebbe la pena di morte, così questi spericolati la capiranno una buona volta! Poi ci sono gli psicologi più attenti al genitore stressato che si distrae lasciando il bambino ad attraversare solo, o d'altro canto i garantisti a motore che sventolano rilievi della vigilanza alla mano la candida innocenza del motociclista, che procedeva del tutto regolarmente, finché il pupo non gli si è parato davanti davvero sbucando di corsa dal nulla, si sa come sono questi cuccioli a due o quattro zampe, sono le mamme che dovrebbero badargli, e invece sempre al telefono …

Nessuno mai (salvo qualche di solito inascoltato rappresentante del quartiere) che si soffermi sul fatto, in genere evidente al limite della spudoratezza: quel passaggio pedonale, quel rettifilo infinito e concepito per velocità medio alte, di fatto attraversano il «cortile della scuola», non dovrebbero star lì, sono già da soli come un soffitto sul punto di crollare o una parete dei bagni che trasuda umidità a secchiate. Ma quando proverete a farlo presente a un pensoso responsabile della sicurezza scolastica, vi risponderà sereno: «questo non è di mia competenza».

Contento lui …

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