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Sabato, 20 Aprile 2024
Città conquistatrice

Città conquistatrice

A cura di Fabrizio Bottini

Virus e città semivuota, ma si notano di più certi abusi

I giornali hanno addirittura inaugurato piccole rubriche per raccontare come la Milano operosa e normalmente intasata di multiforme traffico a causa dell'emergenza Covid-19 abbia assunto un aspetto totalmente surreale, che forse non abbiamo mai visto neppure all'alba di Ferragosto o in qualche dopopranzo natalizio. Meno turisti, meno forniture per negozi ed altri esercizi, meno pendolari anche per le attività che funzionano a pieno ritmo grazie alla attivazione del telelavoro, si calcola che in città sgomitino circa un milione di persone in meno. Non lo si nota affatto se si frequentano i parchi cittadini, dove anzi pare aumentata a dismisura la quantità delle persone a occupare ogni panchina, o nei prati a tirare la palla al cane, o a guardare le torme di ragazzini che in vacanza obbligata per le scuole chiuse sfogano un po' di energia in partite di basket dove ci sono i canestri, o semplicemente ascoltando quella loro musica lagnosa con testi predicatori a volumi impossibili da qualche trabiccolo nello zainetto. Si nota invece l'incredibile disparità tra una città semivuota quanto ad auto, e i comportamenti cafoni e scorretti che, in numero assoluto, paiono del tutto invariati.

Nell'edizione nazionale di Repubblica si prova a buttarla in una specie di anelito alla normalità imbruttita: «c’è una zuffa per il parcheggio (in sosta vietata). Uno è ticinese, l’altro è fuori di sé: «Pirla che non sei altro, mi hai fregato il posto. Pirla, io ti denuncio! ». È un buon segno di ripresa, Milano sta tornando quasi normale» (Brunella Giovara, Milano ci prova, 29 febbraio). Ma in realtà, come ha potuto notare chiunque, le auto padrone assolute scorazzanti ovunque decidano faccia comodo non sono state né sono segnale di alcunché, salvo della propria esistenza immutabile. Decine, centinaia, migliaia, di piazzole vistosamente libere e disponibili dappertutto, ma i clienti affezionati della lavanderia che si piazzano sul mio cancello in pianta stabile, o i clienti del bar in terza fila anche in assenza delle prime due e col bar chiuso, o gli accodati di massa sopra il cordolo della pista ciclabile dedicata, loro sono sempre lì. Micidiali, granitici, serenamente stolidi come quelli che «'spetto la mujère che fa 'a spesa» di traverso davanti alle porte a soffietto del supermercato semideserto. Veri testimonial pubblicitari, se necessario, di quanto campate per aria possano essere sia certe campagne repressive di quei comportamenti, a fronte dell'assenza di un esercito sterminato di spietati vigili urbani con blocchetto, sia gli appelli a un misterioso senso civico di rispetto delle regole. Perché evidentemente questi signori, queste centinaia, migliaia di signori, le regole ritengono di regolarsele magnificamente da soli, e come vi risponde sempre il tizio in attesa della mujère: «sono più comodo».

Emerge insomma che decenni di progettazione e gestione della città pensando alla coccolatissima tonnellata di lamiera, che tutti si portano appresso come una protesi irrinunciabile, hanno sedimentato questo genere di sensibilità: vado ovunque posso fisicamente spingermi, quello è l'unico limite ragionevole. Le classificazioni a passo carraio, marciapiede, zona a traffico limitato, pista ciclabile, verde pubblico, area carico scarico, passaggio pedoni, sono – secondo l'automobilista protesico novecentesco – tutte sovrastrutture ideologiche di qualche stravagante politico che ignora la vita vera. Se vogliamo provare in qualche modo a rimediare i danni peggiori del lungo secolo auto-oriented sulle nostre città, ci serviranno pochissimo campagne repressive o educative, almeno se non diventano sovrastrutture complementari del vero cuore di politiche urbane basate sulla trasformazione dello spazio fisico: renderlo dichiaratamente ostile a quei comportamenti, che smetteranno via via di essere così spontanei. L'auto non va dove non può andare, e infatti ne troviamo pochissime arrampicate sugli alberi, o dentro gli androni della maggior parte dei condomini (salvo quelli con un passaggio sufficientemente largo ovviamente). In fondo ci vuole pochissimo, perché a differenza del senso civico o dei concorsi a vigile urbano, cordoli, dislivelli, terrapieni, piloncini e più massicci dissuasori, sono tutti economicamente disponibili sul mercato. Ci manca soltanto un architetto di competenza media per il progetto di arredo, e soprattutto la disponibilità a calcolare e valutare i consensi perduti tra l'elettorato con la patente. Credeteci: sono pochissimi in realtà, anche i più imbruttiti poi si abituano subito, sono più comodi!

La Città Conquistatrice – Automobili 
 

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