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Venerdì, 19 Aprile 2024
Trentenni

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A cura di Maria Carola Catalano

Una vita da... volontaria

"Quella tra me e il Madagascar sembra essere una storia destinata a non finire mai. Il Madagascar mi forma e mi trasforma a suo piacimento: quasi quattro anni fa mi ha svelato il cammino da intraprendere, oggi mi mette alla prova come professionista e come donna".

A parlare è Cristina, educatrice interculturale, nata nella provincia palermitana nel 1983 ma oggi cittadina di quella parte di mondo dove la vita é più dura.

Oggi sta affrontando una sfida ardua e avvincente: fare formazione ad altri educatori per mettere in rete una ventina di centri che si occupano di infanzia e attuare una ricerca sul campo in grado di creare un data base sui minori in difficoltà nella città di Fianarantsoa. Questi i numeri del progetto: "48 giorni di formazione, 140 persone formate, circa 160 le persone coinvolte direttamente, più di 2000 quelle coinvolte indirettamente, ancora sconosciuto il numero di coloro che ne beneficeranno, 5 i mesi che mi separano dalla fine di tutto questo, inestimabile il bagaglio che mi porterò dentro".

Ma come é arrivata sin qui? Tutto é iniziato con il servizio civile internazionale. "Ho deciso di farlo per realizzare il sogno di una vita: andare in Africa, ma non da turista, io volevo vivere l’Africa, quella vera. Poi sono arrivata in Madagascar è ho scoperto che qui di Africa c’è ben poco. Una cultura, una lingua, una tradizione, dei colori e dei sapori che poco hanno a che fare con quelli dell’immaginario comune ma che rendono il Madagascar unico nel suo genere e meraviglioso e me ne sono innamorata. Ovviamente quando sono partita speravo fortemente che questa potesse essere la mia strada, ma nulla è scontato. E' stata una scuola importantissima. Mi ha testato, facendomi scoprire fin dove posso spingermi e dandomi la possibilità di andare ancora oltre. Mi ha aperto la strada su questo mondo e fatto fare incontri che poi si sono rivelati cruciali, come quello con Educatori senza frontiere", racconta.

 Il servizio civile nella patria dei lemuri che ospita anche i baobab più grandi del pianeta é stata anche "un'esperienza dura non fatta certo solo di mani che si stringono e grandi occhi che si incrociano ma anche di frustrazione e senso di impotenza". Una scuola che chi vuole vuole intraprendere questa strada nella vita deve fare per diventare più forte e consapevole. "Mi é servita per affrontare con occhio critico due mesi in Brasile, rendere più larghe le mie spalle per il complicato Honduras, essere in grado di svolgere il ruolo di responsabile in Rwanda e infine tornare maturata e cresciuta in questo Madagascar che ormai chiamo casa".

Ma perché si sceglie di vivere una vita da volontario lontani dagli affetti più cari? "Per passione: passione per gli incontri, per le storie, per la vita. Non amo dire, come molti, che lo faccio per aiutare il prossimo, mi sembra veramente scontato, qualunquista e riduttivo. Chi fa quello che faccio io ovviamente è spinto da una propensione verso l’altro, altrimenti non potrebbe farlo però sa pure che ciò che riceve è incommensurabile su tutti i piani dell’esistenza". 

 Il testo che segue, secondo Cristina, riassume benissimo il senso dei questa scelta. "Ogni volta che lo leggo mi viene quasi un brivido", dice. Eccolo:

Ti ho salvato, cervello, dalla sterilità di luoghi comuni, da un invecchiamento precoce fatto di carestie di stimoli e adattamenti popolari; ti ho risparmiato, cervello, la digestione tortuosa di stupidaggini mascherate da verità;  ti ho voluto nutrire, cervello, di altre culture, d'altri alfabeti, di altre sfide e sacrifici, affinché tu possa confrontare pregi e carenze, affinché tu possa distinguere aggettivi e stereotipi, affinché tu possa cibarti d'avventure e mondi altrui, affinché tu possa avere anche la possibilità d'un ritorno, semmai tu lo decida, ma solo dopo averci provato.
Ti ho riempito, cuore, della nostalgia del distacco, degli amici che t'hanno abbracciato e rinforzato, dei panorami che t'hanno visto crescere e che ancora oggi fanno risuonare il tuo battito, alla vista, al respiro, al ricordo.
T'ho fatto male, cuore, quando son fuggito con la rabbia del rigetto, quando son partito con la paura dell'ignoto, quando ho chiuso gli occhi ubriaco di speranze; ma t'ho fatto bene, cuore, quando ti sei innamorato d'altri paesaggi altrove, d'altri modi di fare, pensare, essere.
E t'avrò pure illuso, cuore, cantandoti d'Eldorado inesistenti, di paradisi dove tutto era oro e civiltà, e invece no, son compromessi, guarda un po', ma son compromessi, cuore, che t'hanno ridato il sorriso.
Ti ho portato altrove, corpo, perché tu possa calpestare altre strade, inciampare per un passo maldestro, cadere, salire e correre, ma soprattutto sudare e avere la consapevolezza che per quel sudore siano maggiori le probabilità d'asciugarlo e sentirsi soddisfatti;
t'ho fatto respirare fuori, corpo, perché tu possa riempirti i polmoni di un'aria diversa, perché tu possa provare pietanze dagli aromi sconosciuti, baciare labbra straniere, ascoltare accenti inattesi, e perderti, tra scoperte silenziose ed immancabili sconfitte, per poi ritrovarti, più forte e deciso".

Avete i brividi anche voi? Io sì.

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