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Giovedì, 25 Aprile 2024
AAA... acquisti

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A cura di Massimiliano Dona

Il mese nero dei concorsi a premio: c'è ancora chi raccoglie le prove d'acquisto delle acque minerali o i punti per un volo in omaggio?

C’è una parola nell’universo della comunicazione di consumo che da sempre assume un significato particolare: mi riferisco al termine “premio”. Alzi la mano chi non ha mai trovato nella buca delle lettere una busta con la scritta “apra subito Lei ha vinto un premio!” 

Per non dire di tutte quelle volte che si cerca di stimolare la partecipazione del consumatore promettendogli un qualunque tipo di ricompensa: dalla classica raccolta punti a veri e propri concorsi. Eppure “premio” è un simbolo nel vocabolario delle parole ambigue che si allontana (e di molto) dal concetto di ricompensa: pensiamo al “premio assicurativo” che, come tutti noi sappiamo, non rappresenta qualcosa che riceviamo in dono ma, al contrario, il prezzo che l’utente è chiamato a pagare per l’attivazione della polizza (proprio alle “parole di consumo” dedico il mio intervento nell’attuale edizione del Festival della Crescita di Francesco Morace che ha da poco fatto tappa a Roma).

Perché dico che nel catalogo delle parole ingannevoli del marketing “premio” occupa un luogo particolare? Vengo all’attualità: proprio in questi giorni, in tre diversi settori merceologici, i consumatori hanno contestato come ingannevole la promessa di un premio. Agli sportelli dell’Unione Nazionale Consumatori sono giunti arrivano dapprima i reclami di quanti avevano acquistato l’uovo di Pasqua Pernigotti confidando nella sorpresa (un buono spesa su Amazon) che accompagnava il prodotto, poi una storia analoga riguarda il settore delle acque minerali (dove Ferrarelle annuncia un concorso con le prove d’acquisto senza avvertire i consumatori della necessità di conservare gli scontrini). 

Ma ben più grave mi sembra (anche perché in questo caso l’azienda non è nuova a simili contestazioni) quanto accaduto nell’ambito di uno dei più noti programmi di fedeltà lanciati abitualmente dalle compagnie aeree. Mi riferisco al ben noto programma Millemiglia dell’operatore Alitalia, dove sono fioccate le lamentele degli utenti per la difficoltà di consumare i punti accumulati e quindi di prenotare il volo omaggio. Di qui le proteste degli utenti che non riescono ad acquistare on-line ai link dedicati e tantomeno a prendere contatto con il call center peraltro a pagamento con il risultato che in molti devono dire addio al premio che pensavano di aver conquistato.

Conclusioni? Certe aziende (ma forse anche alcune agenzie di pubblicità che propongono questi bassi livelli di engagement) dovrebbero cominciare a riflettere se “premio” sia ancora una parola che ha un senso spendere verso i consumatori. E quando anche lo fosse credo debba essere una parola alla quale ricollegare un risultato e non semplicemente uno specchietto per le allodole.

Detto questo, se avete casi da segnalare non mancate di comunicarli agli sportelli dell’Unione Nazionale Consumatori.

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