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Venerdì, 29 Marzo 2024
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Agenti penitenziari corrotti: così esaudivano i "desideri" dei mafiosi

In carcere alcolici, cellulari e droga per i detenuti. Sono cinque gli indagati. Per un ex comandante della polizia penitenziaria l'accusa è di concorso esterno in associazione mafiosa

CATANIA - Un assistente capo della polizia penitenziaria in servizio al carcere catanese di Bicocca è stato arrestato con l’accusa di corruzione continuata e detenzione a fine di spaccio di sostanza stupefacente (marijuana e cocaina). Mario Musumeci è ora ai domiciliari.

I fatti che la Procura gli contesta sono stati commessi dall’anno 2009 fino al febbraio 2013. Le indagini, coordinate dalla Dda di Catania, sono state avviate dopo l’arresto in flagranza nel novembre 2012, dell’assistente capo Antonino Raineri in servizio nel carcere di Catania Piazza Lanza. Raineri fu trovato con un pacco contenente cocaina, marijuana, “pizzini”, profumi ed altri oggetti che doveva consegnare ai detenuti dietro il corrispettivo di denaro e condannato con sentenza non ancora definitiva.

L’attività investigativa (con la testimonianza di diversi collaboratori di giustizia) ha consentito di documentare l’esistenza di un sistema di corruzione che ha visto coinvolti in modo sistematico alcuni poliziotti penitenziari che hanno favorito numerosi affiliati ad organizzazioni mafiose di Catania e della provincia durante i periodi di detenzione. Secondo le accuse, in carcere gli agenti portavano ai detenuti materiali "vietati", quali alimenti non consentiti, sostanze alcoliche, profumi, telefoni cellulari, supporti informatici mp3 e, addirittura, sostanza stupefacente di tipo cocaina e marjuana. 

Sempre secondo l'accusa, gli agenti corrotti garantivano ai carcerati a capo dei sodalizi mafiosi la possibilità di incontrarsi tra loro riservatamente, di avere colloqui telefonici con i propri familiari anche oltre il numero massimo consentito, di essere tempestivamente avvisati in occasione dell’imminente esecuzione di misure cautelari, di ricevere e veicolare messaggi e comunicazioni ai parenti. In particolare, Giuliano Gerardo Cardamone, comandante della Polizia Penitenziaria della Casa Circondariale di Bicocca era ‘impiegato’ dalla famiglia mafiosa Laudani da cui veniva mensilmente retribuito con somme di denaro.

In altri casi, per Mario Musumeci, Antonino Raineri, Giuseppe Seminara (sospeso dal servizio perché implicato in ‘Fiori bianchi’) e Vito Limonelli, si è accertato che il pagamento avveniva in relazione alla singola prestazione illecita fornita dal pubblico ufficiale infedele con somme variabili dai 200 ai 300 euro per ogni pacco. Nell’ambito della stessa indagine sono stati denunciati, a titolo di concorso nel reato di corruzione, numerosi detenuti. (da CataniaToday)

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