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Giovedì, 28 Marzo 2024
CRONACA / Caserta

I Casalesi imponevano i cantanti neomelodici alle feste e in tv

Nel casertano eseguite 12 ordinanze cautelari per questa ed altre attività di estorsione verso commercianti e ristoratori

CASERTA - Imponevano a ristoratori, organizzatori di comitati per feste patronali o di piazza e titolari di emittenti televisive locali l'ingaggio di cantanti neomelodici per prestazioni canore il cui compenso veniva solo in parte devoluto all'artista, dal momento che l'incasso era destinato in larga parte alle casse del clan o ai singoli affiliati.

E' emerso anche questo nel corso delle indagini che, all'alba, hanno portato all'esecuzione di 12 ordinanze di custodia cautelare, 10 in carcere e due ai domiciliari, nei confronti di altrettanti esponenti del clan dei Casalesi-fazione Schiavone: accusati anche di riscuotere il 'pizzo' e di imporre ai commercianti l'acquisto di gadget (penne, taccuini) a prezzi superiori a quelli di mercato. L'operazione, eseguita dai carabinieri del Nucleo investigativo di Caserta, è stata coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Napoli. I reati contestati agli indagati sono, a vario titolo, associazione di tipo mafioso, estorsioni, porto e detenzione illegale di armi da fuoco e cessione di sostanze stupefacenti, tutti aggravati dalla finalità mafiosa.

Ma è l'attività 'artistica' del clan a fare più impressione. Numerosi i neomelodici 'imposti' nelle feste o in tv: oltre alla compagna dell'arrestato Gaetano De Biase, Rita Ferrara in arte Ida D'Amore, ci sono Franco D'Amore, cugino di Rita, Nico Desideri, Ciro Riggione, Nico D'Ambrosio, Tony Calice, Mauro Landi, Flavio Marino e Giovanna Romano. I provvedimenti restrittivi costituiscono il risultato di un'articolata indagine, avviata nel gennaio 2009, allo scopo di contrastare le agguerrite compagini che facevano capo, all'epoca, a Nicola Schiavone primogenito di Francesco detto 'Sandokan' attive ad Aversa e in altri comuni del Casertano. I primi risultati investigativi avevano già consentito all'emissione di un decreto di fermo, eseguito il 7 giugno 2010, nei confronti di dieci appartenenti ai Casalesi. Le misure cautelari furono emesse dalla Dda partenopea sia per il pericolo di fuga degli indagati che per la necessità di interrompere l'attività estorsiva nei confronti dei commercianti della zona oltre che per catturare l'ala militare del gruppo che aveva tentato di uccidere due affiliati per dissidi interni al clan.

Le indagini hanno anche evidenziato il ruolo di primo piano rivestito da Silvana Limaldi, vedova di Ettore Falcone, boss di Aversa ucciso a Parete nel 1990 e madre di Pietro. La donna, nella cui disponibilità erano state rinvenute e sequestrate munizioni e una pistola marca S&W calibro 9x21 con matricola abrasa, oltre a detenere le armi del clan, offriva agli affiliati supporto logistico consentendo l'utilizzazione della propria abitazione per riunioni, alle quali presenziava e partecipava attivamente anche nel ruolo decisionale. Nel corso delle indagini sono anche emerse responsabilità circa la cessione di cocaina da parte di Roberto Mallardo, Giuseppe Esposito e Carmen Marino che avrebbero acquistato la droga per poi cederla a Salvatore Laiso o per consumarla con lui. Questa vicenda - scrive il procuratore aggiunto di Napoli, Federico Cafiero de Raho - ha evidenziato la facilità di reperimento degli stupefacenti da parte degli indagati potendo contare su persone totalmente assoggettate nel soddisfare ogni sorta di loro volere.

IMPONEVANO ANCHE L'ACQUISTO DI GADGET - Nel corso delle indagini, che hanno trovato riscontro nelle dichiarazioni di numerosi collaboratori di giustizia, è stato anche accertato che molti dei destinatari dei provvedimenti cautelari, capeggiati da Gaetano De Biase e Pietro Falcone, non si limitavano a imporre le tangenti con il metodo 'classico', ma costringevano anche i titolari di attività commerciali ad acquistare gadget pubblicitari come calendari, agende, penne e accendini a un prezzo superiore a quello di mercato. Il rincaro, rispetto all'ordinaria fornitura, era di circa il 150% consentendo al clan, nel solo periodo natalizio, di far rimpinguare le casse dell'organizzazione criminale dai 150mila ai 200mila euro.

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