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Giovedì, 28 Marzo 2024
CRONACA

Le mani della mafia sul porto di Trapani: sequestrate sei società

Appalti per l'America's Cup agli amici del boss: sequestrati beni per oltre 30 milioni a due imprenditori ritenuti vicini al numero uno di Cosa Nostra Matteo Messina Denaro

TRAPANI - La mafia aveva messo le mani sulla ristrutturazione del porto di Trapani. Ecco perché gli investigatori di polizia e guardia di finanza hanno sequestrato sei società degli imprenditori trapanesi Francesco e Vincenzo Morici, padre e figlio di 79 e 50 anni, ritenuti legati al boss latitante Matteo Messina Denaro.

Il valore dei beni sequestrati ammonta complessivamente a oltre trenta milioni di euro. Tra gli appalti pubblici pilotati sarebbero finiti anche i lavori di ristrutturazione effettuati al porto di Trapani in occasione dell'organizzazione della preregata dell'America's Cup del 2005.

Secondo gli inquirenti, gli accusati hanno operato utilizzando un reticolo di imprese, le più importanti costituite a Roma, finalizzate al controllo occulto dei più importanti appalti pubblici aggiudicati a Trapani, lavori effettuati con metodologie e materiali non conformi, tali da alterare la stabilità delle opere nel tempo.

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L'operazione, denominata "Corrupti Mores", è stata eseguita dagli agenti della Divisione anticrimine della questura di Trapani e dai finanzieri del nucleo di polizia tributaria di Trapani, Roma, Milano, Gorizia e Pordenone con la collaborazione dei reparti territoriali delle fiamme gialle e della divisione anticrimine della questura di Roma, e scaturisce da un provvedimento emesso dalla sezione misure di prevenzione del tribunale di Trapani.

Il sequestro ha colpito 142 beni immobili, 37 beni mobili registrati, 36 conti correnti e rapporti bancari, 9 partecipazioni societarie e 6 società, sequestrate e sottoposte ad amministrazione giudiziaria, tra cui il cantiere sull'area portuale di Trapani.

Secondo i magistrati, il gruppo cui avrebbero fatto parte i Morici, dal 2001 e per circa un decennio, avrebbe gestito l'aggiudicazione di importanti appalti pubblici a Trapani, l'esecuzione delle opere e le relative forniture. Indizi, questi, emersi nel corso del processo per concorso esterno in associazione mafiosa nei confronti del senatore del Pdl Antonio D'Alì, in corso davanti al gup di Palermo.

Il gruppo dei Morici, secondo gli inquirenti, si sarebbe messo d'accordo con le cosche per aggiudicarsi la gara di ristrutturazione del porto di Trapani, tra il 2001 e il 2005, in vista della preregata della Coppa America. Un fatto confermato dalle intercettazioni ambientali, dalle quali emergerebbe l'intesa tra il boss Francesco Pace, esponenti politici e altre imprese partecipanti, per favorire i Morici nell'aggiudicazione dell'appalto, e nell'impiego di materiali non conformi, tali da alterare la stabilità dell'opera nel tempo.

Il gruppo mafioso avrebbe gestito dunque, tramite gli imprenditori contigui, i meccanismi di controllo sull'aggiudicazione dei lavori pubblici e sulla esecuzione del lavori, prevedendo che l'impresa aggiudicataria versasse una percentuale ai funzionari pubblici corrotti ed alla famiglia.

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